«Il territorio valdostano è stato interessato dalla presenza di soggetti operanti nella compagine criminosa di matrice calabrese quantomeno dagli anni '70-'80. Significative in tal senso sono state le deposizioni testimoniali che hanno consentito di avere una panoramica delle infiltrazioni 'ndranghetistiche e della loro evoluzione nel corso dei decenni e di meglio comprendere le risultanze delle captazioni ambientali e telefoniche che abbracciano periodi assai lunghi e differenti, a conferma del radicamento sul territorio da decenni di quella che, secondo l'attuale denominazione, è individuata come la 'locale' di Aosta».

Lo scrivono i giudici della terza sezione penale della Corte di Appello di Torino nel processo-bis per l'inchiesta Geenna sulle infiltrazioni della 'ndrangheta in Valle d'Aosta. I giudici hanno poi ricordato alcuni episodi delittuosi avvenuti in passato, dall'omicidio di Francesco Manti nel 1980 ad Aosta a quello di Giuseppe Mirabelli nel 1990 a Issogne, fino a quello di Gaetano Neri nel 1991 a Pont-Saint-Martin nell'ambito della faida di Taurianova.

«Il territorio valdostano, già da epoca risalente, non è stato immune da contaminazioni della malavita calabrese - si legge nelle motivazioni della sentenza - e, anzi, è divenuto anche luogo di dimora di taluni personaggi di spicco della criminalità organizzata di stampo mafioso vedendo in rilievo, in primo luogo, la famiglia Nirta, la cui presenza in Valle d'Aosta era nota quantomeno dal 1950». Infine, secondo la Corte di Appello di Torino, in Valle d'Aosta agiva una «struttura delocalizzata che, se in passato ha operato anche compiendo attività di natura violenta e minacciosa, ha poi indirizzato il suo campo d'azione nell'infiltrazione e nel condizionamento dell'attività amministrativa».