È tra i più lunghi ed importanti canyon d’Europa, è sicuramente il più lungo d’Italia, più imponente delle stesse spelonche dolomitiche. Sono le Gole del Raganello e del Barile, tra i comuni d San Lorenzo Bellizzi e Civita, al confine tra la provincia di Cosenza e quella di Potenza. Rifugio, un tempo, di briganti, di muse e di miti. Un posto paradisiaco, nel cuore del parco del Pollino. Un luogo fiabesco, simile per descrizione ai paesaggi raccontati da Giulio Verne nel suo “Viaggio al centro della Terra”.

Belli, anzi bellissimi, i luoghi – quello sì – ma anche pericolosi, pieni di insidie ed imprevedibili. A raccontarceli è Lorenzo Cara, guida esperta, escursionista e torrentista, presidente del Club Trekking Rossano Sila-Greca; uno che le Gole del Raganello e del Barile le conosce palmo per palmo. Nel lontano 1984 è stato tra i primi a scendere e scoprire quello che di bello e affascinante si cela laggiù in quei solchi tra le montagne stretta tra la Calabria e la Lucania, che scendono sotto terra anche per 400 metri. Ed è anche grazie a lui che le Gole del Raganello hanno ottenuto la notorietà turistica ed escursionistica di oggi. Insomma, una persona che conosce a menadito quei posti ma di cui allo stesso tempo ha timore e che rispetta.

 

«Una piena in quelle gole è simile a una fucilata»

«Una piena del torrente in quelle gole – racconta Lorenzo Cara – è la riproduzione macroscopica di una fucilata. In quei pertugi, quando l’acqua scorre forte, arriva di tutto, dalle pietre, anzi massi, ai rami, e tutto travolge, senza pietà. Proprio come se fosse un colpo di arma da fuoco che non lascia scampo». E sono le stesse immagini terribili che, ieri, si è trovato di fronte, d’un tratto di fronte agli occhi, il gruppo di escursionisti. «Quando vai nelle gole – aggiunge – devi essere sicuro di come poterle affrontare, perché li dentro non hai alcun piano B. Quei canyon torrentizi non sono il greto di un torrente dove, quando senti che sta per arrivare la piena, hai la possibilità di rifugiarti su un argine. Non hai appigli, non hai alcuna isola di salvezza. Ecco perché bisogna essere quanto più prudenti e non lasciare nulla al caso».

 

«Il torrentismo ha regole chiare che vanno rispettate»

Il torrentismo, quella pratica di percorrere i torrenti e le fiumare a piedi, ha regole chiare e precise che si racchiudono tra cielo e terra. Quindi, sulla verifica costante e preventiva delle condizioni meteorologiche e sull’accessibilità e percorribilità dei luoghi. «Probabilmente queste regole – precisa Cara – ieri non sono state rispettate. C’era un’allerta meteo che interessava la parte alta del Parco del Pollino e quei luoghi ieri non dovevano essere accessibili, per nessun motivo. Soprattutto perché si prevedevano scrosci d’acqua a monte. Inoltre, e questo è un aspetto che credo dovrà essere chiarito per risalire alle dinamiche dell’accaduto, i torrenti nel caso specifico delle gole, dovrebbero essere sempre, o quasi, percorse da monte verso valle, seguendo il corso dell’acqua, per percepirne sempre i cosiddetti umori».

 

Nessuno controlla

Ma c’è un altro aspetto che potrebbe rendere complici le istituzioni nella tragedia del Raganello: la totale assenza (almeno di dominio pubblico) di una regolamento per l’utilizzo delle gole. Un “difetto”, questo, che interessa anche il vicino fiume Lao, tempio di canoisti e del rafting, dove ognuno può praticare gli sport estremi senza particolari prescrizioni.
«Nelle gole del Raganello – denuncia Cara – nonostante siano ormai da anni meta di turisti ed escursionisti, spesso anche poco attrezzati, non esiste una sola segnalazione sui sentieri, nessun cartello di avviso né particolari avvertenze sul corretto utilizzo dei luoghi. Si va all’avventura e questo, purtroppo, a solo discapito della sicurezza. Da tempo – aggiunge il presidente del Club Trekking Rossano Sila Greca – segnaliamo questa situazione all’autorità del Parco del Pollino e siamo sicuri che adesso, dopo la tragedia, qualcosa cambierà. Anche perché le Gole del Raganello sono un patrimonio naturalistico fin troppo bello e prezioso per la Calabria e il Meridione per essere archiviate come un luogo maledetto».  

 

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