VIDEO | Sette gli indagati dalla Dda reggina, tra i quali figura un funzionario già arrestato nell'ottobre 2022
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Avrebbero alterato dei controlli per favorire la 'ndrangheta nel traffico di droga. Con questa accusa sono stati arrestati due funzionari dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in servizio presso l'ufficio di Gioia Tauro.
In carcere sono stati portati i funzionari dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli Antonio Pititto, di 60 anni, residente a Mileto, addetto al controllo scanner, e Mario Giuseppe Italo Solano, di 51 anni, residente a Limbadi, in servizio all'ufficio antifrode, fino al 2021 addetto al "controllo scanner" e successivamente alla "visita merci". Ai domiciliari è stata posta Elisa Calfapietra, di 36, residente a Gioia Tauro.
I finanzieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria - con il supporto operativo dello Scico e con la collaborazione di Europol e della Dcsa - hanno dato esecuzione al provvedimento che dispone la custodia cautelare in carcere nei confronti dei due soggetti e gli arresti domiciliari nei confronti di una dipendente di una società di spedizione che sarebbero coinvolti in un traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravato dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta. Le misure sono state disposte dal gip presso il Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, guidata da Giovanni Bombardieri.
Sono complessivamente 7 i soggetti indagati dalla Dda reggina, con il supporto di Eurojust, tra i quali figura anche un terzo funzionario doganale, già tratto in arresto nel corso di una distinta e convergente operazione svolta, nel mese di ottobre 2022, dal medesimo Reparto.
In particolare, secondo l'accusa i funzionari avrebbero fatto parte di un sodalizio criminale, ora disarticolato, costituito dal responsabile di una ditta di spedizioni, da portuali infedeli e dai referenti delle principali cosche di ‘ndrangheta operanti nell’area della “piana di Gioia Tauro”.
Nel dettaglio, i doganieri, in servizio in punti nevralgici del dispositivo di controllo, quali il controllo scanner e quello “visivo” mediante apertura dei container, avrebbero consentito l’uscita dal porto di ingentissimi quantitativi di cocaina mediante l’alterazione degli esiti delle ispezioni o l’omessa rilevazione di anomalie nei carichi controllati.
Tra i documenti rinvenuti dai finanzieri figurano anche precise istruzioni, fornite dai funzionari doganali, su come i narcos sudamericani avrebbero dovuto collocare i panetti di cocaina all’interno dei carichi di copertura, al fine di ridurre sensibilmente la possibilità che questi venissero individuati nel corso degli ordinari controlli. Peraltro, laddove il carico fosse stato comunque scoperto, gli stessi doganieri avrebbero provveduto a fornire all’organizzazione i relativi verbali di sequestro al fine di giustificare la perdita del narcotico, evitando in tal modo il pagamento di quanto pattuito.
Inoltre, uno dei funzionari doganali si sarebbe preoccupato di avvertire i sodali in merito ad eventuali operazioni condotte dalle “Fiamme Gialle”, con l’intento di evitarne l’arresto. Le indagini, condotte anche con la collaborazione di personale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, hanno, inoltre, consentito di ricostruire il coinvolgimento del richiamato personale dell’ADM in 5 importazioni di stupefacente, realizzate tra giugno 2020 e ottobre 2022, per oltre 3 tonnellate di cocaina, delle quali 2,7 intercettate dai finanzieri e sottoposte a sequestro.