Le porte del valico di Rafah si sono aperte lasciando uscire centinaia di stranieri, di persone con doppio passaporto e anche feriti.

Tra loro anche i primi 4 italiani, volontari di Ong internazionali, accolti dai diplomatici italiani e accompagnati al Cairo. L'uscita da Gaza è un piccolo spiraglio nel conflitto che si fa ogni giorno più feroce: un nuovo bombardamento ha colpito il campo profughi di Jabalya, nel nord dell'enclave palestinese, già teatro ieri di un pesante raid che ha lasciato sotto le macerie decine di morti, con l'Onu che torna ad alzare i toni parlando di «attacchi sproporzionati che potrebbero equivalere a crimini di guerra». Anche le cancellerie europee, da Parigi a Berlino fino alle istituzioni Ue, si sono dette «molto preoccupate» dalle notizie provenienti da Jabalya, sottolineando la necessità di «proteggere la popolazione civile».

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Le forze combinate israeliane, tra truppe e tank, dopo violenti combattimenti con Hamas sono intanto alle «porte di Gaza City», accerchiata da tre lati - nord, centro e sud - con una manovra a tenaglia che mira a radicarsi nel profondo della Striscia. Sul numero di quanti hanno attraversato il doppio confine tra Gaza e l'Egitto non si ha ancora certezza. Fonti egiziane parlano di 335 stranieri e persone con doppia nazionalità oltre a 76 feriti. Questa prima evacuazione potrebbe proseguire nei prossimi giorni per permettere ad altri di lasciare, compresi diversi italiani e di doppia cittadinanza.

Sul campo lo scontro è aspro: il nuovo attacco israeliano al campo profughi di Jabaliya - ha fatto sapere il ministero della Sanità di Hamas - ha causato «decine di morti e feriti». Secondo la stessa fonte erano state 50 le vittime. Il capo degli affari umanitari delle Nazioni Unite, Martin Griffiths, l'ha descritto come «l'ultima atrocità che ha colpito gli abitanti di Gaza»: nella Striscia - ha aggiunto - «i combattimenti sono entrati in una fase ancora più terrificante, con conseguenze umanitarie sempre più spaventose».

«La sicurezza e la protezione dei civili non è solo un obbligo morale, ma anche legale», ha sintetizzato l'alto rappresentante per la politica estera della Ue, Josep Borrell.

L'esercito israeliano insiste che a Jabalya, nei tunnel sotto il campo profughi, si nascondeva il Comando centrale di Hamas del nord della Striscia con il capo Ibrahim Biari e decine di operativi della fazione islamica asserragliati. E quello dei tunnel è un bersaglio prioritario delle forze armate, insieme ai capi di Hamas: l'ultimo a essere colpito e ucciso oggi è stato Muhammad Asar, comandante dell'unità missilistica anticarro. Il ministro della difesa Yoav Gallant ha detto che l'esercito israeliano è al lavoro per scoprire «la rete sotterranea di Hamas e far uscire i terroristi».

«Siamo alle porte di Gaza City», ha annunciato il generale Itzik Cohen, comandante della 162/a divisione dell'esercito, aggiungendo che i soldati «sono ora nel profondo della Striscia». A testimoniare la durezza degli scontri con Hamas è il numero dei 16 soldati morti, denunciati dall'esercito dal primo ingresso al nord della Striscia.

Lo scenario complessivo della regione sembra complicarsi ulteriormente. Israele - dopo i missili arrivati dal Mar Rosso sulla cittadina di Eilat ad opera degli Huthi yemeniti alleati dell'Iran - ha deciso di dispiegare navi lancia-missili a largo della costa, incuneata tra Giordania ed Egitto. «Sappiamo anche attaccare nel luogo e nei tempi che stabiliremo, sulla base - ha avvertito il portavoce militare Daniel Hagari - dei nostri interessi di sicurezza». Senza contare il Libano da dove continuano ad arrivare razzi e colpi di mortaio ai quali Israele risponde.

Sulla sorte dei 240 ostaggi in mano di Hamas - che oggi ha annunciato la morte di 3 di loro negli attacchi israeliani a Jabaliya - ad ora non c'è intesa, nonostante gli intensi sforzi del Qatar. Il capo della fazione islamica Ismail Haniyeh ha detto che per la loro liberazione occorre «un cessate il fuoco».  Richiesta più volte respinta da Israele che si affida piuttosto alla pressione militare sulla Striscia per favorire la loro liberazione.

Una soluzione alla quale stanno lavorando anche i commando Usa arrivati in Israele. Venerdì prossimo a Gerusalemme, ma anche in altri Paesi della regione, arriverà il segretario di Stato Usa, Antony Blinken: nel dossier il rispetto dei civili e l'aumento degli aiuti umanitari. La Giordania, dopo Jabalya, ha intanto richiamato in patria il proprio ambasciatore a Tel Aviv chiedendo a Israele di non mandare ad Amman il suo.

Sullo Stato ebraico continua la pioggia di razzi nel sud e nel centro (Tel Aviv compresa), mentre i morti a Gaza sono 8.796 (Hamas non distingue tra civili e miliziani) di cui 3.648 minori e oltre 22mila feriti