Marco Saverio Ghionna, 49 anni, è un tecnico. Presidente dell’ordine degli ingegneri lo incontriamo nel suo studio dove il tavolo è coperto di carte, grafici, circolari e computi metrici. Roba da ingegneri, insomma. Allora la prima domanda, come direbbe qualcuno, sorge spontanea.

Ingegnere, perché ha deciso di candidarsi sindaco a Rende?

«Le ragioni della candidatura sono per me evidenti. Siamo in un periodo storico in cui veramente ci sono cambi epocali che nei vari programmi nazionali ed europei vengono chiamate transizioni e Rende sarà punto nevralgico in questo contesto sia da un punto di vista cittadino ma anche provinciale e regionale; quindi serve un’impostazione diversa rispetto a tutte quelle che mi hanno preceduto e serve riportare degli standard di vivibilità normali in una città che deve comunque predisporsi a dei voli importanti, pindarici. Va normalizzato il sistema e va pensato il futuro in maniera molto pragmatica e competente».

C’è chi dice che lei sia un candidato calato dall’alto...

«Non capisco cosa si intenda con questo termine. Se calato dall'alto vuol dire che, a vari livelli, la politica ha cercato di individuare il miglior profilo possibile per accettare questo tipo di sfida e di visione del futuro, allora sì. La mia candidatura arriva al termine di un ragionamento fatto, ripeto, a vari livelli, dal territoriale al provinciale, dal regionale al nazionale, per cercare di capire quale fosse il miglior interprete di un programma di governo che possa essere allo stesso tempo normalizzante e ambizioso».

In una tornata elettorale in cui il civismo sembra farla da padrona lei è l’unico che rivendica l’appoggio dei partiti del centrodestra che l’hanno sostenuta in maniera compatta…

«I partiti sono compatti sulla mia candidatura perché il processo di individuazione del candidato a sindaco è esattamente opposto a quello che stanno facendo gli altri. Si è partiti dall'analisi di un profilo e si è arrivati all'individuazione in una persona. Tutti gli altri sono partiti da una persona e stanno cercando di creargli intorno un profilo per la città».

Il centrosinistra si è spaccato in questo percorso. Lei come la legge?

«La leggo come conseguenza di un progetto impostato male. Se si parte dalle personalità e non si parte dai contenuti, l'esito non può essere che questo. La forza della mia candidatura non è tanto la compattezza, ma la linearità di un processo. Da altre parti non mi sembra che ci sia linearità».

Ma è un caso che ci siano due ingegneri candidati a sindaco?

«Spero non sia un caso, sono convinto che non sia un caso, ma sono anche convinto e contento di aver aperto un punto di osservazione politico su una categoria che è molto importante per la società. Poi il giovane Giovanni, che è amico e persona perbene, è però la faccia pulita di chi si porta dietro la responsabilità politica di uno scioglimento per infiltrazioni mafiose».

Lui nega di essere il candidato di Manna e Adamo e invita tutti a partecipare alla stesura del suo progetto politico

«È un bravo ragazzo, però qui non si tratta tanto di decidere chi invitare a Pasquetta. Lì è evidente che il ticket Manna-Pd ha cercato di rispolverare un po' l'immagine, ma credo che i contenuti siano quelli».

L’ente viene da una lunga crisi politica, che precede la gestione Manna. Quali sono stati gli errori politici dei riformisti rendesi secondo lei?

«Visti i profili proposti posso tranquillamente dire che sono l'esatto opposto della mia visione di una città, ma soprattutto dei miei metodi. Lì si parte da una persona per costruire una coalizione, noi abbiamo fatto il contrario. Pensare che un cittadino possa vedere nella proposta politica dei riformisti, il futuro di una città mi viene abbastanza difficile. Poi c'è un'impostazione un po' da Traiano, mi pare che così sia stata definita. Vedere la suggestione di un impero nel 2025, beh, la dice lunga».

Passiamo a quelli che sono i suoi progetti per Rende. Lei ha già detto che la immagina come la Silicon Valley del Meridione. In questo un ruolo fondamentale avrà l’università. Come pensa di sviluppare il rapporto con l’Unical?

«L'università è un fiore all'occhiello del nostro territorio. È evidente che noi dobbiamo, in maniera positiva, sfruttare queste attitudini. C'è tanta ricerca applicata all'università che può e deve aiutare sia lo sviluppo dell'economia del territorio ma anche lo sviluppo delle aziende, di una società che può vedere un cambio di passo anche nell'occupazione. Mentre prima era, un po' storicamente, un po' per visione politica, molto incentrata sulla realizzazione edilizia, oggi potrebbe essere più spinta verso un settore di terziario avanzato e quindi sviluppare quella che è l'economia più contemporanea dell'innovazione, della transizione digitale e energetica. Ecco, dobbiamo “sfruttarla” l'università benevolmente per creare un valore aggiunto al territorio».

A proposito di aziende, come ha intenzione di potenziare la zona industriale?

