Custodi e divulgatrici della pedagogia della vendetta: «Ferri e coltelli devi maneggiare, tuo padre lo devi vendicare», cantavano ai figli in fasce nella ninna nanna del piccolo malandrino. Donne diventate boss per scelta o per necessità, queste sono le loro storie
Sanguinarie, scaltre e spietate: ecco chi sono le dieci donne che divennero boss della ’ndrangheta
Sanguinarie, scaltre e spietate: ecco chi sono le dieci donne che divennero boss della ’ndrangheta
Sanguinarie, scaltre e spietate: ecco chi sono le dieci donne che divennero boss della ’ndrangheta
Sanguinarie, scaltre e spietate: ecco chi sono le dieci donne che divennero boss della ’ndrangheta
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Sanguinarie, scaltre e spietate: ecco chi sono le dieci donne che divennero boss della ’ndrangheta
Sanguinarie, scaltre e spietate: ecco chi sono le dieci donne che divennero boss della ’ndrangheta
È Chicca, al secolo Francesca Rispoli, figlia di Vincenzo considerato Rispoli considerato dagli inquirenti il boss della locale Lonate-Legnano, in Lombardia. Più volte coinvolta in inchiesta antimafia nel nord Italia. Gli inquirenti la intercettano mentre sprona i fratelli e il compagno a pestare a sangue un imprenditore a Malta che non aveva pagato alcuni lavori che la famiglia di ‘ndrangheta aveva eseguito.
Clicca sui numeri in basso per consultare tutte le schede andate in onda nella puntata di Mammasantissima - Processo alla 'ndrangheta del 28 febbraio.
Caterina Giancotti
Caterina Giancotti, 46enne da Triggiano. Definita dai magistrati della Dda di Milano come «la prima donna definita capo della `ndrangheta in Lombardia, persona di fiducia e affiancava nella direzione dell'organizzazione mafiosa coi compiti di decisione, pianificazione e individuazione delle azioni da compiere e delle strategie da adottare». Alla Giancotti, secondo la magistratura antimafia, sarebbe stato affidato il compito di sollecitare e minacciare i debitori che non pagavano. E sarebbe «più spietata degli uomini», ricorda il pm della Dda Alessandra Cerretti. Viene arrestata nel marzo 2021 con due etti di cocaina.
Rosaria Mancuso è sorella dei boss Giuseppe, Diego, Pantaleone e Francesco. La 66enne è stata condannata all’ergastolo nel processo di primo grado in qualità di mandante dell’omicidio di Francesco Vinci, ucciso con un’autobomba a Limbadi nel 2018, e il ferimento di suo padre Francesco Vinci.
Moglie del boss di Stefanaconi Fortunato Patania, Giuseppina Iacopetta detta Pina è stata condannata all’ergastolo per il suo ruolo di istigatrice nella sanguinosa faida del clan Patania contro i Piscopisani. Suo marito fu ucciso il 18 settembre del 2011 a Stefanaconi nell'ambito della stessa faida. La donna, spalleggiata dai cinque figli, ha ordinato una serie di omicidi per vendicarsi dell'assassinio del marito.
Moglie del boss di Sibari Giuseppe Cirillo e figura apicale della ‘ndrangheta nell’Alto ionio cosentino. Donna temuta e tenace Maria Luigia Albano per lungo tempo è stata un vero boss della ‘ndrangheta. Guidava il clan creato dal marito quando questi si trovava in carcere. Una sostituzione in piena regola che le dava il potere di dare ordini, partecipare ai vertici, gestire i traffici della cosca. Una ‘ndranghetista a tutti gli effetti, "battezzata", aveva percorso alcuni gradi nella scala all’interno della famiglia. Una novità assoluta nella malavita calabrese degli anni ’80 e 90.
Teresina Cerra è stata al vertice del clan Cerra-Torcasio-Gualtieri di Lamezia Terme e condannata a 10 anni di carcere per associazione mafiosa. Secondo quanto emerse nell’operazione Chimera Teresina Cerra era la mente dell’organizzazione criminale, con un controllo assoluto sulla cosca: decideva su tutte le attività illecite.
Condannata a 18 anni e 3 mesi di carcere nel processo Tramonto, Aurora Spanò è considerata dai magistrati della Dda di Reggio Calabria una figura apicale della cosca Bellocco di Rosarno, in particolare del ramo della famiglia stanziato a San Ferdinando. Compagna di Giulia Bellocco, la Spanò gestiva il centro portuale con pugno di ferro. Di lei parla anche la testimone di giustizia Stefania Secolo, che ai magistrati ha raccontato della vicenda in cui sono stati coinvolti i suoi fratelli. I due dopo avere contratto un prestito ad usura dalla Spanò si erano trovati costretti a cedere la casa di famiglia.
Ultranovantenne, Lucia Giuseppa Morgante è stata condannata all’ergastolo per concorso in omicidio insieme al nipote, nel procedimento Cosa mia, inchiesta della Dda di Reggio Calabria contro la cosca Gallico di Palmi. La Morgante è la madre degli ergastolani Domenico e Giuseppe Gallico, boss della 'ndrangheta di Palmi.
Maria Serraino è stata condannata all’ergastolo per associazione mafiosa e omicidio. Secondo gli inquirenti era a capo del clan Serraino a Milano. Soprannominata “mamma eroina”, era originaria di Cardeto, negli anni settanta era nota come la signora della Lombardia. Gran parte della sua vita l'ha trascorsa a Milano, rifornendo una delle principali piazze di spaccio con l’eroina, droga sostituita negli anni ’80 con la cocaina. Aveva creato un impero. Calcolatrice e spietata, è morta a 86 anni nel 2017.
E all’ergastolo è stata condannata anche un’altra donna di ‘ndrangheta, Nella Serpa. Mammasantissima del clan Serpa di Paola. È stata considerata ispiratrice di due omicidi ordinati per vendicare la morte del fratello Pietro Serpa, ammazzato nel maggio del 2003 nel parcheggio di un hotel posto sulla Statale 18. Chiamata “Nella la bionda” è stata a lungo sottoposta al regime detentivo speciale del 41 bis e poi ritenuta con sentenza definitiva mandante delle uccisioni di Luciano Martello e Rolando Siciliano avvenute nel luglio 2003 e nel maggio 2004 a Fuscaldo e Paola.
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