Si stringe il cerchio attorno ai mandanti dell'omicidio dell'avvocato Francesco Pagliuso e del ferroviere Gregorio Mezzatesta. Il primo ucciso nell'agosto del 2016 all'ingresso della sua abitazione di Lamezie Terme e il secondo freddato in pieno centro a Catanzaro. Dopo aver individuato l'esecutore materiale dei due efferati omicidi, la direzione distrettuale antimafia di Catanzaro delinea il contesto criminale nell'ambito del quale le due esecuzioni sono maturate.

 

La scissione delle famiglie

Con l'operazione scattata all'alba di questa mattina denominata non a caso denominata Reventinum e condotta dal nucleo investigativo dei carabinieri di Catanzaro si tracciano i rapporti di forza tra le due famiglie - quella degli Scalise e dei Mezzatesta - radicate a cavallo tra Soveria Mannelli e Decollatura. Le due contrapposte cosche nate dalla scissione del gruppo storico della Montagna avviene, secondo la ricostruzione degli inquirenti, nel 2001 con l'attentato subito da Pino Scalise. Momento storico in cui si affrancano dalle più note e influenti cosche lametine degli Giampà e degli Iannazzo-Cannizaro-Daponte cominciando ad operare con maggiore autonomia contendendosi il controllo del territorio. Le investigazioni svolte hanno consentito di ricostruire gli affari attorno cui orbitavano gli interessi delle due cosche: le costruzioni e la movimentazione terra. Ed è proprio nell'ambito di queste attività che è stato inquadrato anche un attentato incendiario avvenuto nell'agosto del 2017. ll danneggiamento di un capannone riconducibile ad una ditta operante nel settore del commercio di legname è stata, infatti, attribuita dagli inquirenti a Luciano Scalise e a Angelo Rotella, ma non per finalità estorsive ma per avvantaggiare una società concorrente e favorita dalla cosca.

 

Il sequestro di Pagliuso

Tra i reati contestati figura l'associazione mafiosa ma anche il sequestro di persona e la violenza privata per un episodio che ha visto coinvolto, due anni prima del suo omicidio, Francesco Pagliuso. L'avvocato lametino fu incappucciato, condotto con la forza da Lamezia Terme in una zona montana del Reventino, legato e costretto a stare dinnanzi ad una buca scavata con un mezzo meccanico. Pagliuso all'epoca difendeva Daniele Scalise, e secondo la ricostrizione degli inquirenti, fu proprio il padre Pino a decidere il sequestro dell'avvocato accusato di aver commesso errori nella linea difensiva del figlio.

 

La donna del boss e l'immagine della Madonna di Polsi

Durante le perquisizioni che si sono estese anche in Piemonte i carabinieri del nucleo investigativo hanno, inoltre, rinvenuto all'interno dell'abitazione di Ionela Tutuianu, compagna del capocosca Domenico Mezzatesta, denaro contante del valore di 130mila euro. Secondo gli investigatori era proprio lei a garantire la leadership del boss, attualmente detenuto e condannato per l'omicidio di Francesco Iannazzo e Giovanni Vescio, avvenuto nel bar Reventino nel gennaio del 2013. La donna si sarebbe occupata di recapitare i messaggi ai sodali del boss. Indosso ad uno degli odierni fermati è stato infine rinvenuta l'immagine della Madonna di Polsi indicativa, per gli inquirenti, dell'adesione a codici  'ndranghestici.

 

Luana Costa

 

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