Fotografa anche i rapporti ed i legami fra alcuni indagati e diversi esponenti politici, l’inchiesta “Rinascita-Scott” della Dda di Catanzaro condotta sul “campo” dai carabinieri. Un’indagine storica per numero di persone arrestate e per vicende ricostruite. Restando ai rapporti fra indagati ed esponenti politici, gli inquirenti si soffermano in primis sull’assunzione della figlia di Gianfranco Ferrante nella struttura speciale dell’allora consigliere regionale Salvatore Bulzomì. 

 

carabinieri e la Procura distrettuale, guidata da Nicola Gratteri, unitamente ai pm Camillo Falvo (attuale procuratore di Vibo), Annamaria Frustaci, Antonio De Bernardo ed Andrea Mancuso sottolineano infatti che “dalle operazioni di intercettazione e servizi sul campo emergeva che sin dal mese di settembre del 2014 – quindi tre mesi dopo l’inizio dell’irreperibilità di Luigi Mancuso – Gianfranco Ferrante si stava adoperando per il procacciamento di voti necessari per la rielezione di Salvatore Bulzomì, ascrivibile in parte anche ad un suo interesse personale, in quanto il segretariato generale del Consiglio Regionale della Calabria, con determina n.75 del 13 marzo 2014 conferiva in data 10 febbraio 2014 alla figlia Jessica Ferrante (cl. ’92), l’incarico di Responsabile al 50% della struttura dell’on.le Bulzomì Salvatore”.

 

Per gli inquirenti, inoltre, è risultato “fattivo e concreto l’impegno profuso da Gianfranco Ferrante nel procacciamento di voti in favore dell’allora consigliere regionale, Salvatore Bulzomì, candidato nelle liste del partito politico “Forza Italia” alle elezioni del Consiglio regionale della Regione Calabria del 23 novembre 2014. Certamente – sottolinea la Dda – tale impegno era finalizzato ad ovviare all’inevitabile risoluzione del contratto conseguente alla conclusione anticipata della legislatura”.

 

L’imprenditore Gianfranco Ferrante, 56 anni, di Vibo Valentia, si trova attualmente in stato di detenzione in quanto fra i principali indagati dell’operazione “Rinascita-Scott”. E’ accusato di omicidio aggravato dalle modalità mafiose (soppressione di Nicola Lo Bianco, figlio del boss Carmelo Lo Bianco, detto “Sicarro”), associazione mafiosa, tentata estorsione, usura, turbativa d’asta e concorso in intestazione fittizia di beni. In particolare, Gianfranco Ferrante (già coinvolto nel 2017 nell’operazione “Robin Hood”) è accusato di essere vicino al boss di Limbadi Luigi Mancuso.

La telefonata fra Lo Riggio e Putrino

Altro legame che emerge dagli atti dell’inchiesta “Rinascita-Scott” è poi quello fra Rino Putrino – dal maggio scorso consigliere comunale di Forza Italia a Vibo Valentia – e l’imprenditore Mario Lo Riggio, anche lui fra i principali arrestati dell’inchiesta (il Riesame ha confermato per lui la misura cautelare in carcere).

 

In particolare, nell’ambito della ricostruzione della vicenda del tentativo di acquisto del 501 Hotel da parte della società Italiantrade (di cui Lo Riggio è accusato di essere uno dei soci occulti insieme al boss di San Gregorio d’Ippona Saverio Razionale), gli inquirenti riportano l’intercettazione telefonica fra Mario Lo Riggio e Nazzareno Putrino, detto Rino, del 25 novembre 2014. I due – secondo l’informativa dei carabinieri richiamata dalla Dda – dimostrano grande confidenza (tanto che Lo Riggio si rivolge a Putrino chiamandolo “Rino caro….” e “fratello”, con quest’ultimo che si rivolge a sua volta nei confronti dell’imprenditore chiamandolo “Mario mio…”).

 

