«Leggere quelle parole è stato peggio di quando mi hanno arrestato perché per me l’aspetto morale prevale su tutto. Non è giusto. C’è una volontà, è fatto apposta. Io rispetto tutto e tutti, possono continuare, fare quello che vogliono». Lo ha dichiarato Mimmo Lucano, il sindaco sospeso di Riace, alla nostra testata poco prima del suo incontro, svoltosi nel tardo pomeriggio a centro sociale-culturale “Nuvola Rossa” di Villa San Giovanni dove si è svolta un’assemblea pubblica in vista della grande mobilitazione del 15 dicembre a Roma.


È emotivamente provato, il primo cittadino del modello di integrazione per i rifugiati, ormai famoso in tutto il mondo, coinvolto nell’inchiesta “Xenia” della Procura di Locri che lo accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e dell’affidamento illecito dei servizi della raccolta differenziata e della pulizia urbana del piccolo comune della Locride. E lo è ancora di più dopo il deposito, e la diffusione anche sugli organi di stampa, delle motivazioni con cui il Riesame di Reggio Calabria, nonostante abbia sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari con quella del divieto di dimora a Riace, ha scritto in più passaggi parole durissime nei suoi confronti. I giudici hanno evidenziato come Lucano «non può gestire la cosa pubblica (...) egli è totalmente incapace di farlo, e quel che ancora più rileva, in nome di principi umanitari ed in nome di diritti costituzionalmente garantiti viola la legge con naturalezza e spregiudicatezza allarmanti».


Il sindaco sospeso però non ci sta e con forza ribadisce non solo la propria estraneità alle accuse contestate, ma non si tira indietro ad affermare che dietro tutto questo non c’è “solo” un’inchiesta giudiziaria, ma qualcosa che va ben oltre l’indagine. «Sono amareggiato e sconcertato per quello che hanno scritto i giudici su di me. Ma sono io la persona che descrivono? - si chiede Lucano. Leggendo quelle parole mi viene il dubbio che io abbia preso in giro me stesso. Appare un quadro sconcertante, c’è una volontà denigratoria». Non è solo questa la domanda che Mimmo “u curdu” si pone. Tra tutte allora il perché dell’affievolimento della misura cautelare nei suoi confronti. «È un paradosso. Se non posso fare il sindaco - chiosa Lucano - allora hanno già fatto il processo. Dicono che sono socialmente pericoloso, aggettivi frutto non di un reato contestato, ma di un’opinione politica».

«Nessun approfittamento»

Sono stati gli stessi giudici del Collegio del Tdl a scrivere, sempre nelle motivazioni, che allo stato dei fatti Lucano non avrebbe tenuto per sé i finanziamenti ottenuti anche se ciò «suscettivo di rigoroso accertamento», ma queste parole lo indignano profondamente: «Cosa si vuole dimostrare? Che tutti quelli che si occupano della gestione della cosa pubblica o della politica - afferma il sindaco sospeso - sono tutti uguali. Nel mio caso la prima ipotesi investigativa era un approfittamento personale. Ma sono rimaste ipotesi, non lo hanno dimostrato anche perché io come patrimonio non ho nulla. Passaggi di soldi non ce ne sono, ho solo un conto alla Posta dove ogni mese mi veniva accreditata l’indennità (da sindaco ndr), la macchina l’ho comprata a rate. Non ho altro. Mia moglie lavora a Siena e si mantiene autonomamente, mio figlio pure, mio padre, che è pensionato mi dà qualche soldo ogni mese. La mia situazione economica è al limite e non possono dimostrare il contrario».

 

«Mai pensato di candidarmi»

Nelle quasi 200 pagine delle motivazioni del Riesame sono state valorizzate poi, delle intercettazioni in cui sottolinea un presunto tornaconto politico-elettorale del primo cittadino riacese che avrebbe celato, dietro il progetto di accoglienza ai migranti, dei fini personali che calpestano qualsiasi proposito etico e morale di cui Lucano ne ha fatto più che una battaglia, un vero stile di vita morale e personale. «Gli stessi giudici dicono che non mi sono arricchito - ha dichiarato - però sempre secondo loro l’ho fatto tramite il potere politico. Ma quale carriera politica avrei fatto? Io ho fatto solo il sindaco e sono stato eletto tre volte consecutivamente. Perché non vanno a Riace a parlare con i cittadini, con i miei familiari, con gli impiegati del comune? Viene stravolta la realtà, io non mi riconosco».

