Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Sport e cultura armi per combattere la ‘ndrangheta. No, non è il titolo stampato sulla locandina di un convegno. Sport e cultura sono davvero un mix perfetto, un efficace antidoto a quella criminalità che in una terra tanto bella quanto piegata da quel male infestante che in Calabria viene definito ‘ndrangheta sono ancora valori unici in grado di elevarsi a metafora per affrontare la mafia schierando in campo la legalità.
Ma non a Lamezia, dove il sorriso di ragazzi speciali è stato spento dalle porte chiuse della sede comunale dove si allenavano. Non a Lamezia, dove da mesi associazioni culturali combattono per tenere in vita l’ultimo baluardo di cultura rappresentato dai teatri cittadini che ad uno ad uno sono caduti sotto i colpi di una burocrazia che non guarda in faccia nessuno.
Chiusi teatri e impianti sportivi
E così, con lucida freddezza i commissari della città hanno spento le luci inizialmente di due dei tre teatri, l’antico teatro Umberto, e il teatro Politeama nell’ex comune di Sambiase, recentemente intitolato al poeta Franco Costabile. «Inagibili». La logica è la stessa utilizzata per gli impianti sportivi. Le strutture non sarebbero a norma, e così la mannaia rischia di abbattersi anche sul terzo teatro, il Grandinetti, fino ad oggi unica speranza.
Stessa sorte per gli impianti sportivi. Oltre al PalaSparti disposto il divieto d’accesso per altri cinque impianti: il campo sportivo “Gianni Renda”, “Fronti”, “Remo Provenzano” e le palestre dell’Istituto Comprensivo Gatti e dell’Istituto Agrario di Savutano. Chiuso inizialmente e poi riaperto, ma solo per le gare dilettantistiche, anche lo stadio d’Ippolito. «Impianti tutti carenti della certificazione di prevenzione incendi prevista dalla vigente normativa in materia». Questa la motivazione messa nero su bianco in un’apposita ordinanza del Comune di Lamezia.
La mannaia del terzo scioglimento
Anni di situazioni precarie, lungaggini burocratiche e autorizzazioni rilasciate che oggi nelle mani dei commissari sono deflagrate lasciando intorno il vuoto. Colpa delle precedenti amministrazioni? Colpa dei commissari? In realtà non c’è alcun processo da celebrare, nessuna sentenza da emettere. Quel che rimane è solo l’amarezza di una città che invece di celebrare i fasti dei suoi primi cinquant’anni di vita si ritrova a festeggiare il triste record della città sopra i 50mila abitanti sciolta per ben tre volte per infiltrazioni mafiose.
Nonostante le numerose operazioni antimafia che un duro colpo hanno assestato e stanno assestando alla criminalità organizzata quell’erba infestante non è morta. Ha marchiato Lamezia. E lo ha fatto con il peggiore dei simboli. Quello di città mafiosa che ha lasciato agonizzante un’intera comunità.