Un piccolo show più che un vero e proprio congresso. Con tanto di super-ospiti che nemmeno Sanremo da Elon Musk alla Le Pen fino alla stella nascente della destra europea, la bella greca Afroditi Latinopoulou.

Nella due giorni di Firenze del Carroccio, d’altronde, tutto era già stato scritto con la riconferma di Matteo Salvini alla guida del partito, unico candidato eletto quindi per acclamazione. E poco importa che il “Capitano” diventa così uno dei segretari di partito più longevi d’Italia, ben dodici anni, al punto che qualche giornale lo paragona a Xi Jinping, segretario del partito comunista cinese. Poco importa che Salvini sia riuscito nella strabiliante impresa di portare il partito dal 34 all'8% in soli sei anni.

Poco importa che da quando è Ministro dei Trasporti alla rete ferroviaria è successo di tutto. Il popolo leghista vuole lui e lui, magnanimo, promette che questa è l’ultima volta, nel 2029 getterà la spugna. Molto probabilmente a favore del generale Vannacci che nel congresso federale ha preso finalmente la tessera.

Nel frattempo Salvini ha un obiettivo preciso o meglio un’ossessione: il Viminale. Non a caso tira fuori un vecchio manifesto della Lega con ritratto un indiano Sioux e la scritta “Loro non hanno potuto mettere regole all’immigrazione e ora vivono nelle riserve”. Poi fa dire al suo fedelissimo, Andrea Crippa, che Matteo Piantedosi è il candidato ideale per le regionali in Campania. Una dichiarazione che ha lasciato a dir poco tiepidi i suoi, anche perché va in contrasto con l’idea di Giorgia Meloni di evitare ogni rimpasto, sarebbe un record per l’Italia. Forza Italia che con la Lega è ormai ai materassi invece fa sapere in maniera netta che non se ne parla proprio.

Ma per Salvini il Viminale è un ossessione. Dopo aver spostato la linea politica del partito per superare a destra FdI ritiene che la postazione sia utile per recuperare il consenso perduto. Sono finiti i tempi della “bestia” del gruppo che martellava sui social e a lui bastava mangiare qualsiasi cosa on line per salire nei consensi. La gestione discutibile del Ministero dei Trasporti l’ha fatto scendere in basso.

L’idea del Ponte sullo Stretto al Nord non appassiona, al Sud sembra ancora impalpabile. La battaglia sull’autonomia differenziata ha procurato danni al Meridione e poco consenso al Nord. Il carisma della Meloni è troppo ingombrante. Ma il vero problema è l’immobilismo del partito. Salvini ha messo a tacere l’opposizione interna e in particolare il partito degli amministratori che va da Zaia a Fedriga. Ma un pezzo della Lega ormai non lo segue più.

Lui dice che la sua linea di trasformare la Lega in partito nazionale sta funzionando, eppure su 25 eletti al Consiglio federale 14 sono del nord, il Lazio ne elegge tre.

La Calabria quattro: sono i due parlamentari Loizzo e Furgiuele, il segretario provinciale di Cosenza Leo Battaglia e Francesca Porpiglia.

Il coordinatore regionale, Filippo Mancuso dal palco di Firenze esalta la gestione Salvini. «Per la Lega in Calabria la sfida è duplice - dice - quella di ottenere il consenso dei cittadini in una congiuntura di crisi economica e sociale, e quella di dover combattere contro uno storico pregiudizio». Eppure - sottolinea Mancuso - alle ultime europee, la Lega in Calabria ha ottenuto il 9,19% dei voti, più della media nazionale e oltre 2 punti in più rispetto a quella della circoscrizione meridionale.

E per vincere il pregiudizio tira fuori dati e cifre «Ricordo i 3,8 miliardi per la statale 106 jonica e le risorse per il completamento della strada Sila-Mare e della Trasversale delle Serre. Così come senza precedenti è il piano da 38 miliardi di euro di RFI per riqualificare il trasporto ferroviario. E poi c’è il grande sogno del ponte sullo Stretto». Un sogno, appunto. Salvini sa come vanno le opere pubbliche in Italia e vuole smarcarsi al più presto dalle responsabilità più che dall’idea. Il Viminale è la sua Itaca.