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La strada che uccide. Una lingua di asfalto che attraversa tre regioni, Calabria, Basilicata e Puglia. Il tratto calabrese è lungo 415 km. Un tracciato composito, caratterizzato dalla presenza- eccezion fatta per alcuni, brevi, tratti- di una sola carreggiata a due corsie, una per senso di marcia. Il primato che la 106 jonica si porta addosso è quello di strada più pericolosa d’Italia, già conosciuta con il macabro appellativo di strada della morte. A stabilirlo, uno studio congiunto di Aci e Istat. E non passa giorno in cui le cronache non siano costrette a raccontare i particolari dell’ennesimo scontro. L’ultimo, avvenuto appena due giorni fa nel comune di Villapiana, ha portato al decesso di una donna di trent’anni e al ferimento di altre tre persone.
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Lo scontro frontale fra i due mezzi, verificatosi in una vecchio tratto della 106 non ancora ammodernato, non ha lasciato scampo alla ragazza. La macchina accartocciata a cavallo del guardrail. L’ennesima istantanea di un lembo di strada che da anni gronda sangue. E nella giornata internazionale dedicata alle vittime della strada, non si può non chiedersi quali siano le carenze strutturali che hanno portato, solo nel 2017, al decesso di 8 persone. Il tracciato risulta in fase di ammodernamento, ma i disservizi sono all’ordine del giorno. Cedimenti, improvvisi avvallamenti nel manto stradale, crolli e conseguenti deviazioni, hanno spinto la procura di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, ad aprire un’inchiesta, che ha l’obiettivo di risalire alle reali cause dei ripetuti sfaldamenti dell’asfalto e alle eventuali responsabilità. Intanto, ai calabresi, non rimane che forzare la sorte affidandosi alla prudenza.
Loredana Colloca