VIDEO | Il segretario della Filcams Cgil punta il dito contro le aziende che non rispettano i contratti di lavoro e sfruttano i dipendenti. «Le associazioni dovrebbero bandirle. Non ci si deve sorprendere se le persone fuggono dalla nostra regione, quando non c’è un giusto riconoscimento»
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Dopo l’okay della Consulta ai cinque quesiti referendari, la Cgil avvia la campagna preparatoria al voto attraverso un percorso di sensibilizzazione. Le questioni che saranno poste al voto referendario riguardano lo stop ai licenziamenti illegittimi, più tutele per i lavoratori delle piccole imprese, la riduzione del lavoro precario, più sicurezza sul lavoro e l’integrazione della popolazione di origine straniera. La data del referendum non è ancora stata fissata, la Cgil inizia la mobilitazione. Abbiamo sentito il segretario della Filcams, Giuseppe Valentino.
Parte la campagna referendaria sui quesiti promossi dalla Cgil. In che modo il sindacato si prepara per arrivare all’appuntamento col voto in maniera consapevole?
«Siamo in piena campagna elettorale. Come Filcams Cgil Calabria stiamo partendo dalle assemblee dei lavoratori e lavoratrici perché i quesiti parlano al mondo del lavoro che noi rappresentiamo: lavoro di prossimità, lavoro povero e femminile. Alcuni quesiti riguardano, ad esempio, gli appalti e, quindi, la salute e la sicurezza. In questo Paese si muore di lavoro ancora troppo spesso. Altri quesiti mirano ad abolire l’idea che si possa lavorare sempre a tempo determinato e che la precarietà debba continuare ad essere diffusa. Sono argomenti fondamentali per rimettere al centro il lavoro perché se si vive una condizione per la quale ogni mese si deve attendere il rinnovo del contratto, si diventa un lavoratore sottoposto a maggior ricatto. Le leggi sul lavoro in questi anni hanno peggiorato la condizione dei lavoratori a partire dal job act. Altro tema dei referendum che ha introdotto la possibilità di licenziamento per qualsiasi ragione senza obbligo di reintegro. Ciò significa mettere sulla vita delle persone prezzi al ribasso».
La Calabria vive una condizione di precariato e di lavoro sommerso. Il referendum viene percepito dai lavoratori come strumento di miglioramento della proprio condizione? Qual è la situazione attualmente e che genere di risposta vi aspettate?
«Bisogna rivolgersi ai lavoratori ma soprattutto alla società. Ed evitare che passi l’idea che la partecipazione al referendum non sia utile a cambiare la loro condizione, che i quesiti vengano percepiti come troppo distanti quando, invece, sono assolutamente vicini. Rappresentano la leva attraverso cui liberarsi da queste condizioni. Abbiamo appreso da recenti inchieste situazioni di sfruttamento del lavoro, inchieste che dimostrano la presenza di imprenditori che speculano sulla vita, sulla pelle, sui bisogni delle persone. E quindi paghe da fame, sfruttamento del part time involontario, condizioni vere di miserie. In Calabria c’è l’idea che in ragione della povertà ci si debba adattare a tutto. La Filcams sta provando ad invertire culturalmente questa tendenza, credo che il referendum aiuterà anche l’azione quotidiana condotta dal sindacato, decisa a denunciare situazioni di gravità assoluta. Inoltre, anche in Calabria deve essere applicata la contrattazione integrativa, è inaccettabile l’idea che ci si debba accontentare. Il fenomeno della fuga dalla Calabria è un problema che ha anche una radice di responsabilità sociale delle aziende perché se nessuno riconosce la qualità del lavoro svolto, i bisogni e la dignità delle persone, allora la gente sarà legittimata a scappare e non ci si potrà lamentare per l’impossibilità di trovare personale, anche qualificato».
Lei ha parlato di responsabilità sociale degli imprenditori, cosa intende?
«Innanzitutto c’è una grande responsabilità da parte delle associazioni imprenditoriali, le aziende che utilizzano metodi e contratti illegali devono essere bandite. È una responsabilità che attiene all’autotutela e all’immagine perché se si vuole rappresentare un mondo imprenditoriale pulito, che c’è ed esiste, bisogna farlo con le carte in regola. E poi c’è una seconda responsabilità relativa al mondo produttivo e del commercio in questo caso. Parte fondamentale della costruzione della Repubblica è anche avere a cuore i destini dei lavoratori e delle lavoratrici. Siamo consapevoli che l’imprenditore fa l’imprenditore, e non è quindi un atto di volontariato però chi lavora deve avere un giusto riconoscimento. Ad esempio, non tutte le aziende applicano i contratti collettivi nazionali e il giusto compenso per il lavoro svolto. Responsabilità significa contribuire al miglioramento di questa terra. Tutti, ognuno per la propria parte. Se non si vuole che questa terra si spopoli e che non l’abbandonino tutti bisogna creare le condizioni per vivere meglio e far girare l’economia in positivo».