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Continuano a riservare clamorose “sorprese” le dichiarazioni del collaboratore di giustizia vibonese, Andrea Mantella, i cui nuovi verbali non più coperti da omissis - e quindi non più coperti da segreto investigativo – sono stati depositati dal pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, nel processo che vede imputati a vario titolo dei reati usura, danneggiamento ed estorsione: Guglielmo Ciurleo, 56 anni, idraulico di Filogaso, i fratelli Vincenzo e Franco Teti, di 66 e 41 anni, e Francesco Cracolici, 42 anni, di Maierato. Parte offesa nel processo, Nunzio Buttafuoco, assistito dall’avvocato Giovanna Fronte. Chiaro l’obiettivo della pubblica accusa: dimostrare ai giudici del Tribunale di Vibo Valentia il clima di assoggettamento ed omertà presente nella zona a cavallo fra i comuni di Filogaso, Maierato, Sant’Onofrio e Pizzo Calabro, e quindi la presenza di radicate e forti organizzazioni mafiose (come i Cracolici di Maierato e Filogaso, i Bonavota di Sant’Onofrio, gli Anello di Filadelfia ed i sempre presenti Mancuso di Limbadi) capaci di dettare nel corso degli anni le proprie “leggi”. In questo scenario sono stati depositati dei verbali resi da Andrea Mantella all’inizio della sua collaborazione con la giustizia, utili a spiegare il “controllo” mafioso esercitato dal clan Bonavota (e non solo) su diverse imprese con sede nella zona industriale di Maierato.
Verbali che non risparmiano niente e nessuno e che alzano il “velo” su presunti rapporti fra ‘ndrangheta ed imprenditoria del Vibonese ai più alti livelli e sui quali spetta alla magistratura fare piena luce. E’ il 27 maggio del 2016 quando Andrea Mantella – che ha iniziato a collaborare da poco più di un mese – viene sentito nel carcere di Rebibbia dal pm della Dda di Catanzaro, Camillo Falvo. Il collaboratore di giustizia chiama direttamente in causa l’imprenditore del tonno, Pippo Callipo, già ai vertici di Confindustria Calabria. “Per quanto io ne sappia – dichiara Mantella al pm Falvo ed ai carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo – alle origini l’imprenditore Filippo Callipo era molto vicino a Luigi Mancuso. Questo lo so perché, in un periodo in cui attraverso i Bonavota avevamo le mani su Pizzo, sapevamo che non lo potevamo toccare perché era protetto da Luigi Mancuso, mi riferisco agli anni novanta”. Per tutti gli anni ’90, quindi, secondo Andrea Mantella, l’imprenditore Pippo Callipo avrebbe goduto di una sorta di protezione garantitagli dal numero uno del casato mafioso di Limbadi: il boss Luigi Mancuso. Dopo il 2002, Andrea Mantella e Francesco Scrugli, staccatisi dalla cosca-madre dei Lo Bianco di Vibo Valentia ed unitisi ai Bonavota di Sant’Onofrio, grazie all’appoggio del boss di Serra San Bruno Damiano Vallelunga (ucciso nel 2009 e, secondo i pentiti, uno dei pochi nel Vibonese ad avere un’autorità mafiosa quasi pari a quella di Luigi Mancuso) avrebbe quindi eroso una fetta di potere ai Mancuso.
