Ecco personaggi e ruoli nel sistema che puntava a monopolizzare lo spaccio nell’hinterland del capoluogo lombardo. In manette anche il boss della Barona Calajò e indagati vicini alla cosca Papalia
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I parcheggi, il merchandising, i biglietti. Nelle indagini sulle infiltrazioni della ’ndrangheta a San Siro mancava forse il tassello finale: tassello che l’ultima inchiesta della Dda di Milano sembra individuare nel traffico di droga.
La nuova ordinanza di custodia cautelare (20 arrestati di cui 15 in carcere e 5 ai domiciliari) mette nel mirino la galassia milanista del tifo organizzato. Il capo Luca Lucci, una vecchia condanna per narcotraffico e l’ambizione di entrare nel giro dei promoter che contano grazie alle amicizie vip, viene accusato di una serie di presunti episodi di spaccio di droga per «ingenti quantitativi», di hashish in particolare, rivenduti a Milano attraverso un canale estero, ossia dopo presunte importazioni dalla Spagna.
A Lucci non viene contestata nell'ordinanza l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico, che riguarda, invece, una decina di persone dei 20 arrestati. Altri due indagati e destinatari della misura, invece, sono irreperibili.
Le indagini avrebbero illuminato i contatti di Lucci con la 'ndrangheta dei Barbaro. Il capo ultrà avrebbe operato soprattutto nel quartiere della Comasina, mentre nel quartiere Barona, altra zona popolare di Milano, ci sarebbe stato Nazzareno Calajò, detto "Nazza", anche lui destinatario di una nuova ordinanza in carcere per episodi di spaccio e di recente già condannato a 17 anni e 9 mesi di reclusione in un altro processo milanese per traffico di droga. Oltre a “Nazza” è indagato anche il nipote Luca Calajò.
Nel maggio del 2022, tra l'altro, Lucci era già stato condannato a 7 anni di reclusione con rito abbreviato, dopo un'inchiesta della Squadra mobile milanese, coordinata dal pm Leonardo Lesti, su un presunto traffico di droga, tra hashish, marijuana e cocaina. Dall'inchiesta sulle curve erano venute a galla anche conversazioni intercettate tra Lucci e il rapper Fedez (non indagato in queste inchieste), anche amico di altri esponenti della curva milanista poi arrestati, come il bodyguard Cristian Rosiello. La nuova inchiesta della Dda di Milano si basa, come altre indagini di questo tipo negli ultimi anni, sui messaggi rintracciati dagli investigatori “bucando”, nel marzo del 2021, la piattaforma Sky-Ecc. Piattaforma attraverso la quale, grazie alla messaggistica criptata, sarebbero stati movimentati per anni quantitativi di droga enormi da un Paese all'altro, anche fotografando i carichi che partivano o arrivavano. A uno degli arrestati, residente a Piacenza, sono stati sequestrati nel corso delle indagini della Dda di Milano circa 800mila euro. L'ordinanza del gip Luigi Iannelli, invece, non riguarda provvedimenti di sequestro.
Con Lucci sono stati arrestati altri personaggi gravitanti intorno alla Curva Sud Milano. Tra loro ci sono Rosario Calabria e Antonio Trimboli, già destinatari di una misura cautelare in carcere con il leader degli ultrà rossoneri nel dicembre 2021 in un'altra indagine per droga. Trimboli e Calabria sono ritenuti, a livello inquirente, vicini alla famiglia di 'ndrangheta dei “Papalia Carciuto”.
Inoltre, è stata sottoposta agli arresti domiciliari con le accuse di favoreggiamento Roberta Grassi, 44enne presunta donna di fiducia di Lucci soprattutto - come emerso dall'inchiesta “Doppia Curva” sempre dell'antimafia milanese - nella raccolta dei proventi legati alla gestione della biglietteria della curva rossonera. A Lucci - come risulta dall'ordinanza emessa dal gip Luigi Iannelli - sono contestati undici episodi di cessione di sostanze stupefacenti.
Anche la nuova inchiesta si basa sui messaggi recuperati da «criptofonini SkyEcc» forniti da una società canadese. Agli atti pure intercettazioni in cui alcuni indagati «aprono buste di denaro e discutono della quantità di contanti da spartirsi». E dicono: «80mila ti sei acchiappato, che c.... vuoi di più?».
In una delle imputazioni si legge che Lucci avrebbe venduto un carico di hashish «all'acquirente Costantino Grifa, tra gli arrestati, amico di Luca Calajò e con cui il capo ultrà avrebbe avuto frequenti contatti. Vendita che sarebbe avvenuta in un appartamento a Trezzano sul Naviglio, nel Milanese. Grifa, si legge negli atti, «in occasione dei rifornimenti di hashish, in particolare quelli provenienti da Luca Lucci, aveva sempre assecondato le richieste dell'amico Calajò, praticando prezzi di favore».
Sempre agli atti anche le conversazioni di Davide Volpe, 35 anni, chiamato "fox-mazda" nei messaggi criptati e che avrebbe usato auto dotate di "doppiofondo" per trasportare la droga. Volpe era già stato arrestato e condannato in un'inchiesta milanese col ruolo di presunto "corriere" di Davide Flachi, il figlio dello storico boss della 'ndrangheta del quartiere milanese della Comasina, Pepè Flachi.