Gli strateghi elettorali americani ritengono che un leader forte debba esprimere ferocia, odio, perché l’odio è più forte dell’amore, carica di più le folle e le spinge più fortemente a reagire.

L’odio è così diventato il motore che spinge le campagne elettorali e fa vincere le elezioni. La rabbia e le menzogne stanno caratterizzando la nostra epoca, in molti settori. In politica non ci sono più avversari ma nemici. E fra nemici ci si combatte senza esclusione di colpi, senza regole.

Anche nell’informazione predomina la violenza delle parole, le accuse sparate in prima pagina, mentre le menzogne diventano armi per screditare e denigrare. In rete, sui social, in troppi usano la macchina del fango. Con una volgarità impressionante. Davanti alla quale, il silenzio è la migliore risposta di chi non ha nulla da temere.

Viviamo in un’epoca in cui l’indignazione è la merce più preziosa. Più di una prova, più di un’inchiesta, più della verità stessa. Non importa se un’accusa sia fondata, l’importante è che faccia rumore. Perché nella società dell’algoritmo, la diffamazione non è più un rischio: è un modello di business.

Ma chiariamolo una volta per tutte. Un’accusa senza prove è solo veleno in cerca di un bicchiere.

Eppure, oggi basta una tastiera per sentirsi giudice. Basta una frase ben piazzata per trasformare un’ombra in una condanna. La verità non è più una meta da raggiungere, ma un ostacolo da aggirare. E chi lavora con la coscienza sa che non si possono trasformare i sospetti in notizie, le insinuazioni in fatti, la bile in inchiesta.

Noi abbiamo scelto di praticare un’informazione seria, mai urlata, amante della verità. Un’informazione ricca anche di inchieste e di denunce, ma sempre con onestà intellettuale, senza mai puntare a screditare le persone, ma esclusivamente a raccontare i fatti. Il vero giornalismo ha una regola semplice e ferrea: si afferma solo ciò che si può dimostrare. Perché ogni parola pesa, e chi le usa per informare sa che ha una grande responsabilità. Chi, invece, le usa per colpire e infangare è solo un vigliacco.

Le parole sono importanti. E vorrei qui richiamare quanto scritto dal Papa al direttore del Corriere della Sera: «Vorrei incoraggiare tutti coloro che dedicano lavoro e intelligenza a informare: sentite tutta l’importanza delle parole. Non sono mai soltanto parole: sono fatti che costruiscono gli ambienti umani. Possono collegare o dividere, servire la verità o servirsene. Dobbiamo disarmare le parole, per disarmare le menti e disarmare la Terra. C’è un grande bisogno di riflessione, di pacatezza, di senso della complessità».

Dobbiamo disarmare le parole. Noi abbiamo deciso di pesare bene le parole che usiamo. Perché le parole possono costruire o distruggere, illuminare o avvelenare. Ma chi le usa senza rispetto, senza rigore, senza coscienza è solo un ladro della verità.