Inchiesta Eyphemos, Siclari: «Sono innocente. Non morirò con un’accusa così infamante»

Il senatore per il quale la Dda di Reggio Calabria ha chiesto l'arresto in un lungo post su facebook si difende e dà la sua versione dei fatti: «Oggi nonostante la sofferenza che porto nel cuore sarò in Senato a fare il mio dovere»

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di Redazione
26 febbraio 2020
12:17
Marco Siclari
Marco Siclari

«Dopo le notizie uscite sulla stampa nazionale sento il dovere e la responsabilità morale di fare chiarezza nel rispetto di chi mi conosce, di chi mi ama, di chi ha votato, dei miei colleghi, di chi crede nella mia persona, nella giustizia e nei giovani che non si piegano».

Esordisce così il senatore forzista Marco Siclari in un lungo post pubblicato sulla sua pagina Facebook dopo l'inchiesta Eyphemos che ha portato all'arresto di 65 persone. Anche per lui gli inquirenti hanno richiesto l'arresto al Parlamento.

«Non avrei mai e poi mai e poi mai e poi mai potuto pensare fosse vero. Quando sei certo di aver rispettato e onorato in ogni momento della tua vita la Legge, lo Stato, la famiglia, i cittadini, i tuoi amici, i tuoi pazienti, i bisognosi, la magistratura, le Forze dell’Ordine e dormi così sereno che non sentì il campanello alle 6.00 del mattino che suona per quasi 30 minuti, e poi ti svegli trovando un messaggio in segreteria che ti riporta nel buio della notte, ti crolla il mondo addosso».

Dopo aver ripercorso la sua carriera e il suo aver fatto politica da quando aveva 20 anni si sofferma proprio su quanto avvenuto ieri e sull'inchiesta che lo ha travolto: «Improvvisamente, dopo 42 anni di vita vissuta nel rispetto della legge, dello Stato, della famiglia, del prossimo, dei cittadini e dopo cinque anni fatti da consigliere comunale in maggioranza a Roma Capitale, mi ritrovo accusato di voto di scambio politico mafioso in Calabria senza aver mai aver incontrato mafiosi o fatte promesse o effettuato raccomandazioni».

L'incontro contestato

Mi viene contestato di aver avuto un incontro nella mia segreteria politica che come tutte le segreterie politiche di Italia è aperta a tutti i cittadini in campagna elettorale, con un signore ritenuto vicino a delle famiglie mafiose. Questo signore, ho letto dalle carte dell’inchiesta, all’epoca risultava persino innocente perché assolto in un processo di primo grado ma con un processo in appello pendente ancora senza giudizio, quindi per lo Stato incensurato. Questo signore sarebbe stato accompagnato nella mia segreteria (aperta a tutti e davanti a tutti i collaboratori), per 30 minuti di incontro, dal medico curante del figlio.

Questo medico curante è il presidente della più importante Cooperativa dei Medici di Famiglia di Reggio Calabria, considerato fino ad ieri (sono certo che dimostrerà la sua estraneità), uno tra i professionisti più in vista di Reggio Calabria. Un politico, come il sottoscritto, tutto può pensare tranne che una persona così seria, un professionista spendibile e preparato possa presentarsi ad un appuntamento con un “mafioso”.


«C'è stato un errore»

Non ho mai dato niente in cambio di qualcosa, ne chiesto qualcosa in cambio di altro. Sono convinto che c’è stato un errore che verrà chiarito facendo leva sulle carte dell’inchiesta. Dalle indagini, infatti, è evidente che si tratta di rapporti che aveva quel signore con il medico che mi ha citato nei suoi discorsi senza però mai chiedermi di interessarmi per quel trasferimento che ho appreso ieri dalle carte processuali e per il quale non mi sono mai occupato (nelle indagini non vi è intercettazione o prova).

«Mai promesso nulla a nessuno»

Nelle indagini, infatti, risulta che non ho mai promesso nulla a nessuno, chi mi conosce lo sa. Non vi è ne intercettazioni ne traccia o prova di telefonate o incontri passate, presenti o future tra me e quel signore. Non ho mai ne sentito né visto il signore nei 24 mesi successivi a quell’incontro.

Non ho mai visto o sentito la ragazza o la signora che avrei dovuto raccomandare. Nelle indagini non vi è traccia della “richiesta di raccomandazione” fatta al sottoscritto né da parte del medico né da parte del signore. Non ho mai telefonato ad alcun esponente di Poste Italiane per raccomandare la ragazza o la signora. Nelle indagini non vi è intercettazione ne prova. Non ho mai interessato altra persona per agire per conto mio a favore della ragazza o signora per essere raccomandata a Poste Italiane.

