Reportage dall’infrastruttura (realizzata per il 72%) lunga 38 chilometri e costata 1,4 miliardi. L’opera sarà consegnata nel 2026: i primi 18 chilometri entreranno in esercizio prima di quella data grazie all’impiego di 1400 persone. Per realizzarla uno scavo equivalente a sei piramidi di Cheope. E non sono mancati i problemi
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È il cantiere più grande d’Italia, con i 13,5 milioni di metri cubi di materiale scavato si potrebbero costruire sei piramidi di Cheope, con le 178mila tonnellate di acciaio si potrebbero innalzare ventidue Torri Eiffel, la pavimentazione prevista di oltre un milione di metri quadrati è superiore di nove volte alla superficie dell’intero Quirinale mentre con le barriere istallate si potrebbero coprire 79 Golden Gate Bridge di San Francisco. Si estende per 38 chilometri – di cui 16 tra viadotti, ponti e gallerie – ed attraversa otto comuni: Cassano allo Jonio, Francavilla Marittima, Cerchiara di Calabria, Villapiana, Trebisacce, Albidona, Amendolara e Roseto Capo Spulico. Per quel che riguarda le opere di altissima ingegneria, rientrerà di diritto tra le più importanti infrastrutture d’Italia grazie alla galleria naturale che supera Trebisacce di 3.483 metri o il viadotto “Avena”, alto 73 metri e lungo quasi un chilometro.
Sono questi solo alcuni numeri da record del Terzo Megalotto della statale 106, in fase di realizzazione nell’alta Sibaritide. Fungerà, una volta entrato in esercizio, da anello di congiunzione tra l’autostrada A2 e la dorsale adriatica: sostanzialmente si potrà partire da Milano o Bologna – via Ancona, Pescara e Bari – ed arrivare a Reggio Calabria viaggiando su una quattro corsie.
Ma sarà un’arteria fondamentale anche per la Calabria ionica, da sempre abbandonata a sé stessa dalla cecità dei governi centrali e regionali. E nei primi anni ’30 si collegherà ad un altro segmento di fondamentale importanza, a sud di Sibari e fino a Rossano, ma questa è un’altra storia.
Il network LaC è andato a verificare lo stato di avanzamento dei lavori ad opera di Anas, Webuild e il consorzio Sjrio, attualmente al 72%.
I tempi saranno confermati: la conclusione dei lavori è prevista per agosto 2026 ma sarà necessario un altro anno per l’entrata in esercizio. E questo perché gli impianti tecnologici delle gallerie non erano previsti inizialmente nel contratto firmato dal contraente generale, il consorzio Sjrio, originariamente stralciati dalla delibera Cipe. Per di più, anche il consorzio di bonifica, poi soppresso dalla Regione per centralizzarne uno unico, ha giocato un brutto scherzo, traducibile in un anno e mezzo di ritardo, recuperato per buona parte.
La previsione
«Stiamo lavorando per consegnare anzitempo i primi 18 chilometri del lotto – spiega a LaC News24 Silvio Canalella, responsabile unico del terzo megalotto e della Sibari-Rossano – quella tra Sibari e Trebisacce, che rappresenta all’incirca la metà dell’opera. Contiamo di aprirla al traffico prima della scadenza contrattuale (agosto 2026, ndr). Per l’entrata in esercizio dell’intero lotto dobbiamo considerare il completamento degli impianti delle gallerie che non rientrano nel contratto di affidamento al contraente generale. Stiamo facendo di tutto perché questo avvenga entro la naturale scadenza dei lavori». Ma con un distinguo, perché se le opere civili, quindi i lavori dell’intero megalotto – ovvero il percorso stradale nelle sua interezza – saranno consegnati nel tempo previsto, l’intoppo degli impianti di illuminazione, ventilazione, telecontrollo per la gestione in sicurezza delle gallerie che si estendono per un totale di 11 chilometri, farà slittare l’entrata in esercizio entro agosto 2027.
