Dipendenti preoccupati dagli effetti delle sentenze che hanno dichiarato illegittimi i trattamenti dei componenti delle strutture. E intanto i direttori dei dipartimenti temono l’arrivo di manager esterni (ASCOLTA L'AUDIO)
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La Cittadella trema al ritmo dei tremori di chi ci sta dentro. Dai direttori generali ai semplici funzionari, passando per assistenti, portaborse e autisti, oggi sono davvero pochi i dipendenti di Germaneto che possono dirsi davvero tranquilli.
La maggior parte dei dg ha paura di perdere il posto, magari a vantaggio di qualche manager esterno più gradito al presidente Roberto Occhiuto, mentre quasi tutti i burocrati di seconda e terza fascia, oltre agli assistenti dei politici, temono che la pacchia economica del passato sia definitivamente finita. E che, in più, l’ente pretenda pure la restituzione delle indennità erogate illegittimamente nel corso degli ultimi anni.
Le (tante) strutture
Un numero consistente dei circa 1.600 dipendenti della Regione Calabria e di figure esterne scelte in modo fiduciario opera nelle cosiddette strutture speciali e ausiliarie di presidente, assessori, dirigenti generali, dipartimenti. Questi organismi abbondano e – a parte le strutture che fanno capo ai membri della Giunta – sono disciplinati dal regolamento 14 del 2017, varato dall’allora governo Oliverio.
Ci sono strutture per tutti i gusti: si va dalle segreterie tecniche Autorità di Audit del Por Calabria (14 componenti) e di Agenda digitale (11), all’Economato-Autoparco, ai supporti per le funzioni amministrative nel settore fognario depurativo e per la Tutela dei consumatori, via via fino all’Osservatorio regionale delle attività estrattive e all’assistenza alla commissione regionale per l’emersione del lavoro non regolare. L’elenco è lunghissimo.
Manco a dirlo, chi fa parte di queste strutture ha (avrebbe) diritto a un trattamento accessorio che – prima dal Tribunale e poi dalla Corte d’appello di Catanzaro – è stato dichiarato illegittimo in quanto non previsto dal contratto collettivo.
Che fare?
L’ultima sentenza è del dicembre 2020 ma, dopo più di un anno, solo ora i piani alti della Cittadella avrebbero iniziato a occuparsi del caso. Il punto è che nessuno sa prevederne gli sviluppi, malgrado il pronunciamento dei giudici di secondo grado sia stato trasmesso pure alla Corte dei conti per la verifica di possibili danni erariali.
Sulla graticola, in particolare, ci sarebbero l’assessore al Personale, Filippo Pietropaolo, e il dg di riferimento, Sergio Tassone. A loro tocca trovare una soluzione che riporti la pace in Cittadella, nel rispetto delle sentenze. Non è facile, perché molti conoscitori della materia sono convinti che l’unica via percorribile sia lo stop alle indennità e, cosa ancora più complicata, il recupero delle somme già corrisposte.
Due ipotesi che fanno tremare i dipendenti ma anche chi ha la responsabilità di agire e prendere decisioni in merito. «Per ora Pietropaolo e Tassone hanno scelto di temporeggiare perché temono gli effetti di scelte inevitabilmente impopolari», spiega una fonte qualificata della Cittadella.
Il compito di Tassone
L’uomo che ha il compito di stabilizzare la Regione, in questa fase, sembra proprio Tassone, a cui spetta, peraltro, pure il lavoro propedeutico al Piano triennale del fabbisogno, che dovrà poi essere esaminato dalla Giunta.
È un atto fondamentale che, una volta approvato, darà la possibilità a Occhiuto di procedere con le tanto attese nomine dei nuovi dg, dopo quelle già disposte di Jole Fantozzi (Salute), Claudio Moroni (Infrastrutture), Filippo De Cello (Economia e finanze) e Maurizio Nicolai (Programmazione unitaria).
I reggenti e la stasi
Tutti gli altri, per ora, sono stati confermati come reggenti, quindi con una fiducia a tempo che, inevitabilmente, blocca la programmazione e provoca una certa stasi amministrativa.
Occhiuto potrebbe infine confermare molti degli attuali vertici della burocrazia, ma nessuno si sente di escludere una sorta di rivoluzione, con tanto di repulisti che favorirebbe l’arrivo di diversi manager da fuori regione.
Una possibilità paventata, non più tardi di due settimane fa, anche dal sempre molto informato sindacato Csa-Cisal, il quale, nel richiedere un incontro sulla riqualificazione del personale a Pietropaolo e Tassone, ha invitato la Regione a non «rincorrere le chimere di ulteriori assunzioni di dirigenti esterni», accolti come «salvatori della patria» prima di rivelarsi non funzionali «all’efficacia ed efficienza dell’azione dell’ente».
Ecco spiegato il tremore della Cittadella, somma dei tremori di chi rischia di dover restituire soldi e poltrone.