Nel giorno in cui il mondo intero piangeva la morte di Papa Francesco, in Israele andava in scena un piccolo, clamoroso cortocircuito diplomatico. Poche ore dopo la diffusione dei messaggi ufficiali di cordoglio da parte delle ambasciate israeliane in tutto il mondo, il ministero degli Esteri ha ordinato la cancellazione immediata di ogni post che ricordasse il Pontefice argentino. Nessuna spiegazione formale è stata fornita, ma la coincidenza con i precedenti attriti tra la Santa Sede e il governo di Tel Aviv è apparsa a molti troppo evidente per essere ignorata.

I tweet erano stati pubblicati con una formula semplice e rispettosa: "Riposa in pace, Papa Francesco. Che la sua memoria sia una benedizione". Messaggi simili, nei giorni precedenti, avevano accompagnato il lutto per altre figure mondiali. Questa volta, però, il comando arrivato da Gerusalemme è stato tassativo: tutto doveva sparire. E agli ambasciatori è stato anche vietato di firmare i libri di condoglianze aperti presso le sedi diplomatiche vaticane.

La decisione ha suscitato una vera rivolta nei gruppi interni di comunicazione tra diplomatici israeliani. Alcuni ambasciatori, riferiscono fonti interne, hanno espresso preoccupazione per l’effetto che il gesto potrebbe avere su milioni di fedeli cattolici nel mondo: «Abbiamo cancellato un semplice e innocente tweet di condoglianze. È chiaro che tutto questo avviene a causa delle critiche di Francesco a Israele per la guerra a Gaza», si legge in uno dei messaggi trapelati.

Lo scorso novembre, infatti, Papa Francesco aveva sollevato forti critiche sulle operazioni israeliane a Gaza, evocando apertamente il rischio di un "genocidio" in corso e criticando la sproporzione della reazione militare. Parole che a Gerusalemme avevano irritato profondamente l’esecutivo guidato da Benjamin Netanyahu. Da allora, i rapporti tra la Santa Sede e Israele erano rimasti freddi, se non apertamente tesi.

In questo contesto, il silenzio ufficiale delle massime cariche politiche israeliane dopo la morte del Papa non è passato inosservato. Nessun messaggio di cordoglio da parte del premier Netanyahu né del ministro degli Esteri Gideon Saar. L'unico ad esporsi, con un tweet autonomo, è stato il presidente dello Stato d’Israele Isaac Herzog, che ha ricordato Papa Francesco come «un uomo di profonda fede e sconfinata compassione».

Tra i più critici verso la gestione della vicenda c’è Raphael Schutz, ex ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, che al Jerusalem Post ha dichiarato senza mezzi termini: "Credo che sia stato un errore. Non si dovrebbe agire in questo modo dopo la morte di una figura come il Papa". Secondo Schutz, sarebbe stato più opportuno rispondere diplomaticamente alle critiche di Francesco al momento opportuno, «ma ora si tratta di una guida spirituale per oltre un miliardo di persone, quasi il 20% dell’umanità. Il silenzio trasmette il messaggio sbagliato».

Non solo. Schutz avverte che un’eventuale assenza di una rappresentanza ufficiale israeliana ai funerali del Papa – previsti per sabato – rischierebbe di amplificare l'isolamento di Israele sulla scena internazionale: «Tutti i principali leader mondiali parteciperanno. Non esserci sarebbe vistoso e dannoso. Alimenterebbe un senso di solitudine già forte a causa della guerra in corso».

Il Ministero degli Esteri, per ora, si è limitato a una laconica spiegazione interna: i messaggi erano stati "pubblicati per errore". Ma dietro quella frase si intravede il disagio di una diplomazia che, in tempi difficili, si trova sempre più a navigare controvento.