Al centro della telefonata, l’organizzazione di un evento al 501 Hotel che interessava la scuola calcio e Rino Putrino. È l’imprenditore Mario Lo Riggio a spiegare a Rino Putrino che non era possibile corrispondergli la cifra richiesta per l’evento: “Quella cifra no, perché c’è un po’ di maretta con la Curatela… perché praticamente, nel momento in cui loro se la sono aggiudicata Malara e Latassa, la curatela gli ha garantito un importo di eventi…ti dico una stupidata, ti sparo così 300 mila euro fino a fine anno. Di questi eventi, purtroppo, veritieri ce n’è 44 mila, quindi mancano all’appello 270 mila, che praticamente mette un po’ in difficoltà la gestioneperché ci sono degli investimenti da fare…eh quindi Rino credimi, anche oggi 500 euro per quella struttura sono importanti…non per l’amico Rino, però io la quota mia, non ti preoccupare che non c’è dubbio Rino…va bene? Stai tranquillo…domani sera spero di avere le idee più chiare su tutto. Te l’ho detto, come un fratello per te. Purtroppo Rino mancano 280 mila euro all’appello, credimi… siamo in grosse… sono in grosse discussioni in forma educata con la Curatela, perché alla fine hai a che fare con lo Stato e se ne fregano letteralmente, se ne fregano. Dice … “ma a nostra volta siamo stati bleffati…”, ho capito…ma voi all’asta avete messo un qualcosa di non veritiero. Va beh, non ti preoccupare Rino…in qualche manieradai…va bene? Ciao bello mio …”. Rino Putrino rispondeva quindi salutando e ringraziando l’imprenditore Mario Lo Riggio: Grazie Mario…, ti ringrazio…ciao gioia, ciao”.

Rino Putrino non è indagato

È bene chiarire che l’attuale consigliere comunale Rino Putrino non risulta indagato nell’operazione “Rinascita-Scott” e all’epoca dell’intercettazione non era indagato neanche l’imprenditore Mario Lo Riggio. Per gli uomini guidati dal procuratore Nicola Gratteri, tale intercettazione è però importante per provare che Mario Lo Riggio era uno dei soci occulti (l’altro viene indicato nel boss Saverio Razionale) della società “Italiantrade” che si era aggiudicata in un primo tempo all’asta il 501 Hotel – salvo poi decadere dall’aggiudicazione per il mancato versamento della restante quota – ed a lui si rivolgevano persone come Rino Putrino proprio per ottenere il pagamento per degli eventi da organizzare nella struttura alberghiera.

 

Per Mario Lo Riggio, 59 anni, di Vibo Valentia, il Tribunale del Riesame ha confermato la detenzione in carcere con l’accusa di associazione mafiosa. In particolare, Lo Riggio è accusato di essere alle dirette dipendenze di Gregorio Gasparro e di aver messo le sue imprese ed i suoi rapporti nel settore imprenditoriale e finanziario a disposizione della cosca Fiarè-Gasparro-Razionale, nonché di quella dei Lo Bianco-Barba.

 

Rino Putrino, invece, “viaggia” attualmente verso la “poltrona” di presidente del Consiglio comunale di Vibo Valentia, in quota Forza Italia, dopo che il precedente presidente del Consiglio, Giuseppe Muratore (anche lui di Forza Italia), si è dimesso il 30 dicembre scorso proprio per via dell’inchiesta “Rinascita-Scott”. «Non me la sento più di andare avanti. Quello che emerge dall’ultima inchiesta – ha dichiarato pubblicamente Muratore – è un quadro allarmante che riguarda anche il nostro Comune»

 

Muratore si è dimesso anche dall’incarico di semplice consigliere comunale. La conferenza dei capigruppo di maggioranza di palazzo “Luigi Razza” ha quindi lunedì scorso dato il via libera alla nomina di Rino Putrino quale nuovo presidente del Consiglio comunale. Alla riunione dei capigruppo di maggioranza erano presenti: Agostino Naso per Forza Italia; Danilo Tucci per Città Futura in sostituzione di Gerlando Termini; Raffaele Iorfida per “Rinasci Vibo”; Nico Console per l’Udc; Antonio Schiavello per Fratelli d’Italia e Lorenzo Lombardo per Forza Porto Santavenere.

Iorfida e Lo Bianco

Rino Putrino non è però il solo consigliere comunale di Vibo Valentia il cui nome spunta fuori nell’inchiesta “Rinascita-Scott”. La Dda sottolinea infatti il legame fra l’attuale consigliere comunale di maggioranza Raffaele Iorfidacapogruppo della lista “Rinasci Vibo”, e il defunto boss Carmelo Lo Bianco, detto “Sicarro”, intercettati in rapporti amichevoli e di stretta confidenza mentre si recano insieme al matrimonio di uno dei figli di Franco Barba (pure lui arrestato nell’inchiesta “Rinascita”) in compagnia anche di Gianfranco Ferrante, commentando poi (Carmelo Lo Bianco e Raffaele Iorfida) la presenza a tale matrimonio di altri mafiosi come il boss di Tropea Antonio La Rosa (pure lui arrestato nell’operazione “Rinascita”). 

