Un'odissea durata quasi 24 ore al pronto soccorso dell'ospedale di Crotone: è quanto sostiene di aver subito una signora di Crotone, Maria Itria, affetta dalla sindrome di Tarlov, un morbo raro che le provoca dolori molto forti. La donna ci ha contattato per raccontarci la sua esperienza, dopo la messa in onda di un nostro servizio che documentava il difficile contesto nel quale devono operare gli operatori sanitari del nosocomio, spesso vittime di episodi di aggressione.

 

Itria - che abbiamo conosciuto e incontrato qualche mese fa - sta seguendo una cura palliativa nel tentativo di tenere sotto controllo i lancinanti dolori che le provoca la sua malattia, ma tre giorni fa ha accusato delle forti fitte al petto, così – accompagnata dalla figlia – si è recata al San Giovanni di Dio.
Da quanto riferisce, giunta al pronto soccorso è stata dapprima sistemata in uno stanzino, per poi passare in una stanza. Erano stati previsti tre esami degli enzimi cardiaci scaglionati in più ore, poiché il sospetto dei medici era quello di un infarto.
I primi due sono stati eseguiti tra il primo pomeriggio e la sera, quindi ha passato la notte ricoverata nel pronto soccorso: a quanto dichiarato da lei stessa ai nostri microfoni, sono state ore di sofferenza, ma a questo suo dolore si sarebbero aggiunti anche i comportamenti non proprio ospitali di alcuni operatori.

 

Alle prime luci dell'alba, il dolore è aumentato, nonostante i medicinali presi nell'arco della sua permanenza in ospedale, ma la signora Maria non è riuscita nemmeno ad avvisare il medico di guardia poiché – secondo quanto raccontato – in quel frangente stava riposando. Qualche ora dopo, tramite un’operatrice, le è stato comunicato che avrebbe dovuto effettuare un esame cardiologico. Qui si è presentato un altro problema: pare non fosse disponibile nemmeno un portantino che la potesse accompagnare con la sedia a rotelle. Grazie a un infermiere, comunque, la signora Maria è finalmente giunta in reparto, dove il medico si sarebbe accorto, guardando la scheda clinica, che mancava all'appello il terzo esame degli enzimi. Ritornata nuovamente al pronto soccorso per chiedere spiegazioni, la signora Maria sarebbe stata travolta dalla foga della dottoressa del turno del giorno prima, cioè colei che era presente al momento dell'ingresso all'ospedale. È seguito un breve ma acceso confronto, dal quale, però, non è scaturito l'accesso al terzo esame.

 

Dunque, alla fine della fiera, la paziente sostiene di non essere riuscita a concludere il ciclo previsto dagli esami, anche se gli esiti dei primi due hanno comunque escluso l'ipotesi di un infarto. Itria si dice molto scossa da questo episodio: «Il solo pensiero di dover tornare al San Giovanni di Dio in caso di necessità mi spaventa».  È un dato di fatto, però, che il pronto soccorso vive da tempo una situazione di grande criticità a causa di un organico insufficiente, e questo non fa che esasperare situazioni che, in altri contesti, non provocherebbero disagi e tensioni. Problemi che si trascinano da tempo e per i quali non si può che sperare in una veloce e incisiva risoluzione.