«Questo è il classico esempio di quello che dicevo prima. Serve innanzitutto riportare alla normalità un sistema urbano-industriale. Più volte imprenditori, ma anche io direttamente, abbiamo notato un degrado e un abbandono completo. Ecco, rinnovarla vuol dire riportare degli elementi di percorribilità, di gestione di un'area che viene vissuta da tantissime persone quotidianamente, ma anche dotarla dei migliori sistemi. Uno di sicurezza, perché è un'area assolutamente insicura per i cittadini rendesi e anche per quelli che vi si recano per lavoro. Guardi, l'altra volta passando per l'area industriale, dove credo gravitino attorno a 2.500-3.000 persone al giorno, mi sono reso conto che, per esempio, una donna lavoratrice non può avere l'ausilio, secondo me legittimo e dovuto, di un asilo nido all'interno di quel sistema industriale. Si chiama qualità vita/lavoro. Ecco, se noi non abbiamo questo tipo di approccio per l'area industriale ma per tutte le altre aree urbane, secondo me non stiamo focalizzando il problema».

Parlava di asili nido… la città non è solo economia. Sul welfare che programmi ha?

«Il welfare è un ambito nel quale dobbiamo mettere a sistema non solo le realtà associative ma anche i servizi che sono votati alle persone in difficoltà. Il welfare, in Calabria soprattutto, è lasciato un po' troppo al volontariato che deve essere un valore aggiunto. Il sistema che abbiamo in mente deve essere un sistema ordinato, che canalizzi in maniera importante le risorse verso le associazioni che sul territorio effettivamente possono produrre un qualcosa in più, un'assistenza in più. Il problema è che si inverte sempre il processo, cioè si lascia ad altri quello che dovrebbe fare un ente. Vorrei impegnarmi molto in questa direzione sull’assistenza domiciliare, sanità territoriale, vorrei lavorare molto di concerto con gli enti sovraordinati su aspetti come telemedicina, assistenza digitale, edilizia sociale e tutto ciò che può mettere in condizione un cittadino bisognoso di avere un rapporto con l'ente locale e l'ente locale di poter dare almeno un supporto iniziale di segnalazione verso il cittadino».

Prima parlavamo di università che è croce e delizia di Rende. Croce perché il Comune che ha trasferimenti dallo Stato per 35mila abitanti poi deve dare servizi per 70mila. Come risolvere il problema?

«Questa è una questione innanzitutto di risorse comunali che devono essere ben orientate verso quelli che sono effettivamente i target dei servizi che poi devono essere gestiti, però è uno di quei ragionamenti nei quali si può forzare la mano con degli investimenti ulteriori grazie al rapporto con la Regione, con la Provincia, perché è un elemento oggettivo che gli enti sovraordinati devono tenere in considerazione Rende e guardarla con un favore amministrativo particolare».

Mi pare di capire che crede molto nella eventuale filiera istituzionale con Provincia, Regione e Governo nazionale…

«Assolutamente ci credo. Oggi bisogna avere non solo legami istituzionali ma anche pragmatismo istituzionale, quindi bisogna capire quali sono le opportunità che possono ricadere nel territorio ed essere un amministratore che le va veramente a prendere e le realizza senza molte chiacchiere. Chiaro è che una sinergia programmatica e politica aiuta».

Poi bisogna vedere com'è messo il Comune dal punto di vista dell'apparato burocratico…

«Gli enti locali hanno una situazione di personale assolutamente sottodimensionata rispetto al carico lavorativo e alle responsabilità che ha l'azione amministrativa di un comune. Possiamo e dobbiamo lavorare oltre che nel cercare di aumentare la dotazione organica di un ente, questo è sempre auspicabile, ma anche per ottimizzare le risorse rispetto agli obiettivi amministrativi e politici di un ente. Lavorerei più su un ragionamento di management nell'attesa che si possano compiere delle aperture, sulle quali pure lavoreremo, in termini quantitativi di personale».

A proposito di personale c’è il tema della Rende servizi, che oltre a un ruolo economico ne ha anche uno sociale…

«L'obiettivo è riportare questi servizi ad uno standard più che sufficiente. In ogni azienda quando si è in qualche modo in stallo bisogna rivedere le regole di ingaggio, vedere se sono effettivamente conformi agli obiettivi che ti stai ponendo in termini di servizi alla cittadinanza, ma anche investire perché un'azienda che non investe e rimane obsoleta non riesce a creare valore aggiunto. Soprattutto quando un lavoratore è scontento non lavora mai bene, quindi anche sulla gestione del personale, sulla motivazione del personale si dovrà necessariamente agire».

Ultima domanda, anzi penultima. Lei è ingegnere non possiamo non parlare del Prg che è stato annullato dai commissari.

«Bisogna necessariamente riprendere il discorso con un'ottica di piano strutturale associato. Non è una visione, è un obbligo considerato che a Rende ricadranno e atterreranno degli investimenti importanti, non tanto economici ma infrastrutturali. Penso all'ospedale a nord del territorio ad Arcavacata piuttosto che il nuovo svincolo autostradale di Settimo. Chiaramente tutto questo proietta la città verso nord, proietta la città ai confini di Montalto Uffugo, quindi è evidente che la proiezione urbanistica sarà influenzata da queste grandi opere. Per tutto il resto spero ritorneremo ad una visione di bilanciamento di vuoti e pieni, quindi di aree verdi che in qualche modo riportino quella che era la suggestione che aveva Rende venti anni fa, la città di Cecchino Principe».

Chiudiamo con l’appello al voto. Perché i cittadini di Rende dovrebbero votarla?

«Ma i cittadini devono poter votare una proposta in libertà di coscienza, valutando oltre ai programmi anche i modi in cui si deve esprimere il consenso in una città. Questa è una cosa che voglio precisare perché non vorrei che si facesse un campagna elettorale garbata nei modi e diversa nei fatti. Sarebbe grave come le motivazioni che ne hanno cagionato lo scioglimento».