Tra tutte le intercettazioni ne spicca una in cui Lucano, secondo l’ipotesi accusatorie, «progettava la sua candidatura alle politiche come capolista al fine di arginare l’azione giudiziaria nei suoi confronti». Accuse e affermazioni che respinge con forza. «Io non ho mai voluto candidami. Non ho mai preteso nulla e non pretendo adesso nulla. Non voglio candidarmi alle Europee, voglio fare il militante politico in forma libera. Sì, è vero, ero intercettato, parlavo come sempre. A volte ero serio a volte scherzavo, a volte riflettevo. Ma sono cose normali che ognuno di noi fa. Cercano di creare una problematica da legare alla mia immagine». Lucano su questo ormai non più alcun dubbio.

«Continua a credere nel sogno»

Nonostante l’arresto prima, le motivazioni del Riesame oggi, l’impossibilità - almeno per ora - di rientrare nella “sua” Riace, Lucano ribadisce la validità dei suoi ideale e del progetto che ha costruito in questi ultimi anni. «Io continuo a credere in questa onda rossa che deve espandersi sempre di più, non mi rassegno che debba prevalere nella società questa disumanizzazione portata adesso ad essere potere politico, con le sue leggi ingiuste e inique che danneggiano la dignità degli esseri umani e mancano di rispetto ai diritti e che calpestano la nostra Costituzione, nata con il sangue».


«I progetti sono stati realizzati tutti»

Lucano non indietreggia di un solo millimetro. Soprattutto per quanto riguarda la liceità e la veridicità dei progetti di accoglienza realizzati a Riace. Tra tutti spicca quello del frantoio dove il Collegio giudicante ha scritto in merito che «fiumi di denaro risultano spesi a carico dei fondi Sprar e Cas per l’acquisto e ristrutturazione di un frantoio censito come di proprietà dell’associazione “Città Futura” ed alla utilizzazione del quale, ai fini della integrazione degli immigrati, non si è mai proceduto per la insostenibilità di un progetto di questa fatta». Stesso profilo per i laboratori artigianali dove gli immigrati e i rifugiati lavoravano in progetti solidali. Accuse che Lucano non intende farsi addebitare: «Con i 35 euro (quelli destinati a persona dal Ministero ndr) abbiamo fatto accoglienza e integrazione, se non ci fossero stati i laboratori non ci sarebbero potute essere le borse lavoro per tutti le persone dell’Africa che sono venute e hanno mandato soldi a casa, erano circa 700 euro al mese. Noi avevamo gli stessi fondi degli altri paesi, sempre e solo 35 euro. Abbiamo sopperito alle criticità del territorio - chiosa Lucano - con questi progetti. Sono stati fondamentali per l’accoglienza integrata. I 35 euro a persona sono bastati per fare accoglienza e integrazione invece cosa è scattato paradossalmente in Italia?» si chiede critico il sindaco sospeso. «Noi di Riace ora stiamo sopportando un “peso”. Questo progetto, (riferito al modello Riace ndr) è uno dei pochi perché che ha fatto le due fasi, accoglienza e integrazione. Siamo stati penalizzati e tutti oggi sono diventati “professionisti della rendicontazione”. Fanno passare il messaggio che i rifugiati non hanno mai avuto benefici; la differenza Riace l’ha fatta in questo. Quello che è stato eccellenza - sottolinea con forza Lucano - lo hanno scambiato per opportunismo, questo è il mio rammarico».

 

«Voglio una giustizia giusta»

I suoi legali il 7 dicembre scorso hanno fatto ricorso in Cassazione contro la decisione espressa dal Riesame reggino e l’udienza si discuterà a breve. Per quanto riguarda la fase cautelare, la Suprema Corte sarà decisiva. Certo l’inchiesta giudiziaria procederà nel suo corso, ma la decisione degli Ermellini può rimettere tutto in discussione. «Io penso sempre che nessuno sia in malafede - ha concluso questa lunga intervista con la nostra testata - ma chiedo giustizia, chiedo una giustizia giusta e chiedo ai giudici di essere obiettivi. Non voglio altro».

 

LEGGI ANCHE: