di Consolato Minniti e Alessia Candito - L’ordine è perentorio: uccidere il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri.

E questa volta, stando a quanto trapela, la sentenza di morte non prevede appello. Gli investigatori avrebbero già individuato la trama del nuovo attentato ai danni del magistrato, da oltre trent’anni costretto a vivere sotto scorta.

Ma a preoccupare sono i sospetti mandanti. Non si tratterebbe di un singolo clan, ma di un sistema massonico-mafioso che adesso in Calabria si sente accerchiato dalle due Dda.

Gratteri, che con inchieste come Rinascita Scott o Thomas, come con gli innumerevoli fascicoli inviati per competenza ad altre procure, potrebbe essere il bersaglio numero uno. Con un duplice obiettivo: creare una minaccia concreta o usarla per tentare di far trasferire magistrati scomodi per ragioni di sicurezza. È questa la trama che si sospetta dietro il nuovo progetto di attentato. Ma le ragioni di preoccuparsi – filtra in alcuni ambienti – sono concrete.

Lo sanno bene i componenti del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica di Catanzaro che, solo pochi giorni fa, si sono riuniti in Prefettura con un unico punto all’ordine del giorno: alzare in maniera decisa le misure a protezione del capo della Dda di Catanzaro.

L’indicazione che giunge alle più alte istituzioni locali è particolarmente allarmante: le più temibili consorterie ‘ndranghetistiche avrebbero anche designato il killer che dovrebbe far fuori il magistrato calabrese. Per questo al Procuratore sono state date nuove macchine corazzate che permettono di garantire una più alta sicurezza anche in caso di attentato attraverso esplosivi ad alto potenziale. Ma non solo. Sono anche altre le misure adottate e che, ovviamente, rimangono riservatissime.

Il sistema massonico mafioso

Un dato appare certo: l’inchiesta Rinascita-Scott ha inferto un colpo durissimo a quel sistema massonico-mafioso che attraversa l’intera regione e che ora ha bisogno di reagire in maniera forte ed evidente. Il più classico “colpo di coda”, insomma, prima del crollo forse definitivo. Ed è per questo che Nicola Gratteri è divenuto un obiettivo da eliminare al più presto.

Il procuratore, infatti, incarna colui che, dopo decenni, ha deciso di “ficcare il naso” nei gangli vitali della ‘ndrangheta; di violare “santuari” che sembravano intoccabili ed inaccessibili. Ed è chiaro che, quanto più si alza l’asticella del livello massonico-mafioso, tanto più la reazione può divenire devastante.

Questo Nicola Gratteri lo sapeva benissimo sin da quando sulla sua scrivania vi erano i primi fascicoli di “Rinascita-Scott”. Il procuratore era cosciente che, mentre si accumulavano le deleghe alla polizia giudiziaria, c’era una moltiplicazione del rischio che vedeva proprio lui nel mirino.

Il tentativo fallito

Non è certo la prima volta che Nicola Gratteri diventa obiettivo primario delle cosche. Già in passato, come ampiamente svelato dall’inchiesta “Infectio”, il procuratore di Catanzaro doveva essere oggetto di un attentato mentre si recava a Crotone. «Ha messo tutti in galera» commentavano i fratelli Antonio e Natale Ribecco facendo comprendere quanto la ‘ndrangheta ce l’avesse con il magistrato.

Gratteri come Falcone

Emblematica, sempre in terra crotonese, l’intercettazione raccolta nell’indagine “Malapianta” del maggio scorso. «Guagliò uno di questi… uno… na botta… uno di questi è ad alto rischio ogni secondo! Un morto che cammina! Ma lui lo ha detto. Pare che non lo ha detto! Io lo so che cammino con la morte sempre sulle spalle! Eh… Falcone come è stato. Quando ha superato il limite, se lo sono cacciato!». E questa volta, forse, per quel sistema di malaffare, Nicola Gratteri il limite lo ha ampiamente superato.