L'operazione condotta dalla Dda di Reggio Calabria segna un punto di non ritorno per la legislatura regionale e impone ai vertici nazionali la rifondazione del partito calabrese, già annunciata da Nicola Zingaretti. A questo punto tornano in discussione tutte le scelte in vista delle elezioni regionali e delle comunali a Reggio
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L’operazione “Libro nero” potrebbe rappresentare la spallata definitiva alla legislatura regionale e segnare il punto di non ritorno per il Pd e il centrosinistra calabrese.
La misura degli arresti domiciliari disposta nei confronti del capogruppo democrat a palazzo Campanella Sebi Romeo, che a breve passerà al vaglio del Tdl, può considerarsi devastante. Romeo è l’uomo più fidato del governatore Mario Oliverio, colui che ha tenuto le fila delle sedute del Consiglio regionale e che ha orchestrato gli accordi con il centrodestra da quando la maggioranza è rimasta senza numero legale.
Dopo il coinvolgimento dello stesso governatore in diverse inchieste giudiziaria, per una delle quali Oliverio è rimasto per lunghi mesi con l’obbligo di dimora a San Giovanni in Fiore, la macchia per questa amministrazione appare indelebile.
Ma il Pd è colpito al cuore anche dal coinvolgimento nell’inchiesta di Demetrio Naccari Carlizzi, ex assessore al Bilancio e ai Trasporti delle giunte Loiero, e cognato del sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà. E già noto alle cronache giudiziarie per la vicenda relativa al concorso pilotato per far vincere il posto di primario alla moglie Valeria Falcomatà.
Abbastanza per far capire in maniera definitiva che il Pd in Calabria non può proseguire oltre su questa linea. Lo ha detto chiaramente il segretario nazionale Nicola Zingaretti che ha nuovamente chiesto immediato rinnovamento della classe dirigente. Concetto ribadito anche dal commissario regionale Stefano Graziano e portato alle estreme conseguenze dal senatore Ernesto Magorno che si è autosospeso dal partito proprio per chiedere un cambio radicale di linea.
A questo punto, dunque, la strada che portava alla ricandidatura di Mario Oliverio, già in salita, diventa praticamente impercorribile. La richiesta di un passo indietro al presidente della giunta è ormai inevitabile, anche a rischio di spaccare il partito.
Oliverio, infatti, non mollerà la presa. Lo si è capito anche dal tenore delle dichiarazioni a caldo dopo l’arresto di Romeo. Un tentativo di alleggerire la posizione del suo consigliori che la dice lunga sulle idee del presidente che vuole provare a tirare la legislatura fino al massimo possibile per provare a rinsaldare il proprio esercito. Magari per riuscire a candidarsi ugualmente a capo di una coalizione civica, fuori dal Pd.
Anche a Reggio Calabria, infine, sarà esaminata con attenzione la delicata situazione venutasi a creare. Il sindaco Falcomatà e la sua giunta sono sotto processo per la vicenda Miramare che ha già prodotto la condanna in abbreviato dell’ex assessore Angela Marcianò. Con l’arresto di Sebi Romeo il sindaco perde uno dei suoi principali alleati dell’ultimo periodo, punto di riferimento nei momenti di contrasto con l’ala degli ex renziani Battaglia, Irto, Marino e compagnia cantante. Né giova all’immagine del sindaco e della sua famiglia il nuovo guaio in cui è incappato l’ingombrante cognato.
L’anno zero per la politica calabrese, insomma, può considerarsi avviato e le responsabilità per chi adesso dovrà guidare il processo di rinnovamento sono altissime. Buttare l’acqua sporca con il bambino non avrebbe senso, ma è impossibile fare finta di nulla. Serve una classe dirigente nuova al Pd in Calabria e servono scelte dirompenti per rompere i legami con il passato e riuscire, o almeno provarci, a costruire una politica nuova.
Riccardo Tripepi
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