Non è Natale se alle ore 21 circa su Italia 1 non parte l’ouverture delle Nozze di Figaro su una Filadelfia imbiancata. Nel nostro Paese, complice un addetto ai palinsesti lungimirante, “Una poltrona per due” di John Landis è una tradizione, come il panettone e la carta crespa sul presepe. Si può considerare l'ospite invisibile seduto alla tavola del cenone. L’opera è un classico della commedia americana dai risvolti finanziari.

L’azione principale si svolge, infatti, a Wall Street, ai tempi in cui per comprare e vendere ci si sgolava agitando dei foglietti. L’intrigo parte dalla vendetta del vagabondo Billy Ray Valentine, reso broker benestante da due anziani milionari, i fratelli Duke, che per puro spirito goliardico scambiano la vita di un accattone (Eddie Murphy) con quella del rampante rampollo Louis Winthorpe III. Ma quello che i Duke non avevano considerato era che i due uomini, alleati, molto presto li avrebbero fatti “neri”.

Dicevamo che tutto si compie all’interno del mercato di Wall Street nei rampanti 80's. In mezzo alla disputa c’è una questione di azioni da acquistare e vendere relative alla produzione di succo di arancia il cui valore è legato a un rapporto del ministero dell’agricoltura che a un passo dalla chiusura dei mercati, dirà se il raccolto è andato bene o male. Questo naturalmente influenzerà il prezzo delle arance stesse, ma chi gioca in Borsa non lo saprà fino all’ultimo. O almeno non dovrebbe.

I Duke cercano di avere in anticipo il rapporto per poter speculare in libertà ma troveranno sulla loro strada un gorilla, un prete ubriacone, Inga dalla Svezia e un giovane studente del Camerùn. Quello che accade tecnicamente in quei cinque minuti a Wall Street, non è di facile spiegazione per chi è a digiuno di certe materie perché in ballo c’è un concetto per i profani quasi fantascientifico: i futures.

Cerchiamo di capire bene il finale di questa commedia cult con l’aiuto di un esperto, il neodocente Unical di Scienza delle Finanze Vincenzo Carrieri.

Professore Carrieri, ha visto il film?
«E chi non l'ha visto. Ormai è una specie di tradizione». 

Ma negli anni 80 davvero a Wall Street si urlava tanto?
«Beh, sì. Adesso le cose sono molto cambiate ma bisogna pensare alla Borsa come a un mercato, ci si agitava alla stessa maniera».

Ma cosa c’era scritto sui quei foglietti che sventolavano? E soprattutto, con quella bolgia, i broker riuscivano a farsi sentire?
«Riuscivano, certo, non senza difficoltà. Va detto che il cinema, per sua natura, tende a esasperare certe situazioni».

Torniamo alla commedia. Una spia dei Duke cerca di avere in anticipo la relazione sulla raccolta delle arance, perché queste informazioni sono così preziose?
«Si chiama insider trading. Se io compro dei titoli che scommettono sul valore che dei beni avranno domani, e riesco per qualche ragione – come accade ai Duke –ad avere più informazioni di un altro concorrente, finirò per drogare il mercato. Così non si gioca ad armi pari e si vince facile. I Duke credono di sapere che di arance ce ne saranno poche e agiscono di conseguenza».

Per questo l'insider trading è reato, no?
«Negli Usa fino al 2010 non lo era, da quell’anno fu varata una legge ad hoc che chiamarono “Eddie Murphy’s rules” in omaggio al film, proprio per scongiurare situazioni come quelle che racconta Landis».

Andiamo alla scena “madre”. Winthorpe e Valentine sono a Wall Street, loro conoscono i veri risultati del rapporto: mentre i Duke comprano loro a un certo punto vendono. Ci spieghi.
«Partiamo da una base: il prezzo di un bene riflette la scarsità dello stesso: meno ce n’è, più vale. Se io so che c’è stata carestia di arance, presuppongo che ce ne saranno poche in giro e dunque il loro prezzo, domani, mi aspetto che sarà alto. Viceversa il contrario».

La classica dinamica di domanda/offerta.
«E ora arriviamo ai futures».

Professore, come se avessi sette anni.
«Sono delle scommesse sul valore che avrà un bene in futuro, lo dice la stessa parola. Se mi aspetto che il prezzo sarà alto allora io ne compro, se mi aspetto che sarà basso, lo vendo. Ancora più semplicemente: se io possiedo una casa quand’è che posso guadagnarci dalla vendita?»

Se la vendo a più di quanto l’ho comprata.
«Esattamente. Ora, l’operazione che si fa in Borsa, in questo caso, si chiama “vendita allo scoperto”, cioè una vendita che avviene prima dell’acquisto, come se il bene l’avessi preso in prestito».

Dunque io traffico con un bene che non ho ancora tra le mani ma di cui intuisco il destino. Una scommessa, quasi un azzardo.
«Lo vendo oggi perché domani lo comprerò a un prezzo più basso. Questi si chiamano contratti “short”».

Ma c’è una condizione.
«Che se vendi poi sei costretto a comprare, in gergo si dice “mi sono ricoperto”. Se tu hai venduto 200 chili di arance poi te le devi ricomprare. E se le ricompri a un prezzo più basso ecco che ci si guadagna».

Quindi i Duke cosa fanno?
«Comprano perché si aspettano che il prezzo sarà alto, data la carestia».

E invece...
«E invece Winthorpe e Valentine, che sanno la verità, e cioè che di arance ce ne saranno in quantità, fanno l’opposto. Quando i Duke cominciano a comprare in molti gli vanno dietro convinti che i due sappiano qualcosa, questo non fa altri che portare a un eccesso di domanda».

Fino a che…
«Fino a che Winthorpe e Valentine, quando capiscono che il prezzo è bello alto, iniziano a vendere perché sanno che compreranno a un prezzo più basso non appena uscirà il report. Così guadagneranno sulla differenza».

E i Duke finiscono sul lastrico.
«Gli altri poverini hanno comprato quando il prezzo era altissimo e hanno venduto quando il prezzo era bassissimo».

Insomma hanno perso molto più che un dollaro.
«Su qualcuno, meglio non scommettere specie se si chiama Murphy di cognome ed Eddie di nome».