Colpo di scena stamane a Catanzaro dinanzi alla Corte d’Appello. Il procuratore generale ha infatti rinunciato all’appello della sentenza del processo “Golden House” che il 14 gennaio 2012 aveva mandato assolti “perché il fatto non sussiste”, gli imputati: Giacomo Consoli, all'epoca dirigente del settore Urbanistica del Comune di Vibo Valentia; Gioele Paolo Pelaggi, progettista di uno dei complessi residenziali sequestrati ed in corso di realizzazione a Vibo Marina; Francesco Mirabello e Pietro Naso, costruttori e richiedenti delle concessioni edilizie al centro dell'impianto accusatorio costruito dalla Procura di Vibo Valentia guidata all’epoca dal procuratore Mario Spagnuolo.

 

La rinuncia all’appello da parte del procuratore generale, che ha ritenuto corrette le motivazioni dei giudici di primo grado del Tribunale Collegiale di Vibo Valentia (presieduto all’epoca dal giudice Cristina De Luca, a latere i giudici Manuela Gallo ed Alessandro Piscitelli), ha quindi fatto divenire le assoluzioni definitive, con la sentenza assolutoria passata così in giudicato.

 

Si sgonfia dunque definitivamente l’inchiesta “Golden house” che non poco clamore aveva suscitato nel 2009 con un’operazione definita dalla Procura di Vibo Valentia fra le più importanti mai compiute nel Vibonese. Nulla dell’impianto accusatorio ha retto al vaglio dei giudici. Nessun abuso d'ufficio e nessun abusivismo edilizio in concorso. Nessuna violazione di norme in materia ambientale per la realizzazione di due strutture residenziali in fase di ultimazione nei territori di Vibo Marina e Bivona, frazioni di Vibo Valentia, territori colpiti dall'alluvione del 3 luglio 2006. Gli immobili erano stati sequestrati dalla Guardia di finanza nel febbraio 2009.

 

La requisitoria del procuratore Spagnuolo. Al termine della requisitoria di primo grado, l’allora procuratore di Vibo Valentia, , Mario Spagnuolo, aveva chiesto per gli imputati pene per complessivi 6 anni ed 8 mesi di reclusione così ripartiti: 2 anni e 6 mesi per l'architetto Giacomo Consoli, accusato di abuso e omissione d'atti d'ufficio; un anno e 6 mesi ciascuno per Gioele Pelaggi e Francesco Mirabello, sempre per abuso d'ufficio; un anno e 2 mesi di reclusione per Pietro Naso, pure lui accusato di abuso d'ufficio. A tutti gli imputati, l'accusa contestava anche il concorso in abusivismo edilizio per il quale il procuratore aveva chiesto, come pena contravvenzionale, 2 anni di arresto e 80 mila euro di ammenda per ciascun imputato.

 

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