Soldi per il trasporto sui campi, mazzette per essere stati scelti tra i tanti in fila, “trattenute” per l’affitto di un alloggio: cambiano i distretti agricoli, ma le “regole” dello sfruttamento sui lavoratori del primo settore (stranieri ma non solo) restano simili. Nella Piana di Rosarno così come nel Marchesato di Crotone. Regole fatte rispettare dai caporali che materialmente filtrano gli uomini da trascinare sui campi «in cambio di vitto e alloggio». Regole dettate, nella maggior parte dei casi, dai clan di ‘ndrangheta che sulle attività agricole continuano ad esercitare una sorta di autoproclamato diritto di prelazione.

«Tutti i giri di sfruttamento della manodopera – si legge nel settimo rapporto su agromafie e caporalato dell’osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil – devono avere il nulla osta da parte della ‘ndrangheta. Non è possibile far circolare liberamente i lavoratori, o meglio, la criminalità non lo permette. Se ad esempio dei lavoratori di Corigliano vogliono venire a lavorare nel Marchesato crotonese hanno bisogno di permessi speciali… è una forma di rispetto della piazza». Un’imposizione che lega i lavoratori, soprattutto stagionali, agli accordi dettati dai clan con un sistema che, da una parte «è funzionale ai meccanismi di controllo del territorio stesso, dall’altro moltiplica i passaggi di carattere speculativo assottigliando la quota di paga che viene corrisposta ai lavoratori».

Sono i caporali a prendere direttamente accordi con gli uomini e le donne che finiscono sui campi per la raccolta di arance, olive, angurie e del pregiatissimo finocchio Igp, uno dei prodotti d’eccellenza dell’agricoltura calabrese. E sono sempre loro a corrispondere le paghe per ogni giornata di lavoro, dopo averne defalcato una quota per il “servizio”. E se nei piccoli paesi dell’interno la scelta viene fatta tra le viuzze dei borghi, per Crotone e il suo immediato hinterland, la zona di raccolta resta il Cara di Sant’Anna. È un ragazzo ghanese intervistato dai ricercatori della Cgil a spiegare come avviene la selezione nei dintorni del centro: «Io e un mio amico veniamo a sapere che vicino ad una rotonda sulla statale 106, la mattina passano datori di lavoro che offrono lavoro, ci andiamo ma arriviamo alle 8 del mattino e non troviamo nessuno. Veniamo a sapere che bisogna farsi trovare alle 6: non molto prima, né molto dopo perché c’è la polizia che controlla questi movimenti». Il “sistema” è rodato e in effetti, la mattina successiva, i due giovani lavoratori si ritrovano alla rotonda più vicina al Cara di Sant’Anna e «alle 6 del mattino la rotonda si popola già di circa 60-80 persone, così apparentemente all’improvviso».

I pulmini passano, caricano le braccia necessarie a soddisfare i bisogni delle aziende della zona, e se ne vanno. «Arrivano dalle dieci alle quindici macchine di persone che cercano lavoratori a giornata, e una giornata viene pagata dai 30 ai 40 euro al giorno, secondo l’orario». Le persone in fila per la “giornata” non sono mai le stesse, cambiano quasi ogni giorno: un sistema fatto di una rotazione continua organizzata dagli stessi lavoratori in modo da ridurre al minimo i conflitti tra gli stessi braccianti. La “raccolta” dura solo pochi minuti e quando i pulmini prendono la via dei campi, quelli che non sono stati scelti spariscono così come erano arrivati: «Sono persone che vivono nel Cara di Sant’Anna e che escono la sera prima dormendo in un casolare abbandonato a circa un chilometro dalla rotonda e alle 5.30 – 6 del mattino si avviano verso di essa per ricevere le offerte, sia dai caporali che direttamente dai datori di lavoro».