Non si arrestano le polemiche tra chi vive in Calabria e sta assistendo all’arrivo incontrollato di persone dal nord e tra chi, invece, pur volendo tornare dai propri cari, ha sacrificato le proprie esigenze ed è rimasto nelle grandi città come forma di tutela nei confronti della propria famiglia e di un sistema sanitario calabrese in affanno già da tempo. 

 

Simona, catanzarese a Milano 

La storia di Simona è la storia di una giovane coppia catanzarese che vive a Milano. Hanno due bimbi molto piccoli e le difficoltà chiaramente sono maggiori. «Da due settimane – ha spiegato Simona – viviamo una situazione di confusione, delirio, panico perché oltre alla diffusione di questo virus si sono associate anche notizie un po’ discordanti sul tema. Grazie alla possibilità di poter lavorare in modalità smartworking, sia io che il mio compagno abbiamo deciso di rimanere in casa insieme ai nostri figli. Abbiamo limitato al minino le uscite, facciamo la spesa online ed evitiamo i contatti con altri. La nostra vita è cambiata, non radicalmente, ma potrei dire abbastanza perché avere paura di tutti, anche del vicino di casa è piuttosto difficoltoso da gestire».

«Qui siamo soli»

Come spiega Simona, «la cosa più difficile in questi giorni è stata spiegare a due bambini così piccoli che non possono andare a scuola, che non possono giocare con altri bambini ed ancora di più non poter rivedere i nostri parenti perché qua noi siamo completamente soli, ma per nostra scelte abbiamo deciso di non scendere giù anche se le cose sarebbero state molto più semplici per noi perché i bambini potevano stare con i nonni, con i cuginetti e con gli zii. È stata una decisione presa per senso di responsabilità nei confronti dei nostri genitori che magari hanno qualche acciacco e per tutta la comunità. Augurandoci che tutti abbiano un po’ di buonsenso, mi auguro che tutto passi al più presto». 

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Rosario, cosentino a Milano

Un’altra testimonianza ci è arrivata anche da Rosario: «Vivo a Milano da un po’ di tempo – ha spiegato - per lavoro, ma sono originario di Cosenza. La situazione qui non è bellissima, ma neanche così tragica come appare. Purtroppo con questo decreto uscito nella notte, è scattato il panico e molti calabresi hanno preso il treno per scendere in Calabria. Da una parte posso anche comprendere determinate situazioni perché viviamo in un momento di incertezza però questa fuga così non fa bene né a noi né alla Calabria, a meno che non ci siano motivi particolarmente validi. Chiederei a tutti però un po’ di senso civico e di attenersi a quelle che sono le direttive del ministero. Anche se comporta sacrificio, però è l’unico modo per poterne uscire».

Eva, da Cosenza alla Lombardia 

Dopo il suo post su facebook, in cui spiegava i motivi della sua scelta di rimanere a Milano, abbiamo sentito Eva per capire meglio la situazione: «Ieri sera ho visto diversi video di gente che con la valigia correva verso l’ultimo treno. E sono rimasta basita». «Anche a me mancano tanto i miei genitori – ha detto - però ho paura che ci possa essere anche solo una piccola possibilità di avere dei sintomi che magari al momento non riconosco e rischierei di infettare tutta la mia famiglia o altre persone: perché andare a fare una cosa del genere conoscendo anche la situazione della sanità calabrese che non ha la capacità di rispondere alla crisi?»

 

«C’era una volta un’influenza»

Eva, continuando il suo sfogo ha affermato che in tv la maggior parte degli esperti hanno continuato a ripetere “state tranquilli, è come una normale influenza”, ma «una normale influenza non manda in crisi un sistema sanitario e qui hanno strutture e sale di rianimazioni più grandi delle nostre al sud, specie in Calabria. Io sono molto preoccupata ed anche se umanamente posso capire che in molti sono voluti tornare dai propri cari, spero che i contatti vengano ridotti al minimo e in sicurezza, anche se si sta bene e non si presentano i sintomi».