Nella Striscia sono arrivati 33 camion carichi di viveri ma per l'Onu serve un volume molto maggiore per evitare disordini civili: «I palestinesi sono spaventati e frustrati dopo tre settimane incessanti di bombardamenti»
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All’indomani dei violenti scontri notturni nella striscia a nord di Gaza, crescono le richieste internazionali per la consegna di aiuti umanitari e mentre numerose nuvole di fumo nero salgono dalla Striscia a causa degli incessanti bombardamenti, i civili pagano uno scotto troppo grande per le loro spalle.
Questa mattina, l’Idf attraverso i sui canali ufficiali ha annunciato che le sue forze hanno eliminato dozzine di combattenti di Hamas durante i violenti scontri avvenuti ieri sera nella zona nord della Striscia di Gaza. Questo accadeva mentre, nel sud della Striscia, 33 camion carichi di aiuti umanitari erano entrati attraverso il valico di Rafah. A dirlo sarebbe stato l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (Ocha).
Difatti, se nel nord della Striscia la guerra rischia di allargare ed esacerbare il conflitto, nel sud dopo lunghe attese e giorni di mediazioni internazionali sarebbero arrivati dal valico di Rafah 33 camion, definiti dall'Ufficio delle Nazioni Unite «il più grande convoglio ad entrare nella Striscia dal 21 ottobre».
L'ufficio nel suo report quotidiano sulla guerra tra Israele e Hamas avrebbe evidenziato come «sebbene questo aumento sia positivo, è necessario un volume molto maggiore di aiuti su base regolare per evitare un ulteriore deterioramento della terribile situazione umanitaria, compresi i disordini civili».
Le parole non vengono scritte o dette a caso perché, nel mentre, esplode il caos dettato dalla disperazione e dagli stenti e che ha visto migliaia di persone irrompere nei depositi degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite. Difatti gli abitanti di Gaza, presi dalla disperazione avrebbero fatto irruzione nei magazzini e nei centri umanitari per procurarsi farina e generi di prima necessità. Questo è un segnale che dovrebbe preoccupare e che l'Onu definisce allarmante. A detta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, l’ordine civile starebbe per crollare, il tutto mentre l’ospedale chiave di Gaza ha ricevuto l’ordine di evacuare. Senza dimenticare che, senza luce e carburante molti dei macchinari potrebbero non funzionare.
A mostrare il caos, le riprese e le foto fatte nel campo di Khan Younis, dove migliaia di persone si accalcano e fanno le corse per recuperare più beni possibili all’interno dei magazzini. Generi di prima necessità, trasportati da scatole e grandi sacchi che portano fuori dal magazzino prodotti alimentari come farina di grano e prodotti igienici di base.
L’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi ha affermato che le persone a Gaza sono «spaventate, frustrate e disperate dopo tre settimane di incessanti bombardamenti». Ricordando come l’introduzione d’emergenza di carburante per il funzionamento delle attrezzature mediche, delle strutture idriche e igienico-sanitarie è particolarmente essenziale.
Difatti tutti ricordiamo che Israele ha bloccato tutte le forniture di carburante, dicendo che Hamas le avrebbe sfruttate per produrre armi ed esplosivi. Ed è a tal proposito sorge una domanda essenziale: se negli intricati tunnel di Hamas per armi e sale di comando e controllo la luce non manca, allora perché l’organizzazione terroristica, che vede in difficoltà il proprio popolo, non lo sostiene con quell’immensa “ricchezza” sotterranea? La domanda sembra essere destinata a non avere risposta.
Purtroppo le tensioni e la paura sono aggravate dall’interruzione delle comunicazioni attraverso telefoni o attraverso le linee di comunicazione Internet. A tal proposito il direttore dell’Unrwa di Gaza (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione) Thomas White, avrebbe confermato che le persone si sentono sole, tagliate fuori dalle loro famiglie a Gaza e dal resto del mondo.
Sulla base di tali disordini l’Onu ha affermato che sono urgenti e necessari maggiori aiuti. Tesi queste, supportate da tutto ciò che la guerra si porta dietro, come la fame, le malattie trasmesse dall’acqua e la disidratazione.
White dice: «I bisogni delle comunità sono immensi, anche solo per la sopravvivenza di base, mentre gli aiuti che riceviamo sono scarsi e inconsistenti».
Ma era prevedibile che il massiccio sfollamento di persone dal nord della Striscia di Gaza al sud avrebbe esercitato un’enorme pressione sulle comunità al confine con il valico di Rafah, creando ulteriori difficoltà alla già complicata situazione nel sud della Striscia. Secondo fonti locali, ci sarebbero famiglie che avrebbero accolto più di 40/50 parenti provenienti dal nord.
Il cibo si starebbe esaurendo anche nei mercati di Gaza, che ospita oltre 2 milioni di persone, metà delle quali bambini. La domanda è difatti superiore all’offerta che il luogo può supportare. Così non resta che sperare in un imminente cessate il fuoco, che per ora sembra non voler arrivare.