Arriva in libreria il nuovo libro del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, storico ed esperto di mafia, che ormai da molti anni firma insieme al magistrato calabrese i saggi che descrivono il fenomeno mafioso in Italia e nel mondo.
“Complici e colpevoli. Come il nord ha aperto le porte alla ‘ndrangheta”, questo il titolo del nuovo volume che sarà distribuito da martedì 16 novembre.

Esplicativa la sinossi del libro, edito da Mondatori, che si apre con un virgolettato:
“«La gente ci descrive come fossimo dei mostri, delle persone senza scrupoli, come se ammazzassimo la gente così a caso. Non è vero. Sappiamo farlo quando serve. Io so essere cattivo, quando serve. Se non serve faccio la persona normale». Queste parole, pronunciate da un boss calabrese e intercettate dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano, sono rappresentative della strategia che da almeno sessant'anni le mafie mettono in campo per infiltrarsi in maniera sempre più capillare nel tessuto socio-economico del nostro Paese”.

“Oggi - continua la descrizione del libro - la criminalità organizzata non ha più bisogno di sparare, ha acquisito la capacità di muoversi sottotraccia, senza suscitare clamore o allarme, dilagando, apparentemente senza freni. In Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte, così come in Valle d'Aosta, Liguria e Trentino, le mafie raramente sono giunte con le armi in pugno. Si sono piuttosto presentate con il volto rassicurante di figure professionali in grado di offrire servizi e soluzioni a basso costo, a partire dallo smaltimento dei rifiuti fino a una sorta di welfare di prossimità, più efficace rispetto a quello spesso carente dello Stato”.

Nel loro nuovo libro, Gratteri e Nicaso, spiegano che “si tratta di un fenomeno che ormai non si può più ignorare nella sua incontestabile pervasività: i 46 locali di 'ndrangheta finora scoperti al Nord, i 5 consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose e le 169.870 imprese riconducibili a contesti di criminalità organizzata dimostrano che nessuna zona d'Italia può ritenersi impermeabile alla penetrazione dei clan”.

“Per troppo tempo – si legge ancora nella sinossi - si è voluto credere alla «metafora del contagio», come se le mafie fossero un virus che infettava territori sani. Tutt'altro. Nelle nuove realtà in cui dettano legge, hanno goduto di una lunga e colpevole sottovalutazione da parte sia del mondo imprenditoriale sia di quello politico, che hanno troppo spesso aperto loro le porte finendo per giustificarne la condotta e diventarne consapevoli complici in nome del denaro e del potere”.