Sono arrivati in gran numero, sfilando per le vie limitrofe a Palazzo Campanella con in testa un nutrito gruppo di sindaci e, immediatamente dopo, centinaia di lavoratori che ruotano attorno all’economia della Centrale del Mercure. Tre grossi e rumorosi camion hanno accompagnato la protesta dei lavoratori che con bandiere e striscioni continuano a dire “no” all’ormai famigerato emendamento Laghi che introduce il divieto di realizzare impianti di produzione energetica, alimentati da biomasse nei parchi nazionali e regionali con una potenza superiore a 10 Mw termici, imponendo anche il depotenziamento degli impianti esistenti entro sei mesi.

La questione è stata dibattuta lungamente in Sesta Commissione presieduta dalla leghista Katya Gentile che ha riunito due proposte di abrogazione provenienti dalla maggioranza e dall’opposizione, decidendo poi di aspettare l’intervento del Ministero per meglio orientarsi sul da farsi.

Intanto, a Palazzo Campanella per la seconda volta sono arrivati in massa proprio i lavoratori che ruotano attorno all’attività della Centrale, preoccupati per il loro futuro. La prima volta sono venuti a protestare il 20 dicembre scorso in occasione dell’ultimo Consiglio regionale del 2024 ed hanno ottenuto un incontro con il presidente Mancuso. Una delegazione è stata ricevuta anche oggi e l’incontro è ancora in corso.
«Siamo abbastanza preoccupati ma anche fiduciosi – dice una lavoratrice -. Vorremmo che la Centrale possa rimanere aperta anche perché compatibile con il territorio. Chiuderla significherebbe perdere molti posti di lavoro, perché la domanda è come sarebbero ricollocati… Abbiamo studiato anche per lavorare qui, che è difficile, perché è un territorio sfortunato da un punto di vista lavorativo. Chiudere significa andare anche contro il volere anche di chi come me si è trasferita dalla Toscana per lavorare in Calabria, e quindi vogliamo lavorare e speriamo bene».

Giovanbattista Benincasa, presidente di Liberi imprenditori forestali, registra come gli incontri fin qui avuti con vari esponenti politici si sono risolti in un nulla di fatto: «Se siamo qui con tutte queste persone e le aziende che hanno speso soldi per venire fin qui, e con operai che hanno perso la giornata di lavoro, perché c’è la necessità di parlare con la politica affinché si abroghi questa norma obbrobriosa che è l’emendamento Laghi. Siamo qui per chiedere ad Occhiuto di abbandonare questo ambientalismo ideologico che comunque il Governo contrasta e ritornare sui propri passi perché sarà qualcosa di tragico per l’economia calabrese e lucana».

Di situazione imbarazzante ha parlato Giacomantonio D’Angelo, di Confartigianato Cosenza: «Non riusciamo ad avere un incontro con il presidente della Regione. Qualcuno diceva che erano quattro gatti i lavoratori coinvolti dalla norma, invece oggi qui non siamo neanche il 10% della forza lavoro che la subiranno». D’Angelo ricorda che la norma comunque sarà impugnata dal Governo: «C’è un forte sconforto rispetto al silenzio del presidente della Regione. Per questo vogliamo una risoluzione immediata perché i lavoratori in questo momento sono a casa e le imprese non riescono ad andare avanti con i contratti».

Chiedono lavoro e rispetto della dignità delle famiglie, Antonella Rizzo del Consorzio Legno Valle Mercure, e Raimondo Santino direttore del Consorzio stesso: «Come consorzio abbiamo fatto molti investimenti, siamo 167 famiglie che lavoriamo tutti i giorni e che veramente perderemmo una risorsa vitale per noi».

E se il sindaco di Laino Borgo Maria Angelina Russo non ha timore di parlare di «bomba sociale» derivante dalla perdita del posto di lavoro per centinaia di operai; Giuseppe Lavia, segretario provinciale della Cisl bruzia ha definito l’emendamento Laghi come «una norma estemporanea e nociva»: «Siamo qui per difendere 60 posti di lavoro diretti e oltre mille della sola filiera di approvvigionamento della biomassa. Diciamo che sbagliare è umano ma perseverare no. E siamo noi a dire mai più il lavoro contro l’ambiente, però in questo caso non c’è nessun rischio per l’ambiente: c’è un osservatorio ambientale e l’Arpacal a certificare la salubrità dell’aria e che le emissioni sono nel rispetto dei parametri e delle normative vigenti».