In carcere dal 31 ottobre del 1994, Michele Iannello, di San Giovanni di Mileto, ha oggi 53 anni ed è entrato nella ‘ndrangheta a 18 anni. È stato condannato definitivamente all’ergastolo per l’omicidio di Nicolas Green, il bimbo americano freddato da un colpo di pistola il 29 settembre del ’94 sull’A3. L’automobile sulla quale Nicholas stava viaggiando insieme ai genitori fu scambiata per quella di un gioielliere.

Accusato dal collaboratore Annunziato Raso, fidato killer dei Molè, degli agguati ai fratelli Chindamo di Laureana, Iannello venne arrestato nel ‘93 nell’operazione “Tirreno” del pm della Dda di Reggio, Roberto Pennisi. Scarcerato dal Riesame dopo alcuni mesi, iniziò la collaborazione con la giustizia nell’aprile del ‘95. Iannello, però, non si accusò mai dell’omicidio di Nicholas. La sua credibilità venne certificata dalla sentenza “Tirreno” e anche da quella per l’omicidio di Pietro Cosimo, un pregiudicato di Catanzaro eliminato dal gruppo di San Giovanni di Mileto su mandato dei “Gaglianesi”, guidati dal boss Girolamo Costanzo.

Assolto in primo grado dal delitto Green, condannato in Appello all’ergastolo con sentenza confermata in Cassazione e rigetto a Salerno dell’istanza di revisione e poi, nel maggio 2010 del ricorso straordinario alla Suprema Corte, Iannello ha anche oggi confermato, sollecitato dall’avvocato Michelangelo Miceli in sede di controesame, di «non aver preso parte all’omicidio di Nicholas Green insieme a Francesco Mesiano. Sono stato condannato ingiustamente – ha affermato – e per tale fatto ho sempre detto a tutti i magistrati che si poteva invece sospettare di mio fratello. Non conosco nessun collaboratore che ha scontato 20 anni di carcere. La Giustizia a me non ha regalato niente e se non collaboravo, forse uscivo prima dal carcere. Non sono stato io ad uccidere Nicholas Green».
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