In tale scenario, secondo il collaboratore di giustizia, alcuni clan si sarebbero allontanati dai Mancuso e così “i Bonavota – dichiara Mantella – hanno ritenuto possibile, in accordo con gli Anello, fare un’estorsione a Callipo. Di questa estorsione a Callipo – continua Mantella – ne ho parlato con Domenico Bonavota e Francesco Fortuna, mentre con Domenico Cugliari, detto "Micu i Mela”, non ne abbiamo parlato perché lui veniva interpellato quando dovevamo prendere le decisioni più importanti e questa, rispetto alle altre cose, era una sciocchezza”. Andrea Mantella dichiara quindi di non sapere “se poi l’estorsione sia stata pagata”, ma di aver appreso che “successivamente a Sant’Onofrio hanno avuto dei posti di lavoro da parte dell’azienda Callipo, anche se non so indicare specificamente”. Mantella dichiara di aver appreso tali circostanze nel 2009 parlando con i Bonavota, aggiungendo di non ritenere che l’imprenditore “Pippo Callipo abbia pagato personalmente, ma possa invece aver incaricato qualche altra persona a farlo”. Una situazione “aggiustata”, quindi, secondo quanto dichiara Mantella, “altrimenti per come ragionano i Bonavota gli attentati sarebbero proseguiti”.
Il collaboratore di giustizia ricorda poi un attentato ai danni dell’azienda Callipo che doveva essere inizialmente compiuto da Francesco Michienzi e Vincenzino Fruci di Acconia di Curinga, del clan Anello di Filadelfia, all’epoca alleati dei Bonavota di Sant’Onofrio, e anche di alcuni colpi d’arma da fuoco esplosi contro “il cancello o i muri dello stabilimento di Callipo”, fra il 2003 ed il 2005, da “Antonio Patania ed Onofrio Barbieri” di Sant’Onofrio, indicati come elementi di spicco del clan Bonavota.
Andrea Mantella è quindi passato a ricordare la pianificazione di altre estorsioni da ottenere dopo aver compiuto alcune intimidazioni. La prima ai danni della “Spi Serramenti” con sede nella zona industriale di Maierato dove, a suo dire, si sarebbero recati Francesco Scrugli ed Onofrio Barbieri a sparare contro le vetrate della ditta. Il tutto dopo essere stato concordato “in campagna” alla presenza dello stesso Mantella, di “Domenico Bonavota, Francesco Fortuna e Nicola Bonavota” ed in epoca successiva all’omicidio (avvenuto nel maggio del 2004) di Raffaele Cracolici, boss di Maierato. Per tale estorsione alla Spi Serramenti, secondo Mantella, si sarebbe interessato un “ingegnere che chiamavamo Naso Mirabello”, il quale sarebbe andato a parlare con Gregorio Giofrè, alias “Nasone”, di San Gregorio d’Ippona, genero del boss Rosario Fiarè. Ciò perché, a detta del collaboratore di giustizia, quasi tutte le estorsioni del Vibonese “venivano chiuse da Gregorio Giofrè”. Mantella aggiunge infine che nella “zona di competenza dei Bonavota erano tutti sotto estorsione, compreso il centro commerciale dove c’è l’Euronics di Maierato”. Proprio il titolare del centro commerciale, secondo Mantella, sarebbe stato “avvicinato da Pantaleone Mancuso, Scarpuni, attraverso Giuseppe Prestanicola, che era un suo parente e forse non voleva più pagare i Bonavota o comunque era stato condizionato da Scarpuni. Questo – spiega Mantella – è avvenuto nel 2009 e sino all’aprile del 2010 la situazione era tranquilla nel senso che il titolare pagava l’estorsione senza creare problemi”.
Ultima estorsione raccontata da Andrea Mantella e commessa “nel 2004 dai Bonavota” è quella nei confronti del supermercato Sisa, sempre nella zona di Maierato: “Per questo fatto – ricorda Andrea Mantella – siamo andati o parlare con Commisso, detto il "Mastro", a Siderno”, ovvero con Giuseppe Commisso, esponente di vertice dell’omonimo clan e dell’intera ‘ndrangheta, “nella sua lavanderia al centro commerciale, perché un suo nipote, Cosimo Commisso, con altri soggetti doveva fare una grossa truffa ai danni del gruppo Sisa e Commisso a Siderno disse a me e a Francesco Fortuna che, poiché il territorio di competenza era dei Bonavota, avrebbero lasciato un regalo, nel senso di estorsione, a Natale e Pasqua, oltre a dei posti di lavoro”.
G.B.