Per i giudici del tribunale catanzarese, che riconoscono per l'indagato il solo reato di falso ideologico, non ci sarebbe né pericolo di reiterazione del reato né la propensione a delinquere
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Gianfranco Ramundo, sindaco di Fuscaldo, viene arrestato e tradotto in carcere lo scorso 5 novembre a seguito dell'operazione Merlino, che vede indagate 14 persone in tutto e porta alla luce presunti episodi di corruzione dentro e fuori il municipio fuscaldese. Ma undici giorni più tardi il Tribunale del Riesame di Catanzaro ne ordina la scarcerazione immediata.
Le motivazioni della decisione sono state rese note nelle scorse ore e sembrerebbero alleggerire la posizione dell'indagato, nell'inchiesta accusato di falso ideologico, per avere attestato fatti non corrispondenti al vero in relazione alla gestione del depuratore cittadino, e turbativa libertà del procedimento di scelta del contraente, per aver alterato il procedimento relativo all'affidamento dello stesso impianto.
Le motivazioni del Riesame
Il Riesame rimette Gianfranco Ramundo in libertà perché non esiste pericolo di reiterazione del reato (il Riesame ne contesta uno soltanto, ndr) e non c'è nell'indagato una propensione a delinquere. I giudici Cappai, Ferraro e De Salvatore, smontano in larga parte le accuse del Pm della procura di Paola perché «le contestazioni a carico del Ramundo non hanno trovato sufficiente riscontro in atti, se non in parte».
Nessun contatto tra Ramundo e la società Impec
I giudici del Riesame sono fermamente convinti che all'atto della scelta dell'affidamento, non ci sarebbe stata nessuna influenza, né concertazione preventiva. A dimostrarlo sarebbe l'assoluta mancanza di «contatti di qualunque tipo tra il Ramundo e soggetti riconducibili alla società Impec, né tantomeno tra altri soggetti». In altre parole, non si evince nessun inquinamento nella scelta della ditta affidataria del depuratore.
Le ombre sulle delibere
Per quanto attiene invece il falso ideologico, i magistrati ritengono che «le argomentazioni difensive non siano idonee ad escludere, se non in parte, il giudizio di gravità indiziaria a carico del Ramundo».
In sostanza, il Collegio ritiene che se è vero che Ramundo non intendesse in alcun modo favorire indebitamente la società Impec, è altrettanto vero che ai fini della sussistenza del dolo «è sufficiente che il Ramundo abbia avuto la consapevolezza che il presupposto richiamato nelle ordinanze da lui emesse, ovvero la predisposizione della documentazione necessaria per la gara pubblica, non fosse vero». La circostanza sarebbe emersa durante una intercettazione, la quale attesterebbe la consapevolezza del sindaco circa l'inidoneità dello strumento dell'ordinanza e della illegittimità della proroga riguardante l'affidamento.
Le conclusioni
«Tanto premesso - osserva in ultimo il Collegio - gli unici fatti in ordine ai quali è stata raggiunta la soglia della gravità indiziaria sono le ipotesi di falso ideologico riferite alle ordinanze sindacali emesse negli anni 2012 e 2013, con esclusione di quelle per le quali il GIP aveva negato l'applicazione della misura cautelare in ragione della già intervenuta prescrizione del reato».
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