Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
«Uccidimi, come hai ucciso tuo fratello». È in un momento di rabbia e disperazione che Rosa Piromalli, moglie di Giuseppe Cosimo Ruga, accusa il marito di aver ucciso Andrea Ruga. Parole che rappresentano la base più solida da cui partire per appurare la verità su un omicidio dai troppi lati oscuri.
Le indagini, invece, dimostrano oggi come le leggi della ‘ndrangheta, in realtà siano solo una bella invenzione. Non esistono codici d’onore fra affiliati; non esistono regole inviolabili. Si può uccidere, per potere, soldi, sopraffazione. E si può farlo anche nei confronti di chi, nelle vene, vede scorrere lo stesso sangue. È accaduto anche a Monasterace. O almeno così, oggi ci raccontano gli inquirenti. È accaduto all’interno della più importante famiglia mafiosa della fascia alta della Locride, i Ruga. Perché secondo la ricostruzione dei carabinieri, ad uccidere il boss Andrea Ruga, sarebbe stato niente meno che suo fratello Giuseppe Cosimo, da poco tempo uscito dal carcere, dopo aver scontato una pesante condanna a 24 anni di reclusione.
Omicidio Ruga e attentati a Maria Carmela Lanzetta, arrestati i colpevoli (NOMI-VIDEO-FOTO)
Un segreto inconfessabile, una terribile verità che nessuno – dentro la famiglia – ha avuto il coraggio di raccontare. Nessuno che neppure l’abbia cercata una verità.
È il 13 gennaio 2013, quando Andrea Ruga viene speronato mentre si accinge a parcheggiare la sua minicar. L’uomo è ritenuto il reggente del clan e la lunga detenzione del fratello lo ha portato a diventare l’unico vero capo. Un affronto troppo grande per Giuseppe Cosimo.
Giuseppe Cosimo Ruga: il dominus di Monasterace
Sono attimi concitati. Andrea cerca di fuggire e viene inseguito lungo i vicoli che stanno attorno alla sua abitazione. Sbatte il capo contro lo sterzo, ma non è un impatto fatale. Anzi, riesce a lasciare la minicar, fugge via verso l’interno della sua casa, dove viene raggiunto e soffocato. Ed è qui che si rileva il primo punto fondamentale a sostegno della tesi degli inquirenti: per tutti, Andrea Ruga sarebbe morto per cause accidentali. Ma l’autopsia rivela una prima scomoda verità. Non è così, nessun malore, nessun incidente. Ruga è morto per soffocamento e non è certo stato lui a provocarlo. È il punto fermo da cui partono le indagini dei carabinieri che mirano a far luce su un omicidio eccellente.
Dai primi rilievi, però, emergono altre circostanze che convincono i militari dell’Arma che qualcosa di molto strano deve essere accaduto in casa Ruga. L’hard disk contenente le immagini delle telecamere a circuito chiuso non si trova più, è stato asportato. E chi l’ha fatto non ha avuto esitazioni: conosceva benissimo quei posti. Di più: l’ora della chiamata ai carabinieri, rispetto al momento del decesso: la morte è stata datata intorno alle 11.30; la telefonata è giunta in caserma solo alle 13. Perché così tanta distanza?
Si domandano, magistrati e carabinieri, se l’eliminazione di Andrea Ruga possa inquadrarsi in quella faida in corso fra i Gallace/Leuzzi/Ruga/Vallelonga, contro i Vallelunga/Novella/Sia. Ma tanto le modalità della morte, quanto una totale mancanza di reazione dei Ruga, conducono ad escludere una tale eventualità. È del tutto evidente, infatti, che un omicidio di tale importanza avrebbe scatenato una reazione devastante alla ricerca di vendetta.
S’inizia a scavare, dunque, nel passato di Ruga e nei suoi rapporti con i famigliari più stretti. La compagna dell’uomo spiega agli inquirenti che fra lui e il fratello non correva buon sangue. Del resto, Giuseppe Cosimo Ruga dimostra di interessarsi poco o nulla alle sorti del fratello. Ciò che più preme è archiviare tutto come morte naturale.
Ma come si arriva alla figura di Cosimo Ruga, quale mandante del delitto? Gli inquirenti mettono insieme alcuni tasselli: in primis le dichiarazioni del pentito Gianni Cretarola: «Mi raccontò Sestito ne… nell’occasione mi spiegò questa cosa che avvenne perché il fratello fece un alleanza che lui non volle che logicamente questa cosa non è che venisse sbandierata perché era una grandissima cosa brutta no? Sia familiare che umanamente che anche ‘ndranghetisticamente».
Ma il vero colpo di grazia, per Giuseppe Cosimo Ruga, arriva dalla moglie. Posto che il boss si dimostra – a prescindere dalla responsabilità penale o meno per l’omicidio – un uomo molto “piccolo” per aver picchiato pesantemente la donna, è proprio lei a lasciarsi scappare una frase etero accusatoria decisiva. Mentre viene ripetutamente colpita, esclama: «Uccidimi, come hai ucciso tuo fratello!». E la risposta dell’uomo non si fa attendere: «Ti faccio vedere se ho ammazzato a mio fratello, cerca di moderarti altrimenti… ti faccio volare dal balcone! Hai capito? Ti faccio volare dal balcone! Qua troppo ti sei presa di confidenza».
Parole che mai contraddicono la frase della donna e che, per gli inquirenti, rappresentano una formidabile conferma all’ipotesi accusatoria.
Consolato Minniti