Nella nuova udienza il collaboratore di giustizia ha svelato episodi inediti. La pistola puntata in testa a un componente della famiglia di Limbadi, l’erede “scomunicato” e le carte giudiziarie portate a casa del boss
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Nuova udienza dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia (presidente Brigida Cavasino, a latere i giudici Gilda Romano e Claudia Caputo) per l’esame del collaboratore di giustizia Emanuele Mancuso nel maxiprocesso Rinascita-Scott. Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, il collaboratore ha svelato diversi episodi inediti in ordine a gerarchie e ruoli all’interno del clan Mancuso.
“Le persone più vicine a mio zio Luigi Mancuso erano Gaetano Molino, marito di Silvana Mancuso – figlia di Giovanni Mancuso -, e Pasquale Gallone che ne hanno gestito la latitanza e si interfacciavano con gli altri clan. Nella rete di copertura di Luigi Mancuso c’erano pure Giuseppe Rizzo, detto Peppe mafia, Giovanni Rizzo ed Emanuele La Malfa, quest’ultimo volto pulito della rete di protezione di Luigi Mancuso”.
Fra gli imprenditori vicini a Luigi Mancuso, il collaboratore ha indicato Gianfranco Ferrante del Cin Cin bar “che pure io conoscevo e lo vedevo spesso appartarsi per parlare con Vincenzo Spasari ed Emanuele La Malfa. Il locale è vicino all’ospedale di Vibo, ospedale – ha dichiarato Emanuele Mancuso – che mi risulta sotto il controllo dei Lo Bianco, dei Barba e dei Pugliese detti Cassarola”. Il collaboratore ha quindi ricordato che in occasione dell’arresto di Gianfranco Ferrante nell’operazione “Robin Hood”, Luigi Mancuso avrebbe spiegato che “occorreva urgentemente ed a tutti i costi far in modo di far uscire dal carcere Gianfranco Ferrante che era un uomo di mio zio Luigi – ha spiegato Emanuele Mancuso – ed aveva avuto in precedenza dei problemi con i Piscopisani, che non volevano pagare nel suo locale e si dimostravano arroganti. Altre persone vicine a Luigi Mancuso erano Totò Prenesti, detto Yo-Yo, ed i fratelli Piccolo figli di Roberto Piccolo. Luigi Mancuso aveva in particolare dato incarico a Prenesti ed ai Piccolo di uccidere Salvatore Morelli di Vibo in quanto quest’ultimo si era permesso di chiedere l’estorsione alla Latteria del Sole”. Fra gli imprenditori vicini ai Mancuso, il collaboratore ha indicato anche l’imprenditore edile di Filandari e San Calogero Antonio Prestia, “padre di Carmine Prestia”, Pasquale Tavella “che si occupava di macchine”, “Antonio Tomeo proprietario di una pescheria di Nicotera, intimo con Pantaleone Mancuso, Scarpuni, e Pantaleone Mancuso, l’Ingegnere”, Francesco Vardè, imprenditore edile di Nicotera, poi i commercianti Mario e Maurizio Artusa, ritenuti vicini a Cosmo Michele Mancuso, e “l’avvocato Vincenzo Renda che ha favorito la mia famiglia con la vendita del pane all’Eurospin”. Quindi i riferimenti a Michael Pugliese della Latteria del Sole “che faceva vendere anche lui il pane alla mia famiglia, mi cambiava gli assegni – ha ricordato il collaboratore – e lo vedevo spesso parlare con Vincenzo Spasari. Alla Latteria venne compiuta una rapina, ma dopo un paio di giorni i soldi vennero interamente restituiti con tanto di scuse. Che la Latteria fosse di Luigi Mancuso me lo disse Alex Prestanicola. Lo stesso Prestanicola, che gestiva bische clandestine e investiva soldi in bar e pasticcerie, mi informò del grande legame che c’era fra Saverio Razionale e Luigi Mancuso”.
