Il Castello di Lacina della Baronessa Scoppa a Cardinale (CZ), la Rocca del Drago e Caldaie del Latte a Roghudi (RC) e il Ponte del Diavolo a Civita (CS), siti densi di magia dove dicerie tramandate di generazione in generazione sono divenute nel tempo vere e proprie credenze
Tutti gli articoli di Destinazioni
PHOTO
Tutta la Calabria è disseminata di racconti e storie legate al passato del territorio e delle sue ricchezze. Basta addentrarsi su per le montagne per imbattersi in dicerie tramandate di generazione in generazione, divenute nel tempo vere e proprie credenze. Molte di queste eredità di un bagaglio culturale e religioso e fonti di devozione di santi e veggenti, altre di un vissuto popolare carico di pathos e di tradizioni ancora esistenti. Ma fra accadimenti e vicende incerte e a volte suggestionate, ci sono dei luoghi dove il confine tra verità e fantasia è ormai diventata una leggenda.
Una serie di attrazioni dove appassionati e curiosi rispondono al richiamo del mistero e del folclore e dove l’immaginazione può scatenarsi regalando escursioni originali, colorate da un tocco di brivido. Fra queste, sono degni di menzione il Castello di Lacina della Baronessa Scoppa a Cardinale (CZ), la Rocca del Drago e Caldaie del Latte a Roghudi (RC) e il Ponte del Diavolo a Civita (CS), tutti luoghi densi di magia e avvolti da un incredibile alone di mistero.
Il Castello spettrale di Lacina della Baronessa Scoppa a Cardinale
A Cardinale (CZ), in località Lacina, nel cuore delle Serre Calabresi, esiste un luogo misterioso degno dei più grandi romanzi di miti e leggende, dove la nebbia affonda tra i rami degli alberi e il silenzio perversa incombente sui ruderi di un castello spettrale. Che se non fosse per la consapevolezza di essere in Calabria, sembrerebbe di trovarsi sul set di un film sulla mitologia nordica, dove i fantasmi sono i protagonisti di una macabra e paurosa trama. In tal caso, lo spettro sarebbe quello di Maria Enrichetta Scoppa, Baronessa di Badolato, ricca proprietaria terriera vissuta fra Otto e Novecento a Sant’Andrea Apostolo dello Jonio e padrona del Castello di Lacina, quale sua residenza estiva. Una leggenda locale narra che la baronessa, nota alle cronache come una donna nubile di fervente religiosità, operosa nel sociale e nelle attività legate alla chiesa, avesse fatto voto di castità, ma che nelle notti al castello trovasse sfogo alla sua devozione.
Si racconta, infatti, che la nobildonna fosse segretamente in continua ricerca di esperienze erotiche e che adescasse presso il suo castello giovani e prestanti uomini con cui consumava ardenti rapporti carnali. Pare, però, che dei suoi amanti occasionali si perdessero puntualmente le tracce e che, secondo il lato oscuro della storia, fossero seppelliti nelle sabbie mobili del territorio circostante, affinché non rimanesse traccia delle sue furtive abitudini. Altre fonti narrano che paradossalmente la donna fosse ossessionata dal terrore di finire all’inferno, per il fatto che i suoi avi si erano impossessati di alcuni beni della chiesa, tant’è che scrisse al Vaticano per sapere come essere assolta dai danni provocati dalla famiglia e a papa Pio IX perché la dichiarasse “sposa di Gesù”.
Tutti aneddoti raccolti nel libro “Ritorno in Calabria” di Salvatore Mongiardo e che ad un certo punto possono forse spiegare perché intorno alla donna siano cominciate a circolare determinate storie. Oggi rimangono le rovine di alti torrioni angolari e di mura perimetrali, dove un’atmosfera surreale trasmette il brivido di un racconto degno di fama, che merita l’attenzione di studiosi e appassionati del settore.
