«Improvvisamente, dopo 42 anni di vita vissuta nel rispetto della legge, dello Stato, della famiglia, del prossimo, dei cittadini… mi ritrovo accusato di voto di scambio politico mafioso in Calabria senza aver mai aver incontrato mafiosi o fatte promesse o effettuato raccomandazioni». A scriverlo è il senatore di Forza Italia Marco Siclari, a poche ore dalla conclusione dell’inchiesta, denominata "Eyphemos", che lo accusa di avere stretto un patto politico-mafioso con la potente cosca Alvaro di Sinopoli. Le accuse della procura antimafia di Reggio Calabria, che ha coordinato l’inchiesta condotta dalla squadra mobile della città dello stretto, sono molto serie.

 

La versione del giudice

A andarci giù pesante, però, è soprattutto il gip che ha emesso l’ordinanza nella quale il parlamentare azzurro rischia di essere arrestato, qualora il Senato desse il via libera alla richiesta dei magistrati reggini. Figura centrale nell’inchiesta è Domenico Laurendi, il rappresentante degli Alvaro a Sant’Eufemia d’Aspromonte, l’uomo che i politici avrebbero corteggiato per ottenere l’appoggio alle elezioni dei “signori della montagna”. A lui si rivolge Antonino Creazzo per blindare l’elezione di suo fratello Domenico al Consiglio regionale; lo stesso avrebbe fatto il medico Giuseppe Galletta in favore di Siclari.

 

Politici col cappello in mano

«Consapevole dell'importanza di poter contare in seno ad amministrazioni comunali, regionali e finanche nel massimo consesso parlamentare – scrive il gip di Reggio Calabria - su uomini titolari di rapporti "di debito" con la `ndrangheta, Laurendi Domenico cura personalmente e direttamente le relazioni con i politici. Ed è il mondo politico che, nella piena consapevolezza della caratura criminale del Laurendi, della sua affiliazione agli Alvaro e della sua notoria capacità di garantire un notevole bacino di voti, all'indagato ed alla `ndrangheta da lui rappresentata ai massimi livelli si rivolge in cerca di sostegno elettorale, ponendosi in evidente e svilente posizione servente».

 

Il patto tra gli Alvaro e Siclari

Per il giudice non ci sarebbero dubbi sul fatto che gli Alvaro abbiano contribuito in maniera decisiva nell’elezione di Siclari garantendogli massicci pacchetti di voti nel loro “feudo”. «La cosca Alvaro rappresentata da Domenico Laurendi – aggiunge il gip - gioca infatti un importante ruolo nella espansione del bacino elettorale del senatore Marco Siclari e si è impegnata attivamente nel sostegno, alle elezioni regionali del gennaio 2020, del candidato Creazzo Domenico, sindaco di Sant'Eufemia d'Aspromonte. Nell'uno e nell'altro caso, anche con la mediazione di terzi (nel caso di Siclari del dott. Galletta; nel caso di Creazzo Domenico del fratello Antonino), Laurendi Domenico ha preteso di interloquire direttamente con il politico "da favorire", ciò perché l'impegno assunto fosse consacrato in accordo bilaterale, da cui sarebbe stato difficile divincolarsi nel futuro».

 

Sotto scacco del clan

Naturalmente, annota il giudice, l’impegno della ‘ndrangheta non è mai disinteressato. Anzi, il prezzo da pagare è sempre molto alto e stretto un patto non si può tronare indietro. «E non può, peraltro, poi non rilevarsi – si legge nelle carte - come il sostegno della ndrangheta per un risultato elettorale non può mai essere gratuito. La mafia non dà mai senza ricevere quantomeno promesse importanti! Trattasi di notorio esperenziale prima che giudiziario che ogni politico perfettamente conosce ed accetta e chiedendo i voti alla `ndrangheta si pone così sotto scacco per tutta la durata del mandato».

 

Siclari? C’è dell’altro…

Accuse pensanti, quelle rivolte dalla procura antimafia di Reggio Calabria nei confronti di Siclari. Il gip, però, va oltre. «Nel caso del supporto elettorale al senatore Marco Siclari – sottolinea il giudice per le indagini preliminari - l'indagine ha solo parzialmente colto il fulcro della più complessa controprestazione pretesa dagli Alvaro (con ogni probabilità composta da varie utilità, della quale quella provata è solo una parte), un tassello della quale era costituito dall'interessamento allo spostamento di sede di servizio della dipendente Zoccali Annalisa, parente di Natale Lupoi, uomo di spicco del clan».

 

L’incontro che “non c’è stato”

Nel comunicato, il senatore Siclari sostiene di non avere mai incontrato membri del clan Alvaro. L’inchiesta sembrerebbe dimostrare il contrario. E il gip lo scrive nell’ordinanza, quando si trova a dover decidere sulle richieste della procura. «Laurendi Domenico – sostiene a riguardo il giudice - ha incontrato Siclari Marco, alla presenza del dott. Galletta, in data 28 febbraio 2018 presso la sede politica del candidato; ed ha incontrato più volte e da ultimo in data 24 maggio 2019, nel Comune di Santa Eufemia, Domenico Creazzo, alla presenza del di lui fratello Antonino. In entrambi i casi logica ferrea e dati fattuali inducono a ritenere con certezza che così i politici quanto i mediatori ben conoscessero la caratura criminale ‘ndranghetistica del Laurendi. Ed era, altresì a conoscenza del Galletta Giuseppe, frequentatore assiduo del Laurendi e di conseguenza del Siclari Marco, consapevolezza del resto già evincibile dalle modalità articolate e sottotraccia con cui venne instaurato il contatto con Domenico Laurendi».

 

Il plebiscito in Aspromonte

Il patto stretto tra Siclari e il clan Alvaro, secondo il gip, sarebbe reso manifesto dalla performance elettorale del senatore nei centri dell’Aspromonte controllati in modo militare dalla cosca. «Risulta accertato che Siclari Marco – annota il giudice - nelle elezioni politiche del marzo 2018 candidato con il centro destra ha riportato in Sant'Eufemia d'Aspromonte, ove è stato primo eletto, 782 voti, pari al 46,10 % dei voti espressi validamente con uno scarto di 350 voti in suo favore rispetto al secondo più votato del Movimento cinque stelle; in Sinopoli, ove è stato parimenti primo eletto, 435 voti, pari al 63,41% dei voti validamente espressi con uno scarto di 300 voti in suo favore rispetto al secondo più votato del Movimento cinque stelle; in Delianuova, ove è stato primo eletto, 637 voti, pari al 49,22 % dei voti espressi validamente con uno scarto di circa 400 voti in suo favore rispetto al secondo più votato del Movimento cinque stelle».