 

Raffaele Iorfida non risulta indagato. All’epoca dell’intercettazione, Carmelo Lo Bianco aveva scontato una condanna per riciclaggio di denaro proveniente da due sequestri di persona compiuti nel Reggino.

Console e Vacatello 

A partire dal mese di dicembre dell’anno 2016 fino al mese di agosto 2017 – sottolinea la Dda negli atti dell’inchiesta “Rinascita” – sono state intercettate delle conversazioni telefoniche tra Antonio Vacatello e Domenico Consoleassessore al Comune di Vibo Valentia con delega al Commercio, Attività produttive e Sport, dal 24.06.2015 fino al 28.07.2017. Dalle conversazioni si è appreso come Antonio Vacatello mantiene i contatti con Console in merito a vari festeggiamenti, sagre, sfilate del carnevale che si sono tenuti a Vibo e a Vibo Marina. Tra l’altro nelle varie conversazioni – hanno evidenziato gli inquirenti – i due interlocutori si sono dati appuntamento per vedersi personalmente e parlare di persona”.

 

Antonio Vacatello è stato arrestato nell’inchiesta “Rinascita – Scott” con l’accusa di associazione mafiosa ed in particolare di essere un capo ‘ndrina a Vibo Marina in strettissimo collegamento con il locale di ‘ndrangheta di Zungri guidato dagli Accorinti. All’epoca delle conversazioni con l’allora assessore Domenico Console (non indagato) – oggi consigliere comunale di maggioranza e capogruppo della lista “Con Vibo per Vibo” –, Antonio Vacatello era ben noto alle cronache per vari procedimenti penali che l’hanno visto protagonista. Fra gli indagati dell’inchiesta “Rinascita” vi sono inoltre pure alcuni familiari di Vacatello.

Giovanni Giamborino ed i politici

Anche Giovanni Giamborino di Piscopio, dipendente del Comune di Vibo sospeso dopo l’arresto, stando all’inchiesta “Rinascita” poteva vantare legami e rapporti con esponenti politici di primo piano. È lui stesso a spiegarlo nel corso di alcune intercettazioni dove rimarcava all’interlocutore di essere riuscito a riprendere i lavori (in precedenza bloccati) per la costruzione di un immobile nei pressi dell’ospedale di Vibo vincendo le “resistenze iniziali dell’allora sindaco Nicola D’Agostino”. 

 

In una conversazione con il boss Saverio Razionale, Giovanni Giamborino “racconta di esserci riuscito – sottolineano i magistrati della Dda di Catanzaro – grazie all’intervento di Bevilacqua Franco, cioè il senatore Bevilacqua Francesco che, insistendo per suo conto, aveva alla fine convinto l’allora sindaco di Vibo Valentia Nicola D’Agostino, permettendogli di ottenere una concessione edilizia di 450 metri a fronte di quella del vecchio progetto che era pari a 230 metri”.

Gli elogi di Giovanni Giamborino

Sempre nei dialoghi intercettati (questa volta con il cugino Pietro Giamborino, attualmente agli arresti domiciliari), Giovanni Giamborino – in carcere per associazione mafiosa e ritenuto uomo del boss Luigi Mancuso – spiegava che il “merito dell’aver ottenuto la concessione edilizia era stato di Franco Bevilacqua e Nicola D’Agostino sottolineando che il primo aveva insistito nel presentarlo all’assessore Nico Donato”.

 

Giovanni Giamborino, spiega ancora la Dda, “elogiava poi D’Agostino Nicola, definendolo “un signore” in quanto, dopo averlo convocato, gli aveva fatto presente che avrebbe dovuto depositare le carte entro il 31 dicembre 2014 dovendo spostare la Teti, cioè la dott.ssa Teti Adriana, per nominare il comandante, cioè Nesci Filippo”. Giovanni Giamborino nel “riportare le parole di Nicola D’Agostino, raccontava che quest’ultimo gli aveva garantito che fino a quanto ci sarebbe stata la dott.ssa Teti avrebbe potuto aiutarlo; proprio per tale ragione Giovanni Giamborino gli aveva chiesto di posticipare la nomina del comandante, cioè Filippo Nesci, ai primi del mese non riuscendo a depositare per quella scadenza”.


È bene sottolineare che l’ex senatore Bevilacqua, l’ex sindaco D’Agostino, l’ex assessore Donato e la dirigente Teti non risultano allo stato indagati nell’operazione “Rinascita-Scott”. Rilevano però per gli inquirenti i dichiarati legami con Giovanni Giamborino, una delle figure principali dell’intera inchiesta. E le “sorprese” dell’inchiesta “Rinascita-Scott” non finiscono qui…