VIDEO | Il piccolo era stato dimesso in buone condizioni di salute dall'ospedale di Soverato ma dall'autopsia emerse una malformazione cardiaca. L'inchiesta procede a rilento e la famiglia teme la prescrizione: «È un dolore che non si può spiegare»
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«La nostra più grande paura è la prescrizione, potremmo ritrovarci con nulla di concreto in mano e per noi sarebbe un dramma». Stanno lottando da 7 anni Antonio Zangari e Chiara Bilotta, da quando il loro primo figlio Matteo è morto a soli tre giorni dalla nascita. Era nato all'ospedale di Soverato. Ed è subito dopo le dimissioni che iniziano i primi problemi. Il bimbo diventa irrequieto e si rifiuta di mangiare. Una condizione che ha richiesto dunque le cure del pronto soccorso della città ionica. Da lì il trasferimento in urgenza all'ospedale di Catanzaro quando ormai era troppo tardi. «È morto a Catanzaro circa mezz'ora dopo. In un secondo momento, dall'autopsia è venuto fuori che il bambino aveva una grave malformazione cardiaca. Secondo il nostro perito si sarebbe addirittura potuto operare in pancia e fare una correzione e da grande, se ce ne fosse stato bisogno, un ulteriore intervento correttivo. Ma questa possibilità ci è stata negata. Quando siamo arrivati a Catanzaro ormai c'era ben poco da fare. E i medici in questo sono stati molto chiari: l'allora primario Novellino ci aveva detto che il bambino non sarebbe sopravvissuto o che avrebbe riportato danni cerebrali importanti. Si doveva fare prima».
Giustizia per Matteo
Da quel momento Chiara e Antonio, allora 19 anni anni lei e 22 lui, hanno deciso di andare a fondo per dare giustizia al piccolo Matteo perchè quella morte molto probabilmente poteva essere evitata. Ma l'inchiesta che ha portato al rinvio a giudizio di tre medici dell'ospedale di Soverato, procede a rilento e la parola fine di questa triste vicenda sembra ancora molto lontana. «Ancora devono essere ascoltati alcuni testimoni, il perito della Procura incaricato nonché perito dell'ospedale di Catanzaro. Il covid non ci ha di certo aiutato ma non è solo questo il punto: ci sono stati continui rinvii, si sono avvicendati i giudici. Noi rivolgiamo un appello a chi segue la nostra causa e al procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri per far sì che il processo possa volgere al termine. Matteo era il nostro primo bimbo, atteso con tanta gioia e ora proviamo un dolore che non si può nemmeno descrivere».
La forza di reagire
Oggi Antonio e Chiara sono genitori di una bimba di 7 anni, è in lei che trovano la forza per andare avanti: «Si chiama Aurora, è arrivata subito dopo Matteo ed è stato un dono del cielo. Quando mi viene in mente l'immagine di quel giorno guardo lei e, non dico che passa tutto ma mi fa stare meglio. Mi fa credere che comunque nella vita bisogna combattere e andare avanti».