Il mal di pancia rispetto alla formazione del Governo Draghi, alla fiducia e alla costituzione stessa dell’intergruppo parlamentare Pd-M5S-Leu, non si è mai quietato per la senatrice pentastellata catanzarese Bianca Laura Granato, docente vicina ai Partigiani della scuola pubblica. Il primo strappo si era consumato, sempre ieri, con le sue dimissioni da capogruppo in commissione cultura del Senato ed un preannuncio rispetto al No alla fiducia: «l’espulsione sarà inevitabile».

Crimi: «Fuori chi ha votato No alla fiducia al Governo Draghi»

Oggi arriva la decisione del capo politico Vito Crimi, ri-legittimato pubblicamente, sempre nella giornata convulsa di ieri, dal Garante del M5S Beppe Grillo: «I 15 senatori che hanno votato no alla fiducia al Governo Draghi saranno espulsi».
Per il capo politico reggente dei grillini: «Ieri al Senato il M5S ha votato sì. Non lo ha fatto a cuor leggero, è evidente. Ma lo ha fatto. Lo ha fatto con coerenza, nel rispetto dell'orientamento emerso in seguito all'ultima consultazione, dove la maggioranza dei nostri iscritti si è espressa a favore. E lo ha fatto con coraggio, assumendosi la responsabilità di una scelta che non guarda all'interesse esclusivo del MoVimento o al facile consenso, bensì agli interessi di tutti i cittadini italiani e della nostra comunità nazionale. Quello di chi ha votato sì è un voto unitario, una responsabilità collettiva, non del singolo. I compromessi con sé stessi, con i propri credo, convinzioni e valori, sono quelli più difficili. Riuscire ad affrontarli e sostenerli per il bene di un Paese che sta vivendo il momento più difficile della sua storia recente non è una sconfitta, è un valore aggiunto in termini di etica e dignità. I 15 senatori che hanno votato no sono venuti meno all'impegno del portavoce del MoVimento che deve rispettare le indicazioni di voto provenienti dagli iscritti. Tra l'altro, il voto sul nascente Governo non è un voto come un altro. È il voto dal quale prendono forma la maggioranza che sostiene l'esecutivo e l'opposizione. Ed ora i 15 senatori che hanno votato no si collocano, nei fatti, all'opposizione»
E se c’è chi maliziosamente pensa che sia uno “specchietto per le allodole” utilizzato per fare pressing sui deputati grillini dissidenti in vista del voto di fiducia, si deve prendere atto che c’è un precedente di peso. Il giornalista e senatore Gianluigi Paragone, oggi leader di “ItalExit”, è stato espulso un anno fa dal M5S per non aver votato la fiducia al Governo Conte bis, in difformità al voto espresso dal gruppo parlamentare sulla legge di bilancio. Su questo i tre probiviri nazionali del M5S Fabiana Dadone, Jacopo Berti e Raffaella Andreola sono stati lapidari, con buona pace dei dietrologi.

La fronda calabrese protagonista del No a Draghi

La Calabria è stata senz’altro in prima linea nel dissenso al Governo Draghi, almeno per quanto concerne la fronda pentastellata al Senato. Hanno votato espressamente contro la fiducia il senatore cosentino Nicola Morra, da tempo in difficoltà per lo scontro diretto che ha aperto con l’ala governista e per la “gaffe” (con eco nazionale) sull’ex Presidente Jole Santelli che gli è costata una indagine per diffamazione aggravata; le due senatrici apertamente morriane, Rosa Silvana Abate e l’anti-franceschiniana di ferro Margherita Corrado. Voto contrario e ampiamente annunciato quello dell’ex candidata sindaca del capoluogo calabrese Bianca Laura Granato, che da tempo ha aderito alla “corrente” di Alessandro Di Battista, insieme alla senatrice Luisa Angrisani e all’ex ministra del sud Barbara Lezzi. Assente al voto (ma non ha nascosto il suo dissenso sui social) il senatore di Polistena Fabio Giuseppe Auddino.

Morra è scosso

Il presidente della Commissione parlamentare antimafia Nicola Morra ha dichiarato con un post su Facebook: «Apprendo che è stata avviata la procedura di espulsione nei miei confronti. Sono molto scosso da questa decisione, ora voglio riflettere. Mi sento M5S nel sangue».
Proprio ieri, il senatore la cui poltrona nel massimo organo parlamentare antimafia pare sia in bilico da tempo per volere degli stessi vertici pentastellati, aveva annunciato la candidatura come membro del direttorio, l’organo esecutivo grillino che supererà la figura del capo politico a seguito delle ultime modifiche di Statuto (passate sotto traccia a causa del marasma parlamentare).
Insomma, Morra nell’arco di 12 ore è passato da quasi capo del M5S a quasi espulso. Parola ai probiviri.