Nelle indagini non vi è traccia di accordi o promesse e soprattutto tutta la provincia di Reggio Calabria ne è a conoscenza della mia rettitudine.

 

Nella mia segreteria ho incontrato nei 28 giorni di campagna elettorale centinaia e centinaia di cittadini così come fanno tutti i candidati nel periodo elettorale e non posso ricordare di aver incontrato quel signore accompagnato dal Presidente per una normale presentazione (non può essere per ragioni diverse). Infatti, non vi è ne prova ne intercettazione della conversazione avvenuta ne del contenuto. Secondo l’accusa il signore aveva il telefono fuori uso per giorni).

 

Il totale dei consensi dati al centrodestra sono 86.440 voti complessivi in tutto il collegio. I voti, invece, che avrebbe dovuto portare al centrodestra il signore, secondo le indagini, riguardano i comuni di:  Sinopoli 435 pari a 63,41% dei votanti di quel comune, Sant'Eufemia 782 pari a 46,11% dei votanti di quel comune.

 

In quegli stessi comuni, però prendo meno voti del candidato del centrodestra alla Camera dei Deputati che ottiene a Sinopoli il 65.15% e a Sant'Eufemia il 48.08%. Quindi non capisco nemmeno l’eventuale vantaggio che avrebbe vantato o potuto vantare quel signore alla lista del Centrodestra al Senato. In tutti i comuni della provincia le percentuali della Camera assomigliano a quelli del Senato. Quindi i cittadini hanno votato secondo volontà. Vorrei chiarire, inoltre, che non esiste la preferenza.

 

Nessuno ha scritto Siclari nella scheda ma hanno votato o centrodestra, o centrosinistra o M5S. Per essere più chiari, bastava votare qualunque partito di destra (4 partiti) per votare automaticamente Siclari in quanto candidato unico della coalizione. Mi viene spontaneo chiedersi: “come è possibile che un clan tra i più potenti al mondo avrebbe spostato dei voti (stiamo parlando di una probabile contestazione di pochi centinaia che non sembrano però esserci perché al Senato ci sono stati addirittura meno voti rispetto alla Camera in percentuale) per avere al “servizio”, nella peggiore delle ipotesi, un medico professionista e Senatore della Repubblica che non ha mai avuto ombre di questo tipo nella vita, che vive fuori dalla Calabria da 22 anni, per poi eventualmente chiedere in 24 mesi (ventiquattro lunghi mesi) il trasferimento di una persona (incensurata) da un ufficio postale all’altro? Un clan potentissimo in 24 mesi avrebbe invece potuto chiedere l’interessamento del Senatore verso appalti, banche o nomine importanti, società ecc e non un trasferimento di una ragazza di 27 anni da un ufficio postale all’altro (rispetto a cui, oltretutto non c’è traccia o prova o intercettazione alcuna di un mio interessamento) e che un clan potentissimo avrebbe potuto fare sicuramente da solo.

 

Da cittadino onesto, sono rammaricato, pensavo di aver fatto del bene al nostro Paese e al nostro territorio, e penavo che venisse apprezzato invece sono stato considerato diversamente da come lavoro e vivo. Conservo il rispetto verso il lavoro dei magistrati e sono certo che ci sarà Giustizia. La mia elezione al Senato della Repubblica ha avuto importanti effetti collaterali devastanti, ingiustificabili e incomprensibili verso la mia persona e la mia famiglia.

Di fronte alla mia coscienza, ai fatti accaduti realmente, alle parole di conforto degli avvocati, all’incoraggiamento dei tanti amici e colleghi parlamentari, ho deciso di lavorare come e più di prima a favore de nostro Paese e del nostro territorio calabrese. Per questo motivo oggi, nonostante la sofferenza che porto nel cuore, sarò in Senato a fare il mio dovere. 

«Non morirò mai con accuse così infamanti»

Non morirò mai con accuse così infamanti. Il mio binario è quello della Legge ed è a senso unico. Sono sempre stato profondamente credente e continuo a guardare avanti con fiducia verso lo Stato e, soprattutto, con grande fede.

Si, perché quando sai di non aver commesso quanto ti viene contestato, documentato persino dall’assenza delle prove, pensi soltanto alla fine, alla fine della vita. Per questo mi aggrappo alla fede - conclude Siclari - e continuo a coltivare il sogno di costruire con enormi sacrifici, in modo sano e migliore il futuro di mio figlio e della mia famiglia».

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