(Foto Antonio Aricò)
La storia fantastica della Rocca del Drago e delle Caldaie del Latte a Roghudi
Spesso la natura selvaggia da vita a elementi raffiguranti profili di animali, in grado di suscitare suggestioni e far viaggiare la fantasia generando antiche leggende, come nel caso di Roghudi, in provincia di Reggio Calabria, un paesino sperduto tra le aree boschive dell’Aspromonte, dove il silenzio regna sovrano e il paesaggio naturale si espande in tutta la sua bellezza. Qui, sulla strada che da Melito Porto Salvo conduce all’Aspromonte, è possibile ammirare una collezione di formazioni di geologiche attorno a cui si intrecciano misteri e credenze: le Caldaie del Latte e la Rocca del Drago.
Nel caso delle prime, si tratta di sette piccoli massi sferici, che affiorano dal terreno in un unico blocco di roccia friabile, presentando le sembianze di enormi pentoloni calcarei; la seconda è una roccia di epoca preistorica dalla forma aquilina e sinistra, su cui l’erosione ha scavato due solchi che rievocano gli occhi di un pauroso mostro. Intorno, ai due massi si narra una storia fantastica, secondo cui la Rocca era la dimora di un drago malvagio che tormentava gli abitanti del paese, ordinando di portare al suo cospetto bambini da divorare e provocando frane e alluvioni nella zona. Per placare la sua ira e la sua fame, gli abitanti del paese si recavano alle Caldaie del Latte, dove prelevavano il nutrimento da offrire al mostro affinché smettesse di affamarsi dei bambini e causare disastri. Finché non intervenne un monaco, sopraggiunto in paese, a sedare l’irascibilità del mostro, recandosi ogni giorno alla Rocca e distraendolo con il racconto di aneddoti e storie. Ma dopo sua morte il drago tornò a terrorizzare la zona, per cui gli abitanti, piegati dallo sgomento, furono costretti a fuggire e abbandonare per sempre il paese.
Col passare dei secoli, conclude la leggenda, le due formazioni divennero le gigantesche rocce calcaree attuali, sebbene si dica che il Drago sia ancora lì pronto ad accogliere visitatori curiosi.
La notte dei tempi al Ponte del Diavolo a Civita
Una delle attrazioni più popolari che si riconducono al comune di Civita, centro abitato in provincia di Cosenza, nel territorio del Parco Nazionale del Pollino, è il Ponte del Diavolo, una costruzione di maestosa bellezza che da secoli incuriosisce per le particolari vicende che ruotano intorno al suo conto, a partire dal nome inquietante che porta. Situato a circa 260 metri sul livello del mare, per una lunghezza di circa 36 metri, questo ponte, costruito in un’unica arcata a dorso d’asino, rappresenta un’audace opera ingegneristica sul fiume Raganello.
Data la sua costituzione in pietra, secondo gli studiosi, le sue origini risalirebbe al periodo medievale, ma molto probabilmente su un impianto preesistente di epoca romana. Per via della particolarità del punto impervio in cui sorge e degli scarsi mezzi di cui si disponeva all’epoca, resta, comunque, un dilemma di come questo ponte sia stato edificato, tanto che la fantasia popolare ha attributo la sua realizzazione ad opera del Diavolo. Secondo la leggenda, infatti, fu un proprietario terriero della zona a rivolgersi all’angelo delle tenebre per commissionargli quest’opera impossibile all’uomo in cambio dell’anima del primo essere umano che avrebbe attraversato il ponte. Così, in una notte di temporale, il Diavolo innalzò l’opera in tutta la sua maestosità, appostandosi in attesa del primo mal capitato. Ma gli abitanti del paese, facendosi furbi, spinsero una pecora a percorrerlo per prima, scatenando l’ira dello spirito del male, che si accanì sul ponte, lasciando segni ancora oggi visibili. Fra i festeggiamenti degli uomini, il Diavolo precipitò nel torrente, lasciando dietro di sé una grande nuvola di fumo.
Ad accentuare l’enfasi strabiliante di questo luogo fu la notte del 28 marzo 1998, in cui un violento temporale, proprio come la notte in cui fu edificato, causò il crollo inesorabile del ponte. Oggi meta turistica di forte attrazione, ha ritrovato splendore nel 2005 con una riedificazione moderna, che ha mantenuto le peculiarità storiche e suggestive che lo hanno caratterizzato nel tempo.