«Il fallimento del consorzio di bonifica, poi, ci ha messo in grandissima difficoltà – specifica ancora Canalella – perché ha lasciato non risolte lo spostamento delle interferenza di tutta la parte montuosa del tracciato, così abbiamo perso un anno e mezzo di tempo. L’unica soluzione che siamo riusciti a mettere in campo è stata quella di far spostare le interferenze al contraente generale. Ma ci siamo arrivati dopo colloqui di un anno e mezzo. Abbiamo dovuto fronteggiare noi un problema che non era nostro. Tutto questo si è tradotto in un differimento che avevamo previsto per l’apertura anticipata della prima tratta in pianura al 2025, e causato spostamento dei diverse attività di costruzione delle opere sulla parte montuosa. Con grandi sforzi abbiamo recuperato il 70% ma una parte di ritardo c’è e si è consolidata».
Silvio Canalella specifica poi meglio il motivo per cui la tratta entrerà in esercizio entro l’agosto 2027 legata, come accennato, agli impianti delle gallerie, originariamente stralciate dalla delibera Cipe, quindi non previsti. Autorizzati, però, dal Collegio consultivo tecnico, un organo che sovrintende al cantiere, è stato possibile reintrodurre gli impianti «risparmiando 12 milioni di euro». Se Anas non avesse messo in atto questo passaggio, si sarebbe accumulato un altro anno e mezzo di ritardo, perché per l’istallazione di quegli impianti sarebbe stato necessario bandire un’altra gara – con tutti gli annessi tempi tecnici – successiva al collaudo dell’intera opera. Con questa mossa, gli “extra” «man mano che le gallerie saranno completate il contraente generale potrà avviare l’esecuzione degli impianti, che saranno conclusi nei 13 km di gallerie entro un anno: ecco perché arriviamo alla data dell’agosto 2027, quando l’intera opera sarà pienamente fruibile».
«Il severo controllo all’origine dei materiali»
Il terzo megalotto vanta una particolarità nascosta. «Tutto quello che era possibile prefabbricare è stato prefabbricato e questo ci ha consentito – spiega Biagio Marra, direttore dei lavori – una modalità costruttiva veloce, ma soprattutto un controllo all’origine dei materiali che avviene negli stabilimenti, perché ogni pezzo di questa sorta di “lego” con cui costruiamo le gallerie artificiali, il rivestimento delle gallerie naturali, gli archi rovesci, hanno tutti una marchiatura “Ce” di controllo, produzione e alta realizzazione per come sono stati progettati».
Il severo protocollo di legalità
Oltre 1,3 miliardi di euro per la realizzazione del terzo megalotto, per quello che è – ad oggi – il cantiere più imponente del Paese. Una cifra che fa ed ha fatto gola alla criminalità organizzata, che qualche “segnale” lo ha inviato, puntualmente arginato da un severo protocollo di legalità.
«Il protocollo di legalità – sottolinea Canalella – è il fiore all’occhiello di questo cantiere, perché per la prima volta vede un coinvolgimento quotidiano di tutte le figure impegnate nella gestione del protocollo, cioè il gruppo interforze, la prefettura, il contraente generale e l’Anas. Qui non sfugge niente, perché tutta la filiera di persone, imprese, mezzi sono censite e riportate in un elenco, una banca dati nazionale che si chiama Ceant che settimanalmente viene aggiornata con gli ingressi di tutte le persone e i mezzi in cantiere. La prefettura, così, in qualsiasi istante può avere piena contezza di chi c’è in cantiere. Fino ad ora, i tentativi di infiltrazione della criminalità, che ci sono stati, sono tutti miseramente falliti. L’unico tentativo è stato fatto verso quell’unica parte non soggetta al protocollo, cioè la filiera delle interferenze. In un cantiere della Snam c’è stato un tentativo di infiltrazione e seguito dall’inchiesta della magistratura. Per ovviare a questo inconveniente siamo andati in prefettura ed abbiamo concordato di estendere il protocollo di legalità anche agli enti interferiti».
Prezzi calmierati: la lungimiranza delle imprese dello Stato
Sin dalla redazione del progetto e poi dall’apertura dei cantieri, avvenuta nel 2020 alla presenza dell’allora presidente della Regione, Iole Santelli, e del ministro Paola De Micheli, uno dei segreti del terzo megalotto è stato quello di non essere scalfito dalla bolla speculativa legata all’aumento dei prezzi delle materie prime.
«Abbiamo avuto la lungimiranza di andare a verificare in stabilimento – sottolinea Marra – in piena pandemia, tutte le lamiere che erano state approvvigionate prima del 2020. Avendo bloccato e pagato le lamiere prima del 2020 abbiamo garantito che questo materiale non subisse alterazioni alla norma subentrata 2021. Le 50mila tonnellate di acciaio non sono state soggette ad aumento dei prezzi. L’aumento, subentrato nel 2021 ha riguardato alcune quote parte». Stessa regola anche per molti manufatti prefabbricati.
