Droga, usura, estorsioni e anche i legami con il mondo politico. Ecco come i clan cambiano pelle e allargano i propri business fuori dai confini provinciali
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L’ultima relazione antimafia della Dia illustra la geografia ‘ndranghetistica della provincia di Cosenza, ma non tiene in considerazione ciò che alcuni collaboratori di giustizia hanno raccontato in questi anni ai magistrati della Dda di Catanzaro. Questo non perché gli investigatori si siano dimenticati di evidenziare alcuni mutamenti che sarebbero avvenuti dal 2010 al 2014, ma soltanto per la mancata contestazione, giuridicamente parlando, di una presunta associazione mafiosa che dopo la scomparsa di Michele Bruni, deceduto a causa di una terribile malattia e componente della famiglia “Bella bella” di Cosenza, si è confederata.
Cosenza Sistema droga
La confederazione delle cosche cosentine infatti è un tema affrontato da tanti pentiti, tra i quali l’ex capo clan degli “zingari”, Franco Bruzzese, che sarebbe stato tra i promotori di questa iniziativa mafiosa al pari degli esponenti di vertice della cosca “Lanzino” di Cosenza, il cui boss indiscusso è Ettore Lanzino, al 41bis ormai da nove anni. Nel corso del tempo il suo posto è stato preso da Francesco Patitucci, già condannato per associazione mafiosa e oggi in carcere per il duplice omicidio Lenti-Gigliotti, a seguito della condanna all’ergastolo inflittagli dalla Corte d’Assise di Cosenza. L’alleanza con gli “zingari” di Cosenza, aveva sortito benefici economici alla confederazione, in quanto era stata varata la cosiddetta “bacinella comune”, dove andavano a confluire i proventi illeciti della droga, delle estorsioni, dell’usura e di altre attività illegali.
Le attività della ‘ndrangheta a Cosenza
Per gli investigatori antimafia della Dia, nel capoluogo di provincia sono operative le cosche «Lanzino-Patitucci, Perna-Cicero, Abbruzzese e Rango-zingari» che negli anni hanno subito tante mutazioni a causa delle inchieste giudiziarie concluse con pesanti condanne che hanno riguardato diversi elementi apicali e numerosi affiliati.
«Si tratta di una criminalità spesso aggressiva non solo in ambito interclanico e verso le vittime dei reati di estorsione e usura, ma anche nei confronti di giornalisti. Il 13 novembre 2020 la Polizia di Stato di Cosenza ha dato esecuzione un’ordinanza applicativa degli arresti domiciliari a carico di 2 cosentini ritenuti responsabili, in concorso, di lesioni personali e di tentata violenza privata con l’aggravante del metodo mafioso» evidenzia la Dia.
La ‘ndrangheta e il mondo-politico amministrativo
«Manifestazioni cruente come quella descritta stigmatizzano la tipica arroganza criminale tesa alla sistematica prevaricazione sul tessuto sociale. In linea generale, la criminalità organizzata cosentina manifesterebbe la sua operatività sia nelle tradizionali attività illecite quali le estorsioni, l’usura e i traffici di droga sia nel campo degli appalti ricorrendo a funzionali collusioni con il mondo politico-amministrativo» scrive la Dia.
La ‘ndrangheta in provincia di Cosenza e il traffico di droga
«Per quanto concerne gli stupefacenti, un recente esempio si rinviene nelle pagine dell’operazione “Metalba” della DDA di Potenza, conclusa il 15 dicembre 2020 dai Carabinieri anche nelle province di Cosenza, Lecce, Udine, Parma, Trapani ed anche in Albania, meglio descritta nel capitolo riguardante la regione Basilicata. Nel corso dell’operazione che ha portato all’arresto di 18 persone per traffico di sostanze stupefacenti risultano coinvolti anche 3 pregiudicati cosentini che sono risultati incaricati di gestire le piazze di spaccio sul territorio attraverso contatti attivi con i vertici di clan operanti nel Metapontino» si legge nella relazione della Dia.
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