Ci sono anche due indagati a piede libero nell’ambito dell’inchiesta che ha portato in carcere Salvatore Mancuso, 29 anni, di San Gregorio d’Ippona, figlio del boss di Limbadi Giuseppe Mancuso  (cl. ’49), detto ‘Mbroghja. Si tratta di Gregorio Simonetti, 57 anni, e di Alessandro Simonetti, 23 anni, di San Gregorio d’Ippona, padre e figlio. Salvatore Mancuso è accusato di tentato omicidio ai danni di Gregorio Simonetti.

Salvatore Mancuso

Fatto risalente al 10 febbraio scorso. La vittima – Gregorio Simonetti – è quindi accusato del reato di favoreggiamento personale aggravato nei confronti di Salvatore Mancuso in quanto successivamente al tentato omicidio ai propri danni, avvenuto mediante esplosione di colpi di arma fuoco ed il danneggiamento seguito da incendio delle vetture a lui in uso, avrebbe reso ai carabinieri dichiarazioni dai contenuti omissivi e mendaci, in quanto, “nonostante fosse a  conoscenza dell’identità dell’autore dei reati ascritti a Salvatore Mancuso, lo aiutava ad  eludere le indagini volte a ricostruire la dinamica degli eventi ed inquinava le fonti di prova, sia ripulendo la scena del crimine che organizzando l’acquisizione dei sistemi di video­sorveglianza presenti in prossimità del tentato omicidio.

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Sempre Gregorio Simonetti è poi accusato di aver violato la sorveglianza speciale, utilizzando uno smartphone per la messaggistica su internet. In tal modo Gregorio Simonetti è indagato per la violazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza che prevede l’obbligo di non detenere, portare e utilizzare qualsiasi apparato di comunicazione radio-trasmittente, radar e visori notturni” e di non detenere ed utilizzare programmi informatici e altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi”.

Per Alessandro Simonetti, invece, l’accusa di favoreggiamento personale nei confronti di Salvatore Mancuso in quanto successivamente al verificarsi del tentato omicidio ai danni del padre Gregorio e l’incendio delle vetture a lui in uso, avrebbe intimato al padre di non riferire il nominativo del responsabile dei delitti di cui era stato vittima, nonché avrebbe reso a sua volta ai carabinieri dichiarazioni dai contenuti omissivi e mendaci, “sebbene a conoscenza dell’identità dell’autore dei reati”. In tal modo avrebbe aiutato di fatto Salvatore Mancuso ad eludere le indagini della polizia giudiziaria  volte a ricostruire la dinamica degli eventi, tentando di inquinare le fonti di prova, sia ripulendo  la scena del crimine che organizzando l’acquisizione dei sistemi di video-sorveglianza presenti in prossimità dei luoghi.

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