Sei persone sono state fermate a Torino e nell'area metropolitana con l'accusa di associazione mafiosa, ricettazione, estorsione aggravata e detenzione illegale di armi. L'operazione, denominata Factotum, della guardia di finanza del capoluogo piemontese, con il supporto del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata di Roma, sotto il coordinamento e su disposizione della Direzione distrettuale antimafia torinese, guidata dal procuratore Giovanni Bombardieri, ha portato all'esecuzione del provvedimento di fermo degli indagati, grazie ad accertamenti compiuti anche attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti e attività di osservazione.

Il blitz è scattato all’alba e nel mirino dei finanziari è finito anche Francesco D’Onofrio, poco più di 60 anni, originario di Mileto, in provincia di Vibo Valentia e considerato organizzatore della ‘ndrangheta in Piemonte. D’Onofrio, citato ancora oggi in diversi importanti processi di ’ndrangheta in corso in Calabria, è uno dei principali indagati nel blitz. Insieme a lui altre 5 persone sono finite in manette. Tutte a vario titolo con le accuse di associazione di stampo mafioso, estorsione (aggravata dal metodo mafioso) e traffico di armi. Le attività investigative hanno consentito agli inquirenti di scoprire il sodalizio legato alla 'ndrangheta, radicato in particolare nella zona di Carmagnola, dedito alla 'protezione', recupero crediti, intermediazione di manodopera e ingerenza nei rapporti tra imprese del settore edile, operai, sindacati di categoria e cassa edile.

Nella rete anche un sindacalista degli edili

Tra gli indagati c'è anche un sindacalista del settore edile. D’Onofrio, invece, avrebbe «promosso, favorito e partecipato a incontri tra associati di diverse articolazioni calabresi e piemontesi per intese, alleanze, spartizioni del territorio, richieste di interventi di mediazione o recupero crediti, regolamentazioni di rapporti tra associati e articolazioni, autorizzazioni a commettere delitti». Sarebbe ancora stato «il riferimento per appartenenti alla criminalità organizzata comune che intendevano ottenere avallo per la propria attività delittuosa. Egli risulta aver esercitato il proprio ruolo anche sovraintendendo alle attività dei partecipi del sodalizio carmagnolese nel settore dell’edilizia, e poi aver assicurato i sostentamenti finanziari per le spese legali degli associati e le loro famiglie».

Protezione a imprenditori

Dalle indagini sarebbe ancora emerso «che la ‘ndrangheta, grazie all’opera di due ulteriori destinatari del fermo, ha fornito sul territorio di Carmagnola protezione a imprenditori nel corso di dissidi con altri operatori economici. Tale servizio di protezione veniva remunerato con somme di denaro riscosse e successivamente destinate agli associati». A uno degli arrestati è contestato anche di essersi «adoperato per fornire sostegno finanziario e assistenza logistica a favore del latitante Pasquale Bonavota», ritenuto appartenente di spicco dell’omonima cosca del vibonese arrestato poi a Genova più di un anno fa dopo una lunga latitanza.