Le ricadute occupazioni del cantiere: 1400 dipendenti, quasi tutti calabresi. E saranno 5000
In questi mesi, all’apice dei lavori, nel cantiere “brulicano” circa 1400 persone tra manodopera, indotto e cantieri satelliti. Si lavora, insomma, a ritmo serrato per giungere puntuali all’appuntamento prima del 2026, con la conclusione dei lavori e poi col 2027, per l’entrata reale in esercizio di tutta la tratta.
«Al momento siamo all’apice dei lavori – dice Canalella – e contiamo in cantiere circa 1400 unità. Stimiamo, considerando le prossime tratte da avviare come la Sibari-Rossano e la Crotone-Catanzaro, che saranno impiegate non meno di 5mila unità: queste le risultanze lavorative dei 3,8miliardi di euro messi a gara nelle settimane scorse».
Il ritmo in cantiere, insomma, è sostenuto. Ad occhio “nudo” sembra di visitare un formicaio che lavora incessantemente. Nelle gallerie, ad esempio, i turni sono spalmati sulle 24 ore, sette giorni su sette. Proprio il “viaggio” in auto nella galleria che supera Trebisacce, in fase di realizzazione, e nella pancia dei cantieri di alcuni viadotti, come l’“Avena”, sono stati tra i momenti più affascinanti della lunga ed interessante visita lungo il terzo megalotto.
Per comprendere meglio qual è la ricaduta economica sul territorio di un cantiere del genere, l’ingegnere Marra fa una battuta: «Solo di caffè nei bar questo cantiere movimenta 280 mila euro. Per non parlare poi di ristoranti, pernottamenti, lavanderia. Ed il 70% della manodopera è calabrese. Questo è un cantiere “scuola” anche per i prossimi, giacché la manodopera sarà poi trasferita sugli altri cantieri che partiranno, come la Sibari-Rossano e la Crotone-Catanzaro».
Il vulnus, però, può essere la carenza di personale, considerando la stima dei 5mila. «Nel corso di una riunione – rivela Canalella – il presidente della Regione ha esortato i sindacati ad attivarsi per sensibilizzare alla formazione del personale che poi sarà impiegato nei cantieri».
«Cantieri a consumo zero»
Altra peculiarità dalla pancia dei cantieri, riguarda l’impatto ambientale. Il materiale estratto dalle gallerie è riutilizzato, e solo «200mila metri cubi» sui 13,5 milioni estratti – specifica Marra – finiranno in discarica. «Questo cantiere è a consumo zero in rapporto al materiale proveniente da cava. Anche il calcestruzzo viene realizzato con materiale scavato dalle gallerie artificiali. Ogni corpo stradale ha un suo frantoio che frantuma il materiale scavato alla pezzatura prevista.
«Viadotti realizzati con una forma di costruzione un po’ sexy, “vedo-non vedo”»
Tra le grandi questioni c’era anche quella legata all’impatto delle grandi opere – i viadotti – su un territorio “panoramico” come quello dell’Alta Sibaritide.
«Molti viadotti li abbiamo resi compatibili col territorio snellendo le pile in acciaio corten – spiega il direttore dei lavori, Biagio Marra – cosicché la capacità di assorbimento visivo del territorio venga inalterata, ovvero l’opera non dia fastidio al contesto. Abbiamo così evitato i piloni in calcestruzzo che alterano la visuale e non consentono di vedere cosa c’è dall’altro lato. “Vedo-non vedo” anche su un viadotto è un po’ una forma sexy di costruzione e l’acciaio corten consente di essere in sintonia coi colori di tutte le stagioni».
Mobilità sinonimo di sviluppo
Insomma, i lavori del terzo megalotto proseguono spediti verso un primo traguardo, fissato per agosto 2026, quando saranno già fruibili i primi 18 chilometri in pianura tra Sibari e Trebisacce.
L’anello di congiunzione della Sibaritide col resto del mondo si chiuderà con la Sibari-Rossano che potrebbe essere consegnata nel 2031. Sogni? Il nord-est della Calabria aspira da sempre al suo indipendente diritto alla mobilità che poi altro non è che sinonimo di sviluppo.