Allerta rossa sul versante ionico della Calabria, nelle province di Crotone e Catanzaro. La Protezione civile lancia il massimo livello di allarme che persisterà sino alle ore 24 di oggi. Precipitazioni molto intese sono dunque attese nelle prossime ore, anche se nel corso della notte e nelle prime ore del mattino i fenomeni temporaleschi dovrebbero diventare meno intensi. Per domani, infatti, il livello d’allerta meteo previsto per l’intero territorio regionale è quello arancione, che corrisponde alla fase di preallarme.

 

Le ultime 24 ore, comunque, hanno dimostrato in maniera inequivocabile che i colori del sistema dall’allerta hanno un significato convenzionale, che non può corrispondere sempre alle reali condizioni meteorologiche.
Ieri, infatti, l’allerta meteo è stata declassata nel corso della giornata da arancione a gialla (il livello più basso), dopo una mattinata che - nonostante le previsioni di forti piogge - aveva visto il sole dominare sulla Calabria. In serata, invece, si è scatenato il tremendo nubifragio che ha causato enormi danni e mietuto anche vittime nel lametino, con la morte di una donna e del suo bambino (al momento, il secondo figlio più piccolo risulta ancora ufficialmente disperso, anche se si fanno sempre più flebili le speranze di ritrovarlo in vita). Una situazione senza dubbio da allerta rossa, perché di estrema pericolosità per l’incolumità pubblica. Eppure, l’allarme meteo era stato ridimensionato.

 

Che la meteorologia si basi su un inevitabile range di probabilità è cosa risaputa, dunque non è mai possibile una previsione sicura al cento per cento, sebbene nell’imminenza dei fenomeni attesi è possibile aumentare notevolmente il grado di certezza. In altre parole, maggiore è il periodo della previsione, maggiore sarà l’approssimazione e la probabilità di errore.

 

Il problema sorge quando in base alle condizioni meteo attese e al relativo livello di allerta, le istituzioni pubbliche sono chiamate a intervenire per prevenire danni alle cose e alle persone. Il nodo maggiore è rappresentato dalla regolare apertura delle scuole, che prima della tragedia del Raganello, che si è consumata in agosto sul Pollino, non erano mai state oggetto di ordinanze comunali di chiusura in seguito a un’allerta arancione.

 

In questi ultimi giorni, invece, in gran parte della Calabria molti Comuni hanno deciso di tenere gli istituti chiusi, in alcuni casi per il concreto timore dei pericoli in atto, ma in molti altri per sollevare provocatoriamente la questione di un sistema di allerta meteo che secondo i primi cittadini, così come è congeniato, non funziona.

 

Emblematica in questo senso la posizione polemica assunta dal sindaco di Acquaformosa, in provincia di Cosenza, che mercoledì scorso ha rilasciato dichiarazioni di fuoco all’indirizzo della Prociv, ventilando anche l’ipotesi di procurato allarme: «Nelle prime 12 ore di allerta arancione (dalla mezzanotte di martedì sino alle 12 di mercoledì) ad Acquaformosa sono cadute due gocce d’acqua e i ragazzi hanno perso inutilmente una giornata di scuola. Vogliamo finirla di giocare a scaricabarile sui sindaci? Vogliamo rivedere tutto il sistema di protezione civile? Vogliamo abolire l’allerta gialla, dato che è un messaggio ormai di routine che riceviamo quasi tutti i giorni?».

 

Parole che appena qualche ora dopo sono state sovrastate dal rumore della tempesta che si è abbattuta sulla Calabria, sebbene in considerevole ritardo rispetto alle previsioni iniziali. Ma il problema resta, a meno che non si creda che la soluzione sia nel chiudere le scuole per gran parte dell’anno.