Una bomba ad orologeria pronta ad esplodere. Un bacino naturale formatosi nel giro di poche ore per le copiose precipitazioni cadute, che non sono riuscite a fluire a causa di un ostacolo a monte. Probabilmente un insieme di legname, fango e detriti che hanno permesso all’acqua di accumularsi diventando una spada di Damocle pronta a cadere sulla testa degli ignari escursionisti che il 20 agosto scorso percorrevano il tortuoso e affascinante percorso delle gole del Raganello.

 

Una vera e propria diga quella formatasi nel giro di pochi secondi nel giro di pochi secondi ha forzato gli argini trascinando a valle qualunque ostacolo incontrasse sul suo cammino. E tra gli “ostacoli” c’erano anche gli escursionisti che quel giorno hanno perso la vita, hanno perso i loro familiari o sono rimasti gravemente feriti. Una dinamica simile al disastro, enormemente più grave e devastante, del Vajont che causò la morte di 1917 persone.

 

Proprio quella della mancata pulizia dei canali e degli argini è una delle ipotesi valutata in queste ore dalla Procura di Castrovillari guidata dal procuratore Eugenio Facciola. La possibile ricostruzione è al vaglio dei consulenti tecnici che in questi giorni stanno perlustrando i luoghi della tragedia. 

 

Una ricostruzione compatibile con le testimonianze dei sopravvissuti i quali avrebbero parlato di un muro di acqua, fango e detriti alto diversi metri. Un’ immagine difficile da accostare al naturale processo di deflusso delle acque, seppur abbondanti, cadute sul Pollino in quelle ore. 

 

Ecco perché la Procura di Castrovillari si starebbe muovendo anche in questa direzione nell’inchiesta aperta al momento contro ignoti, ma che vedrebbe – secondo le indiscrezioni – potrebbe prendere una decisione precisa verso alcuni soggetti la cui posizione potrebbe mutare nel caso di riscontri diretti.   

 

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