I verbali di Andrea Beretta, capo ultrà pentito che ha guidato la Curva Nord interista, riscrivono una delle intercettazioni clou dell’inchiesta Doppia Curva, che ha svelato il tentativo della ’ndrangheta di scalare San Siro. Il personaggio chiave, Antonio Bellocco, rampollo del clan di Rosarno, è stato ucciso proprio da Beretta il 9 settembre 2024. Da quello che “Berro” racconta ai pm della Dda di Milano, la comparsa di quello che sarebbe diventato il suo (e di Marco Ferdico) socio negli affari criminali del tifo sarebbe stata più recente di quanto finora creduto. Osservazione che aggiunge un nuovo tassello alla storia e introduce nuovi personaggi nel progetto di infiltrazione mafiosa sugli spalti della Scala del calcio. Personaggi, va da sé, tutti calabresi e ancora misteriosi. I verbali, però, contengono decine di pagine omissate.

«Lo “spacchioso calabrotto” non era Bellocco»

Andiamo con ordine e ripartiamo da una delle intercettazioni più note dell’inchiesta. Il passaggio è dirimente: stando alle indagini della Squadra Mobile di Milano il 12 novembre del 2022, qualche settimana dopo l'omicidio di Vittorio Boiocchi, capo storico della Nord dell'Inter, «si è avuto percezione dei cambiamenti in corso» nell'ambiente quando le intercettazioni fecero scoprire «la comparsa sulla scena di un soggetto, di origini calabresi, definito “spacchioso (arrogante, ndr) calabrotto”». La definizione si deve a uno dei capi ultrà in corsa per raccogliere l’eredità di Boiocchi. Per tutti quello «spacchioso calabrotto» era proprio Antonio Bellocco, arrivato in Lombardia per garantire appoggio agli amici Ferdico e Beretta. Bellocco in effetti lo farà ma qualche tempo dopo. Lo stesso Beretta, infatti, spiega che il rosarnese in quel chiarimento del 12 novembre 2022 non c’era.

«Il 12 - osserva un ufficiale di polizia giudiziaria che partecipa all’interrogatorio - c’era stato un incontro dove, dalle attività tecniche, è emerso che c’era Ferdico con un calabrese spocchioso».

«Ma non c’era Antonio, però», risponde Beretta.

L’incontro con «il parrucchiere» legato a Ferdico

«Appunto, chi era questo calabrese spocchioso?», incalza il pubblico ministero.

«Era quello che vi dicevo ieri - risponde l’ex capo ultrà - con la barba. Lo chiamavano “il parrucchiere”, so che c’aveva a che fare con Marco (Ferdico, ndr) a livello di movimentazione di stupefacenti, però so che questo qui ha delle attività, appartiene a una famiglia adesso non mi ricordo se Morabito o Mancuso, io mi confondo sempre con ‘sti due nomi, però appartiene a qualche famiglia di queste qui? 100%. E siamo andati con lui da Bosa, solo che… non c’era».

Bosa è il capo degli Irriducibili, gruppo che - dopo la morte di Boiocchi - insidia il trono del suo ex delfino Beretta. Questo calabrese non avrebbe risolto il problema. Lo farà successivamente proprio Bellocco. Gli Irriducibili, tuttavia, non smetteranno di fare pressioni per rientrare in gioco dopo essere stati allontanati. Avrebbero tentato un approccio proprio con il rampollo della cosca di Rosarno: quei contatti sarebbero diventati motivo di frizione tra Bellocco e Beretta. Che si sempre costantemente sotto attacco: gli Hammer avrebbero cercato «sempre il contatto con lui, con Antonio Bellocco, perché avevano capito che io ormai ero allo scontro… non potevano venire da me a dire “Cerchiamo di…! perché loro cercavano di aggirarmi, no? Di insinuarsi, aggirandomi, attraverso di lui, capito?».

Le minacce del «vecchio»: «Era un Morabito o Mancuso, uno dei due»

Bellocco inizialmente li respinge ma i tentativi continuano perché le conoscenze del loro capo «nel mondo della criminalità» non sono poche. Beretta li chiama i «paesani»: sono calabresi che nuotano nel magma criminale di Milano. Nel caso della Curva Nord dell’Inter si muovono per raggiungere accordi criminali ed evitare che le tensioni esplodano. Messaggeri con insegne dei clan di ’ndrangheta. Beretta dice di non aver mai partecipato agli incontri tra Bellocco e i «paesani». Semmai, subisce qualche minaccia esplicita da parte di un «vecchio». Una figura che resta anonima nei verbali ma pare interessare molto i magistrati antimafia. «Io ho incontrato una volta lo stesso vecchio che è venuto al centro sportivo da me a minacciarmi, e anche lì si era messo di mezzo Antonio. A Pioltello, in un bar di Pioltello abbiamo fatto questo incontro, che sono venuti questo vecchio qui e altri due soggetti che non avevo mai visto e Antonio si è messo lui a parlare con questi qui e noi eravamo fuori ad aspettare». I messaggeri «sono arrivati e c’avevano un X6, delle macchine nere». L’incontro, ricorda Beretta, avviene nel periodo estivo: lui non partecipa, sa soltanto «che erano calabresi: 100%». Che famiglia? «Famiglia secondo me sono sempre quelli lì che girano in Milano: Mancuso, Morabito». E il vecchio?, chiede l’ufficiale della polizia giudiziaria. «Il vecchio, quando era venuto al centro sportivo, io l’ho percepito che era Mancuso o Morabito, uno dei due, un vecchio appartenente a queste robe qua». Per uno come Beretta cambia poco, sono nomi comuni di ’ndrangheta: per i magistrati antimafia, invece, un cognome può mutare radicalmente lo scenario. E il vecchio, per ora, rimane nell’ombra.