Tra il giugno e l'agosto del 1959, attraversando su una Fiat 1100 tutta la penisola italiana, da Ventimiglia a Palmi e poi fino al comune siciliano più meridionale, Pasolini percorre la strada che da Reggio Calabria risale lungo la costa ionica ed è stupito dalla dolcezza, dalla mitezza, dal nitore dei paesi. Almeno di quelli situati prima di Porto Salvo, dove gli scorci abitudinari incontrati sino ad allora lasciano spazio a scenari irriconoscibili.

Quando la strada infernale, senza un albero attorno, lascia il mare, «s'interna in una zona, tutta gialla, con le colline che sembrano dune immaginate da Kafka», per poi distendersi, nella zona di Cutro, in una specie di altopiano: «è il luogo – ammette Pasolini – che più mi impressiona di tutto il lungo viaggio». I giovani, tornando dal lavoro, hanno un sorriso distorto da «un guizzo di troppa libertà, quasi di pazzia». Si tratta di quella cornice di vuoto e di silenzio che circonda il fervore che precede l'ora di cena e che fa letteralmente paura. A spaventare Pasolini c'è anche lo Ionio, che «non è un mare nostro»: è straniero, nemico, seducente, pre-umano, del tutto diverso dal caro, dolce, domestico Adriatico che incontrerà qualche chilometro più a Nord. Qualcosa, nelle parole di Pasolini, offese la stampa calabrese, alla quale poi l'autore di Ragazzi di vita rispose con una lettera aperta pubblicata su «Paese Sera» che faceva riferimento alla realtà storica di quei luoghi.

Tuttavia, è ciò che la ricognizione documentaria del reportage fatica a cogliere che sembra essere davvero degno di nota. Quel quasi, parola che Pasolini usa molto spesso nel corso della sua inchiesta pubblicata sul mensile milanese “Successo”, tradisce un aspetto senz'altro meritevole di essere richiamato, ma che è impossibile definire del tutto. Un resto che spaventa nella misura in cui sfugge a una piena esplicitazione ma che, oggi come allora, è in grado di stimolare l'immaginazione del viaggiatore perché, molto probabilmente, è proprio sfuggendo all'omologazione passando per l'intercapedine dell'inconsapevolezza che è possibile identificare appieno un oggetto.

Non deve sorprendere il fatto che Pasolini, nella Lunga strada di sabbia, sia stato in grado di individuare questa Calabria poco familiare senza pensare di esaurirla una volta per tutte con faciloneria. Non si dovrebbe, invece, fare di tutto perché possa succedere anche a distanza di oltre sessant'anni?