Un sorriso amaro. L’olezzo di bruciato che passa dalle narici e arriva dritto allo stomaco. Fa male più di uno schiaffo vedere la devastazione. Uno spettacolo tetro che sa di criminalità ma anche di resilienza. E sì, perché nonostante tutto ad accoglierci è il sorriso di Emanuele Ionà che anche se ancora scosso ci ha raccontato quella che per lui non è, purtroppo, una prima volta. A Villa San Giovanni, nella zona industriale alle 2 di notte di martedì una persona con un casco integrale e una tanica in mano ha dato fuoco alla concessionaria Calabria Motori. Un sogno arrivato sul territorio reggino post Covid ma diventato subito una grande realtà. Ma in una terra che ancora lotta con il cancro della ‘ndrangheta gli imprenditori sono chiamati a uno sforzo in più. Devono resistere.

Un teatro un po’ spettrale. Quella che doveva essere l’immagine dell’impresa, della rinascita di questa Calabria, degli imprenditori che scelgono di rimanere in Calabria, oggi ci restituisce un’immagine che non è quella che volevate e che volevamo raccontare. Ecco, nonostante tutto però, la forza di rimettersi in piedi, perché non è la prima volta. Ma Emanuele e la sua azienda vogliono raccontare una storia diversa di questa Calabria.

«Come vedi, c’è il sole che splende su di noi, nonostante alle spalle abbiamo questo cumulo di ceneri. Sì, la Calabria la vogliamo raccontare diversamente. Ora ci vediamo, una piccola pausa giusto per sistemare tutto e poi continueremo nel nostro racconto».

È difficile quello che vogliamo fare oggi: restituire l’immagine di quello che vuol dire fare impresa in Calabria. Ci vuole coraggio. Cosa manca ancora per incentivare e convincere a rimanere?
«Io non ho mai preso in considerazione di andare via, perché sono figlio d’arte. Quindi, come dire, sono cresciuto in questa azienda, e in questa azienda resto, perché è la mia casa. Non l’ho mai conosciuta diversamente. Non ho mai pensato, nemmeno in solitaria, di andare via. Anche questa cosa della Calabria: sì, è difficile. Ma non penso che sia difficile fare realmente impresa in Calabria. Anzi, paradossalmente, per alcuni aspetti può essere anche vantaggioso. Perché comunque, nel Sud in generale, rispetto al Nord – che sicuramente non ha i problemi di criminalità che abbiamo noi – al Sud abbiamo delle agevolazioni. Quindi fare impresa può essere anche semplice. Certo, combattiamo contro questo cancro che, in alcuni casi – come nel mio, purtroppo, ieri, in maniera così devastante – interrompe e pregiudica il percorso imprenditoriale. Tutto ciò che questi gesti toccano fa male alla terra, fa male al territorio. E quindi in Calabria probabilmente siamo semplicemente tenuti a combattere».

Come state cercando di combattere? Quello che vediamo lascia devastazione, lì dove si cerca di costruire.
«Le rispondo come mi ha scritto una mia amica su Instagram ieri, al mio post: “Ci si inginocchia solo davanti alla croce”. Quindi non ci si inginocchia, non si abbassa la testa. Quando succedono cose del genere, non bisogna cercare di risolverle. Alcune volte, spesso in passato, probabilmente un imprenditore per paura si fermava. Oggi ti devi rialzare totalmente».

Lei aveva già subito un atto vigliacco del genere, si è domandato perché? Aveva già denunciato in quella sede, aveva già avuto dei segnali prima che scoppiasse l’incendio come ultima azione?
«Tre anni fa è stata bruciata la filiale di Rende. Non è successo niente, è stato meno grave di questo. Ma anche in quel caso abbiamo ricominciato subito dopo. Anche in questo caso, non abbiamo avuto nessun segnale. Hanno deciso di devastare il tutto senza mandare una lettera di preavviso. Siamo un’azienda che lavora su tutto il territorio nazionale, abbastanza grande. Siamo un’azienda che conta otto filiali e 170 collaboratori diretti, con un indotto che arriva quasi a 500. Cioè, comunque, non siamo una realtà piccolina. Un atto del genere potrebbe pregiudicare il futuro di quelle attività. È un danno notevole, che ci ferisce, ma non ci uccide. Non me l’aspettavo, perché io sono un eterno sognatore. E penso che in Calabria, prima o poi, tutto questo debba finire. Però è accaduto. È accaduto, siamo ancora scossi. Abbiamo già attivato gli anticorpi. Siamo in continuità, non abbiamo chiuso l’azienda. Resilienza».

È un messaggio di speranza quello lanciato da Emanuele ma anche di coraggio per incentivare alla denuncia, unica vera arma contro il racket. Si può cambiare questa terra partendo proprio dagli imprenditori onesti. Solo così, dal letame possono nascere fiori.
«Ai calabresi, tutti, dico che dobbiamo cambiare la mentalità. Probabilmente, ancora in alcune aree dei calabresi resistono quelle sacche che portano la Calabria indietro negli anni. Bisogna essere liberi. E si è liberi solo se non si ha contatto con queste persone. E bisogna fare attenzione perché la connivenza può essere anche silenziosa. Perché io ho ricevuto tanti attestati di stima in queste 24 ore che mi hanno commosso, oltre ad aver alleviato notevolmente il dolore. Ma c’è stato anche qualche silenzio importante, da parte di qualche collega, da parte di qualche strato della politica. Ecco, anche quel silenzio, in questi casi, può far male».

Il silenzio – lo diciamo spesso – fa rima con omertà. Quindi è da qui che bisogna ripartire, dalla denuncia.
«Io credo ancora nella sana politica. Bisogna fare rete. E soprattutto diffondere altre testimonianze. Sono due anni che siamo qui: abbiamo inaugurato a giugno del 2022, in una magnifica serata. E da allora questo feeling con questo brand, che anche in questa occasione si sta dimostrando famiglia, si sta dimostrando un brand affascinante. Io ieri, dopo quello che è accaduto, dopo averli resi partecipi della tragedia che la mia azienda stava vivendo, ho ricevuto da parte loro un attestato di solidarietà molto importante. A me piace raccontare la Calabria diversamente».

È un racconto rammaricato che, però, non cede alla rabbia. In modo lucido e sempre appassionato Emanuele sfoga la sua incredulità: «Io non riesco a credere che ancora, nel 2025, ci possa essere un cretino che la mattina entra e ti sventra una concessionaria. Ecco, quella è stata una vera mortificazione. Ed è quello che mi spinge ancora a credere di più. Mi spinge a cercare di far capire che in Calabria – e lo dico anche a questa gentaglia, a questi delinquenti –che se volessero, ci sarebbe anche un’opportunità per loro. Basta andarla a cercare. Basta avere la dignità di guadagnarsi uno stipendio. E basta avere la serietà di lavorare. E com’è bello la sera arrivare a casa, poggiare la testa sul cuscino e dormire. Questa gente, la notte, non dorme. Questa gente, la notte, guarda il citofono, perché ha paura della morte, dell’autobus, del tribunale, della polizia. Allora io dico: avete tante opportunità. Paradossalmente, la Calabria offre delle opportunità che altrove non ci sono. Ma non perché la Calabria sia migliore rispetto alle altre regioni. Perché la Calabria non è satura. Le altre regioni sono sature. In Calabria puoi fare tutto: puoi fare agricoltura, puoi fare turismo, puoi fare commercio, puoi fare qualsiasi cosa. È un turismo ancora inesplorato, un’agricoltura che offre spazi immensi».