Michele Fiorillo e la pistola puntata alla testa di Domenico Mancuso
Nell’ambito delle tensioni fra i Piscopisani ed i Mancuso, il collaboratore ha ricordato uno specifico episodio. Tutto sarebbe accaduto con uno scontro al 501 hotel di Vibo Valentia. “I Mancini, Peppino e Saverio, proprietari del 501 hotel – ha raccontato Emanuele Mancuso – erano vicini a Luigi Mancuso ed a Peppe Mancuso detto ‘Mbrogghja. In un’occasione al 501 Hotel, Michele Fiorillo dei Piscopisani, detto Zarrillo, diede una sberla a Nunzio Manuel Callà. Nei giorni successivi, io, mio cugino Domenico Mancuso detto The Red, e Callà ci siamo recati a Piscopio, mentre alcuni di Piscopio si sono recati a Nicotera. Alla fine ci fu un incontro a Soriano fra me – ha ricordato Emanuele Mancuso – Fiorillo e mio cugino The Red. Michele Fiorillo tirò fuori una pistola e la puntò alla testa di Domenico Mancuso, The Red, con quest’ultimo che lo sfidava dicendogli: “Spara se hai coraggio, spara…”.
A non far degenerare la situazione in tale occasione, secondo Emanuele Mancuso, ci avrebbe pensato un tale D’Amico di cui non ha però ricordato il nome. “Dopo un paio di giorni – ha spiegato ancora il collaboratore – mi diede appuntamento in un bar di Vibo Pino Barba, detto Presa, e lì arrivò pure Michele Fiorillo e la discussione terminò. L’astio di Michele Fiorillo verso i Mancuso era dovuto al fatto che Giuseppe Mancuso, detto ‘Mbrogghja, avesse fatto sparare Giuseppe Fiorillo, padre di Michele, facendolo finire sulla sedia a rotelle”. Il riferimento è all’agguato a Briatico del 1995 in cui rimasero feriti Saverio Razionale di San Gregorio d’Ippona e il suo accompagnatore Giuseppe Fiorillo di Piscopio. Agguato il cui autore materiale sarebbe stato Roberto Soriano (poi vittima della “lupara bianca”, secondo l’accusa, proprio da parte di Saverio Razionale) su mandato del boss Giuseppe Mancuso (cl. ’49), alias ‘Mbrogghja.
L’erede di Giovanni Mancuso ed un figlio “scomunicato”
Emanuele Mancuso ha poi fatto riferimento alla figura di Giuseppe Mancuso (cl. ’90), imputato in Rinascita-Scott e figlio di Giovanni Mancuso (cl. ’41). “E’ lui l’erede del padre ed era lui – ha ricordato Emanuele Mancuso – a praticare l’usura in assenza del padre detenuto. Prestava soldi ad usura ad un certo Marasco di San Nicola de Legistis, ed era uno dei nipoti preferiti di Luigi Mancuso, fratello di Giovanni. Marco Mancuso, fratello di più grande di Giuseppe, era stato scomunicato dal padre Giovanni poiché Marco si era messo con una donna già sposata. Giovanni Mancuso era molto importante nella mia famiglia anche perché aveva beni e terreni a non finire. Si diceva, e lo diceva anche mio padre, che Giovanni Mancuso ed i fratelli Antonio Mancuso e Pantaleone Mancuso, detto Vetrinetta, facessero parte della massoneria e riuscissero a decidere chi far arrestare dalla polizia. Luigi Mancuso veniva invece visto quasi come un Dio, una mente geniale”.
Le carte giudiziarie consegnate ai Mancuso
Emanuele Mancuso ha poi raccontato che l’avvocato Francesco Stilo in un’occasione si recò a casa del futuro collaboratore consegnando a Pantaleone Mancuso, detto “l’Ingegnere”, un fascicolo processuale contenente informative di reato nei confronti dello stesso Emanuele Mancuso e diverse intercettazioni ambientali. “L’avvocato non disse come aveva avuto le carte, ma ricordo che in altra occasione venne a parlare con mio padre di investimenti turistici che volevano fare nella zona alcuni soggetti russi. Mio padre mandò quindi l’avvocato da Antonio Mancuso e da Pantaleone Mancuso, detto Vetrinetta, in quanto – ha aggiunto il collaboratore – erano i massoni della famiglia”.