«Mamma, guarda che bello, sembra un paese da favola». Ma nelle favole a volte arriva il mostro: l’onda implacabile, violenta, senza scampo, capace di trascinarti fino al mare come una bambola di pezza.
Dieci vite sono state spazzate via così, nelle Gole del Raganello, nel cuore del parco del Pollino, in Calabria. Altre dieci vite perse in questa estate maledetta che aveva già spremuto lacrime e sangue a Genova.


Anche questa volta c’era un ponte a fare da muto testimone alla tragedia, un viadotto di montagna molto più piccolo e con un nome inequivocabile: Ponte del Diavolo. Sotto la sua volta di pietra, l’inferno è venuto giù ruggendo con tutta la rabbia di un’ondata di piena che si era gonfiata in alto, sulle cime, dove la pioggia incessante aveva inzuppato la montagna. Le pareti a strapiombo del torrente, strette come un budello, hanno moltiplicato in maniera esponenziale la pressione dell’acqua, come quando si stringe con le dita l’estremità di un tubo per innaffiare.

 


Prima lo spostamento d’aria, poi il rombo assordante, infine il fiumiciattolo è esploso e quel rigagnolo d’acqua è diventato una cascata in orizzontale che ha azzannato tutti coloro che erano sulla sua strada. Chi era sulla sua traiettoria non ha avuto alcuna possibilità di opporsi alla forza della piena. Sbattuti sulle rocce e sovrastati dal fango, sono morti in una giornata di vacanze estive, in uno dei posti più suggestivi di una regione che ancora una volta è costretta a rinsavire col senno di poi, obbligata a subire le parole di circostanza di chi doveva fare il suo dovere e adesso cerca di dare la colpa all’imprevedibilità, al destino. Falso. La sorte non c’entra nulla. Tutto era prevedibile, tutto era evitabile.

 

Ma quei canyon meravigliosi, che oggi subiscono l’onta di una colpa che non hanno, non sono una pista ciclabile, né un luna-park. È natura, selvaggia e anche pericolosa se le condizioni sono sfavorevoli. E lo erano. L’allerta meteo della Protezione civile rimbalzava sulla rete e sui telefonini da 24 ore, ma nessuno ha fermato gli escursionisti, alcuni attrezzati soltanto con costume e ciabatte, a dimostrare l’assurda inconsapevolezza di quella che non poteva essere considerata come una semplice passeggiata. Eppure l'accesso in quelle gole strette e magiche non è regolamentato: non si sa chi ci va e come. Ora, probabilmente, si cambierà registro. Ma è troppo tardi per quei 10 morti, per le loro famiglie, per i loro amici che li vedranno tornare dalle vacanze chiusi in una bara.


Enrico De Girolamo

 

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