Morire in un giorno d’estate, mentre credi che i problemi veri siano altrove - a casa, al lavoro, nelle cronache dei telegiornali -. Scontrarti con un destino fino a un attimo prima imperscrutabile, mentre tutto intorno a te parla di vita, di natura bellissima, di vacanze spensierate. È questa la sorte che è toccata a 10 persone esattamente un mese fa, il 20 agosto, nelle gole del Raganello, nel cuore del parco del Pollino. Un’ondata di piena improvvisa, le cui cause sono ancora al vaglio degli inquirenti, trasformò questo meraviglioso canyon, che si dipana per 17 chilometri attraversando il territorio di 3 Comuni, in un inferno di acqua, fango e detriti. Decine e decine di escursionisti, che come ogni giorno d’estate visitavano questi luoghi, furono travolti e spazzati via. In dieci persero la vita, altri 23 vennero tratti in salvo, di cui 11 ricoverati in ospedale per le ferite riportate, in alcuni casi molto gravi.

 

Sette indagati

Una tragedia immane la cui eco è rimbalzata sui giornali di tutto il mondo e che ha duramente segnato la Calabria. Da allora il procuratore di Castrovillari, Eugenio Facciola, titolare dell’inchiesta, indaga con una squadra di esperti per determinare cause e responsabilità. Sette finora gli indagati per omicidio colposo e omissione d’atti d’ufficio, tra cui il presidente del Parco del Pollino e i sindaci di tre comuni, Civita il bellissimo borgo dove si è consumata la sciagura, e quelli più a monte di San Lorenzo Bellizzi e Cerchiara di Calabria.

 

Lo speciale targato LaC Tv

Noi siamo tornati in quei posti nei giorni immediatamente successivi alla tragedia, per realizzare uno speciale che potesse restituire la dimensione di quanto accaduto e raccontare le storie drammatiche di vittime, superstiti e soccorritori, che in quel giorno d’estate si intrecciarono sotto il Ponte del diavolo, lo stretto viadotto di montagna che sovrasta il punto del torrente in cui fu ritrovato il maggior numero di corpi. Un docufilm che andrà in onda stasera, alle 21, sul canale 19 del digitale terrestre e in streaming sul web.

 

Una Calabria a due facce

Un lavoro complesso, frutto dell’impegno professionale di decine di persone, dedicato soprattutto a chi nelle Gole del Raganello ha perso la vita, ma realizzato anche con l’intento di testimoniare il coraggio, l’efficienza e la tempestività dei soccorritori, che riuscirono a trarre in salvo molti escursionisti. Una Calabria che ancora una volta ha mostrato due facce apparentemente in antitesi, quella raffazzonata e approssimativa di una terra che ha consentito l’ennesimo spreco di vite umane in una tragedia che molto probabilmente poteva essere evitata, e quella degli uomini e delle donne che hanno compiuto l’impresa.
Sono loro, gli operatori delle forze dell’ordine, dei vigili del fuoco, i volontari della protezione civile, del soccorso alpino, il personale medico, che hanno restituito all’Italia e al mondo l’immagine di una Calabria diversa, che esiste, che ha le potenzialità e le competenze per affermarsi. Sono ancora una volta loro, che fanno parte della gente comune, quella che si rimbocca le maniche, che restituiscono l’immagine di una regione che funziona. Ma funziona dopo, quando il danno è fatto. Prima, quando a proteggere e a regolamentare dovrebbero essere gli Enti calabresi e nazionali, quando il territorio e chi ci vive dovrebbero essere salvaguardati da politici e burocrati, emerge il vero peccato originale di questa regione.

 

Se la tragedia del Raganello potesse essere evitata lo deciderà la magistratura, ma ciò che già sappiamo è che in quelle gole la gente ci andava anche in costume e infradito, senza essere allertata sui pericoli e sulle precauzioni da adottare. E se anche nessuno dovesse essere ritenuto responsabile di quanto accaduto, resta la certezza che ancora non ci meritiamo il giardino dell’Eden che ci è stato affidato, perché continuiamo a ingozzarci di mele buttando i torsoli ovunque.

 

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