Richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura di Vibo (procuratore Camillo Falvo, pm Concettina Iannazzo) per dieci indagati coinvolti nell’inchiesta che mira a far luce sulla bancarotta fraudolenta delle società “501 Hotel S.p.A”, “501 Hotel Gestione S.r.l.”, “Phoenices General Trade S.r.l.”, “Onda Verde Mare S.r.l.”, tutte facenti capo in passato alla nota famiglia di imprenditori di Vibo Valentia dei Mancini.

Bancarotta fraudolenta, in 10 a processo

In particolare, il processo è stato chiesto dalla Procura al gup nei confronti di: Saverio Mancini, 56 anni (figlio del defunto Peppino Mancini), di Vibo Valentia ma residente a Milano; Giovanni Mancini, 45 anni, di Vibo Valentia (figlio del defunto Saverio Mancini); Luigi De Paola, 81 anni, nativo di Reggio Calabria ma residente a Milano; Teresa Malfarà Sacchini, 64 anni, di Sant’Onofrio; Sergio Casati, 59 anni, di Vibo Valentia; Giuseppe Paparatto, 52 anni, di Ricadi; Pier Angelo Campi; Paolo Silva, 57 anni di Pontenure (Pc); Angelo Sabatino, 56 anni, di Vibo Valentia; Isabella Lo Riggio, 55 anni, di Vibo Valentia. L’udienza preliminare è stata fissata per il 31 marzo prossimo dinanzi al gup del Tribunale di Vibo Francesca Del Vecchio. L’inchiesta non ha nulla a che fare con l’attuale gestione del 501 hotel.

Le indagini, dirette dal procuratore Camillo Falvo e dal pm Concettina Iannazzo, eseguite dalla sezione di polizia giudiziaria – aliquota della Guardia di Finanza e dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Vibo Valentia – hanno preso in esame le procedure concorsuali che nel corso degli anni si sono concluse con la dichiarazione di fallimento delle società che avevano gestito importanti strutture ricettive della provincia vibonese (Hotel 501 di Vibo Valentia, Lido degli Aranci di Vibo Valentia, Acquapark di Zambrone).

 Gli approfondimenti informativi ed investigativi hanno permesso di ricostruire una serie di operazioni societarie e finanziarie che hanno cagionato il dissesto delle società, mediante il drenaggio e la distrazione di ingenti risorse per un ammontare di 14.903.050 euro e la conseguente creazione di una massa fallimentare per un importo di  55.759.730 euro. All’esito delle attività di indagine è stato accertato che le condotte illecite commesse avevano avuto un unico filo conduttore individuabile nella gestione finalizzata al depauperamento delle risorse economiche, da parte dei deceduti cugini Giovanni Giuseppe Mancini (cl. ‘34) e Saverio Mancini (cl. 33), che possono essere considerati gli imprenditori di “prima generazione” del gruppo societario e successivamente dai rispettivi figli, i quali, unitamente agli altri amministratori, approfittando dell’omesso controllo da parte degli organi sociali preposti, avrebbero condotto al fallimento delle società.
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