VIDEO | Interpretato da Lara Chiellino per la regia di Dora Ricca, è tratto dal libro scritto da una giovane ebrea deportata in Calabria
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Amava i profumi, i dolci e posava a Milano come modella per gli artisti Nina Weksler, ebrea di origine russa espulsa da Berlino durante il nazismo e poi arrestata nel capoluogo lombardo e tradotta nel 1941, all’età di 18 anni, a Ferramonti di Tarsia. La madre Eugenia, ebbe un destino più atroce: sarebbe morta di stenti ad Auschwitz.
Mille giorni in Calabria
Dei mille giorni trascorsi nel campo di internamento in Calabria, la giovane scrisse delle memorie, un diario, una preziosa cronaca del quotidiana che negli anni cinquanta nessuno in Germania, dove aveva fatto ritorno, volle pubblicare. Perché lo sconcio delle deportazioni doveva essere dimenticato o forse, più semplicemente o se volete, più drammaticamente, a Ferramonti non vi furono la disumanità e la ferocia di Dachau, Buchenwald o della stessa Auschwitz. Nina, che aveva sposato, per ironia della sorte, un altro ebreo internato a Ferramonti di origine polacca incontrato però dopo l’esperienza del campo, e non tra le baracche di Tarsia, prima della morte sopraggiunta nel 1997, riuscì a dare alle stampe questa testimonianza profonda e carica di umanità.
Rivolto ai ragazzi
Dal libro Con la gente di Ferramonti, edito da Progetto 2000, la regista Dora Ricca ha ricavato uno spettacolo teatrale con un adattamento pensato soprattutto per i ragazzi. Guten Morgen Ferramonti il titolo. Nel mese delle memoria sono state programmate 22 repliche in tutta la Calabria, con due rappresentazioni in calendario anche a Latina.
Ad interpretare Nina Weksler è l’attrice Lara Chiellino: «Difficile calarsi nei panni di questo personaggio molto estroverso, protagonista di una esperienza così distante dal contesto di oggi – dice al nostro network – La soddisfazione maggiore è data dal pubblico, solitamente composto da alunni di scuola elementare e media. Seguono con estrema attenzione la rappresentazione, si sentono coinvolti e per me è stata una sorpresa. È un pubblico sincero con cui si instaura una empatia, un flusso comunicativo. Sono molto presenti».
Per Dora Ricca a rendere la storia così speciale è il fatto che sia «stata scritta dall’interno. Questa è la sua particolarità. Ed anche se le condizioni di vita di Ferramonti non sono certo paragonabili a quelle dei campi nazisti, si trattava comunque di prigionieri. Emerge inquietante uno spaccato di quella degenerazione partorita dall’Italia fascista. Ed oggi, anche attraverso questo itinerario teatrale della memoria, vogliamo sensibilizzare i ragazzi rispetto ai temi del razzismo, della xenofobia, affinché possano rimanere distanti dai rigurgiti di cui ancora oggi soffre la nostra società».